Un personaggio dal potere immenso ma che non ha mai amato i riflettori e la ribalta pubblica. Partendo da queste due caratteristiche il saggio, edito da Mesogea, cerca di ricostruire scalata e declino dell'imprenditore ed ex direttore de La Sicilia
Una Città in pugno, Fisichella racconta Ciancio e Catania «Capoluogo invisibile con il monopolio dell’informazione»
«Un personaggio che agisce nei retroscena più che nella scena». Antonio Fisichella riassume così la figura di Mario Ciancio Sanfilippo. Editore, imprenditore e per decenni monopolista dell’informazione nell’Isola grazie a La Sicilia, quotidiano di cui è stato direttore fino al 2015, quando passò il testimone al figlio Domenico. Fisichella ha deciso di mettere nero su bianco la storia di Ciancio nel libro Una città in pugno, edito dalla casa editrice indipendente Mesogea di Messina. Un racconto che si muove su quattro direttrici fondamentali: informazioni, politica, affari e mafia, e che di fatto ripercorre tutta la vita dell’imprenditore 88enne, attualmente sotto processo per concorso esterno in associazione mafiosa. Sullo sfondo del testo c’è naturalmente Catania.
«Una città resa invisibile – spiega Fisichella a MeridioNews – anche attraverso il monopolio dell’informazione di Ciancio». Il personaggio dell’imprenditore, discendente da una famiglia nobiliare di Adrano, riesce però con fatica a uscire dalle cronache regionali e con i quotidiani nazionali che spesso di limitano a qualche trafiletto. «Il motivo? Ciancio rappresenta l’espressione di un blocco di potere, durato 50 anni, che va oltre il Mezzogiorno e Catania. Da parte della stampa nazionale c’è sempre stato un forte imbarazzo nel citare le sue vicende». Probabilmente anche a causa dei ruoli rivestiti in passato dall’imprenditore. Su tutti quello di presidente della Fieg, la federazione italiana editori giornali, retta dal 1996 al 2001, e la vice presidenza dall’Ansa, tra le principali agenzie di stampa.
Fisichella fa parte dell’associazione Memoria e futuro e in passato si è occupato di curare la comunicazione per la Regione Campania, oltre a essere autore di alcuni saggi su mafia e sud. Ma perché ha deciso di occuparsi della storia di Ciancio? «L’idea nasce dal silenzio che c’è attorno a questa questione – spiega – Nonostante Ciancio sia uno degli esponenti di maggiore spicco della classe dirigente del nostro Paese».
Guai però a limitare la figura di Ciancio al doppio ruolo di editore e direttore. «Lui ha rappresentato il punto di riferimento e raccordo di un blocco di potere durato decenni che ha fondato le proprie fortune su speculazione e affari», spiega Fisichella. Riferimento, quest’ultimo, alla storia di centri commerciali e varianti che trasformano i terreni agricoli in edificabili. Spartito che ha caratterizzato Catania per anni con la costruzione di decine di ipermercati, spesso edificati su appezzamenti venduti dall’editore. La realizzazione di Porte di Catania e Centro Sicilia ormai dal 2010 occupano centinaia di pagine dei faldoni dell’inchiesta su Ciancio e sugli interessi della famiglia di Cosa nostra dei Santapaola–Ercolano. Ossia quella che, secondo i magistrati, avrebbero l’editore avrebbe favorito.