Tirocini formativi: in Campania, Puglia e Calabria tutto liscio. Solo in Sicilia è successo un ‘casino’

IN ALTRE TRE REGIONI ITALIANE DEL SUD TUTTO SI E’ SVOLTO E SI SVOLGE NELLA PIU’ ASSOLUTA NORMALITA’. I GIOVANI SI PROPONGONO CON I CURRICULA E LE IMPRESE SCELGONO. PUNTO. SOLO DA NOI SI RICORRE A SOCIETA’ ‘ESTERNE’ ALL’AMMINISTRAZIONE COME ITALIA LAVORO, FORMEZ ED ETT

di Aldo Penna

Il Piano giovani in Sicilia ha un solo nome: click day. Dietro questa sigla si nascondono vanità, pressapochismo, disperazione e rabbia di decine di migliaia di giovani disoccupati siciliani. e il solito caravanserraglio messo in piedi per un’operazione dai contorni tutt’altro che limpidi e netti.

Intanto i tirocini formativi sono stati previsti in quattro regioni meridionali: Calabria, Campania, Puglia e Sicilia. Ma del click day si ha notizia solo in Sicilia. Come mai?

In altre luoghi di questo disperato Paese i tirocini sono routine. Si stanziano dei soldi per formare i giovani e iniettare sul mercato del consumo una liquidità oggi drammaticamente assente. Le imprese presentano la propria disponibilità, la Regione fissa dei criteri accogliendo le norme generali e la richiesta dei soggetti ospitanti i tirocini (le imprese) si incontra con i soggetti richiedenti (i giovani disoccupati). E tutto si chiude lì.

Ai siciliani piace complicarsi la vita, piace far apparire difficile quello che complicato non è, piace prendersi meriti straordinari quando è solo normale attività di governo.

Il Flop day  ha un precedente. I fatti vanno in scena tra la fine del 2005 e gli inizi del 2006. Mancano pochi mesi alle elezioni regionali. Cartelloni pubblicitari giganteschi reclamizzano la nuova magica sigla: INLA. Tra le decine di migliaia di senza lavoro è un passa voce: ci si iscrive là, registrati qui.

Code lunghissime si addensano in prossimità della scadenza presso gli sportelli abilitati (enti di formazione professionale). Costo delle operazioni preliminari per pubblicità e raccolta dati: 6 milioni di euro. Una cifra gigantesca che avrebbe consentito ben altri impieghi.

Ma non basta. A cosa servirono, allora, gli elenchi dei 40 mila giovani registrati? A nulla. Le imprese autorizzate ai progetti di inserimento lavorativo – non si chiamavano tirocini, ma erano la stessa cosa – assunsero in autonomia le professionalità più adatte.

Un’inquietante somiglianza con il Piano giovani di questi giorni? Sembra proprio di sì.

A cosa serve il click day? Forse dovremmo chiederlo a Cetto Laqualunque. Infatti di click in un sol giorno non si parla in nessuna delle altre tre regioni meridionali interessate ai tirocini formativi. Né si parla di coinvolgimenti di Italia Lavoro o di società consimili, tipo Formez o Ett.

Sarebbe bastato applicare criteri seri e riconoscibili ai soggetti ospitanti, pubblicare l’elenco delle aziende autorizzate a svolgere i tirocini e invitare i giovani a inoltrare richieste. Tutti qui.

Semplice e facile, insomma. Ma ci sarebbe stato un deficit di visibilità: e questo nel tempo dell’apparenza che copre il vuoto di idee è un colpa insuperabile.

 


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