A conclusione dell'udienza preliminare, i due esperti hanno concordato che il militare siracusano, trovato morto il 6 luglio del 2014 nella caserma Sabatini di Roma, non può essersi lanciato dalla finestra. Ma sarebbe stato colpito, forse con un badile. «È l'unica ricostruzione compatibile con le tracce di sangue e le lesioni»
Tony Drago, i periti della Procura escludono il suicidio Legale: «È stato ucciso, colpito mentre faceva flessioni»
Tony Drago è stato ucciso. È questa la conclusione dell’udienza preliminare, che si è svolta ieri mattina a Roma. Le relazioni sull’incidente probatorio esposte dal dottor Federico Boffi, esperto cinematico, funzionario della polizia scientifica ed esperto della scena del crimine, e dal medico legale Paolo Procaccianti, hanno escluso l’ipotesi del suicidio del militare siracusano trovato senza vita sul piazzale della caserma Sabatini di Roma il 6 luglio del 2014.
«Entrambi i periti – spiega a Meridionews l’avvocato della famiglia Drago, Dario Riccioli – sono partiti dall’ipotesi originaria della precipitazione, così come era stata formulata dalla Procura, e hanno cercato di ricostruire la possibile caduta con il cinematismo e con l’autopsia. Gli accertamenti però hanno escluso categoricamente che possa essere precipitato. È assolutamente impossibile, sia dal punto di vista cinematico che medico-legale, che Tony Drago sia precipitato da quella finestra del bagno della caserma».
Inoltre, sulla base delle lesioni riscontrate sul corpo del militare siracusano, «l’unica ricostruzione plausibile – continua il legale – è l’ipotesi di omicidio con un’aggressione avvenuta in due tempi». Rispondendo a una domanda del Gip, i due periti hanno ricostruito l’unica dinamica possibile che ha portato alla morte del caporale: «Tony Drago quella mattina si trovata sul piazzale dove è stato ritrovato morto, vittima di vessazioni. In particolare, in quel momento – riporta l’avvocato Riccioli – lo stavano obbligando a fare flessioni. Mentre faceva questi esercizi, è stato colpito sulla schiena con una forza notevole e il colpo ha determinato le fratture nella zona vertebrale e nella zona costale e un enfisema polmonare».
Per quanto riguarda l’oggetto con cui è stato sferrato il colpo sulla schiena, si è parlato di un corpo piatto e largo, probabilmente un badile oppure di qualcuno che, mentre Tony faceva le flessioni gli si è buttato addosso violentemente, forse con le ginocchia. In ogni caso, la frattura delle ossa ha determinato la fame d’aria e, in un secondo momento, l’aggressione è continuata con uno o più colpi alla testa sempre con un oggetto dalla superficie larga e piatta, probabilmente lo stesso badile.
«Questa ricostruzione – afferma il legale – è l’unica compatibile con le tracce di sangue che sono state trovate, con le lesioni che sono state riscontrate e con la distanza del cadavere dalla finestra da cui si presumeva di fosse lanciato. E se è l’unica possibile, ciò vuol dire che quindi Tony Drago è stato ucciso». Adesso la palla passa in mano alla procura che, dal punto di vista procedurale, ha due possibilità: richiedere nuovamente l’archiviazione, oppure presentare la richiesta di rinvio a giudizio per gli otto indagati per concorso colposo nel delitto doloso commesso da ignoti.
«Questa è l’unica strada per me percorribile – dichiara l’avvocato Riccioli – perché quanto emerso oggi non lascia spazio a equivoci: Tony Drago è stato ucciso. Se la procura non si dovesse determinare in questo senso, noi ci opporremmo perché non possiamo permettere che Tony venga ucciso per la terza volta: prima su quel piazzale, poi da quell’esercito e da quello Stato che aveva giurato di proteggere e di servire, la terza volta sarebbe ucciso perfino dalla procura. Noi abbiamo lavorato affinché venisse a galla la verità e oggi ne è venuto fuori un primo pezzo. E questa verità non la potrà negare nessuno, né il ministero della Difesa né qualsiasi altro apparato dello Stato. L’unica cosa che ancora non siamo riusciti a fare è stato consegnare alla giustizia gli autori materiali dell’omicidio e lavoreremo per questo però – auspica – dovrà lavorarci anche la Procura».