Tradizione ebraica e identità siciliana nel Purim di Siracusa celebrato nella Sinagoga aretusea

 Una bella e intensa cerimonia religiosa e culturale si è svolta il 19 gennaio, 5774 del calendario ebraico, nella Sinagoga di Siracusa, per celebrare il Purim, ovvero la festa delle Sorti. Chiunque conosca la Bibbia non di nome ed abbia letto il libro di Ester, considerato fra i canonici sia nella tradizione davidica che in quella cristiana, apprende la storia documentata e fondata della Regina Ester che salva il popolo di Israele, a rischio di essere sterminato per l’invidia del malvagio Aman, dalle truppe del sovrano di Persia: e come per questo Ester fu strumento di Dio. La ricorrenza è particolarmente sentita in tutto il mondo ebraico.

Anche in Sicilia, segnatamente a Siracusa dove dal 2008, dopo oltre 500 anni dalla malaugurata espulsione dei figli di Giuda dalla nostra isola a seguito dell’editto di Granada (1492), è sorta la Sinagoga, per forte e appassionata volontà di un uomo mite ed energico, che le generazioni presenti e future hanno e ricorderanno come l’architetto della ricostruzione del Tempio del Supremo in terra di Trinacria: il Rabbino prof. Stefano Di Mauro, tornato in Sicilia dopo cinquant’anni di vita vissuta a New York, medico e nella città statunitense capo rabbino della Sinagoga B’nei Isaac, oggi capo Rabbino di Sicilia.
Abbiamo avuto l’onore di essere invitati alla suggestiva e partecipata cerimonia, nei locali ricostruiti dal Rabbino, in via Italia a Siracusa. Nella memoria, echi dell’atto unico che un filosofo meridionale e libero pensatore, Giovanni Bovio, vergava nel XIX secolo, il dramma “Cristo alla festa di Purim”; eravamo consci della importanza dell’evento, ma ci ha colpito la valenza fraterna, autentica, di ricerca storica e polisemica e pluralista del Purim siracusano. Come è stato spiegato nel corso della festa, prima della lettura della meghillà -serbata in un rotolo-, ovvero la storia della salvezza, la genesi del Purim siculo fu in auge dopo la diaspora, allorchè la particolare ricorrenza veniva celebrata dagli ebrei rifugiatisi a Salonicco e Giannina, in terra ottomana; e se valenti studiosi all’inizio del XX secolo hanno riconosciuto la importanza della meghillà siracusana nella ricerca filologica del Purim siculo-ebraico, è altresì merito del Rav Di Mauro e della Comunità tutta (lode agli attenti collaboratori del Rav, a iniziare dal giovane Gabriele Spagna), aver riportato a’ fasti dei secoli passati la lettura della storia in cui un traditore convertito, cerca invano di mettersi in luce col sovrano a Siracusa ai danni del suoi popolo: però l’inganno viene scoperto e lui doverosamente punito. Il nome di costui è esecrato attraverso dei suoni sincroni provocati da particolari strumenti che agitammo, a mo’ di segnacolo esecrabile. Tale segno non è lontano da altri che in alcune cerimonie documentano passaggi sacri di iniziazioni e rinascite.
 Il Purim di Siracusa del 2014, festeggiato dal 2011, oltre alla numerosa comunità ebraica intervenuta in sinagoga, ha veduto il riconoscimento del Comune aretuseo, con l’Assessore Giansiracusa che in tale sede ha portato l’impegno dell’amministrazione nel voler rendere disponibile apposito terreno per la costruzione di una nuova Sinagoga: sottolineando altresì che, se in Comune si discute per la realizzazione di una Moschea, a maggior ragione gli Ebrei di Sicilia, da duemila anni legati alla terra dalle tre punte, han diritto al riconoscimento pubblico. Intervennero pure rappresentanti degli Evangelisti e dei Cavalieri di Pitia, e il neurologo professor Vecchio precisò l’importanza del perseguimento della Pace universale, contro ogni fanatismo da qualunque parte provenga. Ciò che colpisce e meraviglia, a noi fautori di internazionalismo nonchè di sicilianismo, non è tanto l’aver udito tante lingue invocanti una sola sacralità, l’ebraico, il greco di Ioannina magistralmente letto in una lirica dall’appositamente intervenuto professor Guzzetta dell’Università di Catania, ma è anche la realtà incontrovertibile che per gli ebrei della Sinagoga siracusana la cultura e la lingua siciliana sono patrimonio della loro stirpe e contestualmente comune a tutti i popoli dell’Isola del Sole.
Quando il Rabbino Di Mauro ha rammentato che nel 1400 gli Ebrei siciliani parlavano, e scrivevano, la lingua sicula, oggi sovente e erroneamente declassata a dialetto, e i partecipanti intonavano con intensità “Vitti na crozza” e “la Pampina di l’aliva” nonchè la storia del Purim letta in siciliano moderno, noi pensavamo che tutti a quel tempo, dal Re all’ultimo scrivano, usavano il siciliano nei documenti diplomatici (persino la cancelleria vaticana rispondeva in siculo ai Vicerè), nonchè riflettevamo su quanta ignoranza v’è nella storiografia ufficiale, cristiana o laica che dir si voglia e maggioritaria, delle identità siciliane, le quali codesta piccola ma coesa e integrata comunità fa proprie, esalta e valorizza. Per queste ed altre importanti ragioni, non ultimo il fatto che la Sinagoga e il centro Sefardico Siciliano di Siracusa organizzano corsi di lingua e cultura ebraica (siti:centrosefardicosiciliano, e Sicilia ebraica), non si può che rendere grazie all’altissimo Adonai, che ha permesso alle luci della menorah di risplendere, come fu sin da ere primeve, in terra di Sicilia, dopo secoli di oblio. Non dimentichiamo che i sovrani Normanni furono maestri di tolleranza dopo la riconquista, e quando, per l’economia -come da noi ricordato nel volume “Progetto Sicilia”- si verificava l’espulsione degli ebrei dall’isola, la circolazione monetaria ed i commerci ebbero una contrazione vistosa e difficilmente rimediabile.
“Muoviti, favella, a raccontare e prodigi a professare: i Siciliani a ridestare; con vino falli ubriacare! Mangiate e bevete Siciliani! Che ciascuno faccia festa! Meraviglie fa il Dio nostro, Con gli Yehudim le compie… Gloria grande al Dio Signore che ai Giudei ha fatto grazia! Che ci invii Elia il profeta per il giorno Grande e Terribile”: con queste parole e il rituale Shalom, suggellato dai gustosi dolciumi che il banchetto finale del Purim non fa mai mancare, si compì una festa non solo ebraica, ma di tutti i siciliani, specie del popolo, dei poveri, come nella tradizione biblica si tramanda, laddove cadono dal trono i potenti e si esaltano gli umili. Tutti i buoni e i giusti, in libertà eguaglianza e fratellanza, sanno e condividono. Nella Luce.


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