Doveva essere la risposta politica al caos sui costi dei consigli comunali. Ma il disegno di legge resta al palo, tornando in commissioni Affari istituzionali. In cerca di proposte condivise che, però, non sembrerebbe così difficile trovare. Sullo sfondo le elezioni. I grillini vanno all'attacco
Tagli a Gettonopoli, l’Ars rinvia la discussione M5s: «Come Ponzio Pilato, asse Pd-Forza Italia»
L’antidoto a Gettonopoli fa un passo indietro. Il disegno di legge che dovrebbe ridurre il numero di consiglieri comunali, tagliare i costi dei gettoni di presenza e quelli dei rimborsi, è approdato oggi all’Assemblea regionale siciliana. Ma è subito tornato in commissione Affari istituzionali. Con 39 voti a favore e 15 contrari l’aula ha approvato la proposta del capogruppo di Forza Italia, Marco Falcone. Che puntualizza: «Il regolamento prevede che tra 15 giorni si torna in aula, con o senza ulteriori modifiche in commissione». Contrari i deputati del Movimento cinque stelle.
Le misure contenute nella bozza iniziale del ddl prevedono l’adeguamento alla normativa nazionale: numero di consiglieri rivisti in base alla popolazione, così come gli assessori. Riduzione dei costi per i gettoni di presenza al consiglio e alle commissioni. L’ammontare mensile, secondo le regole nazionali, non dovrebbe superare il 25 per cento dell’indennità del sindaco.
E’ su questi punti che l’Ars non ha ancora trovato la quadra. Anche se sembrerebbe che il vero nodo irrisolto sia quello relativo al numero dei consiglieri. Le diverse parti politiche non sarebbero invece distanti per quanto riguarda i tagli di natura economica. Il gettone di presenza potrebbe essere portato a un tetto massimo di 50 euro. Resta aperto il confronto su quando far scattare il gettone. Il Movimento cinque stelle propone che sia unico giornaliero, a prescindere quindi dal numero di commissioni effettuate nella stessa giornata. Verrebbe agiunta una clausola di chiusura che inserirà il tetto del 20 per cento dell’indennità del sindaco come retribuzione mensile dei consiglieri. «Così – spiega Falcone – in una città come Palermo dove il primo cittadino guadagna 6mila euro, un consigliere riceverà 1.800 euro lordi, cioè mille netti».
Nonostante su molti punti la distanza tra le varie parti politiche non sembra incolmabile, il testo è stato rinviato in commissione Affari istituzionali. E l’esame potrebbe riprendere giovedì. Perché dunque non si è agito prima? «Il legislatore fa le norme non pensando che chi le mette in pratica possa farne un cattivo uso», risponde Falcone che aggiunge: «Questa norma non ha un peso così centrale, c’è qualcuno che vuole speculare», commenta Falcone, facendo riferimento al Movimento cinque stelle che oggi è andato all’attacco, parlando di «vergognoso asse Pd-Forza Italia». «Non si può più perdere tempo – ha detto Salvatore Siragusa, membro del M5s in commissione Affari istituzionali –. L’Ars si è comportata come Ponzio Pilato, ma verrà il momento in cui dovrà esprimersi chiaramente». Stefano Zito, sempre del M5s, ha preso la parola in aula protestando e accusando maggioranza e altri gruppi d’opposizione di non volere la legge «perché ci sono le elezioni e non conviene a questi deputati approvare la legge perché i consiglieri comunali sono portatori di voti». Il 31 maggio e l’1 giugno si voterà in 53 Comuni siciliani.
Pronta la replica del capogruppo del Partito Democratico, Baldo Gucciardi: «Il disegno di legge contiene norme importanti, destinate a regolare la democrazia dei territori: per questo abbiamo considerato corretto condividere la proposta di quella parte del parlamento che vuole scrivere le regole insieme. E’ una riforma necessaria, bisogna allineare la Sicilia al resto d’Italia».E ha promesso tempi certi: «Se qualcuno pensa che il ritorno in commissione serva a rallentare il ddl, si sbaglia di grosso, il Pd non solo vuole portare avanti il disegno di legge, ma vuole farlo in tempi certi. Entro 15 giorni il testo dovrà tornare in aula, per noi questo è un paletto necessario, se si vuole portare avanti il dialogo».
Nel frattempo il centrodestra ha già pronte altre due novità da inserire nel ddl: la doppia scheda elettorale, una per il sindaco, l’altra per i consiglieri, al fine di evitare confusione tra gli elettori. E l’annullamento del sistema proporzionale nei Comuni tra 10 e 15mila abitanti. «Per questi centri – spiega Falcone, di Forza Italia – al momento è previsto un turno secco con proporzionale, questo ha portato a moltissimi casi in cui il sindaco non ha una maggioranza, perché le sue liste non hanno raggiunto il 40 per cento delle preferenze. Presenteremo un emendamento per cambiare questa situazione».
In realtà, i singoli Comuni hanno la libertà di decidere autonomamente su eventuali tagli ai costi del consiglio comunale e della giunta. Così come ha fatto l’assemblea cittadina di Bagheria, dove c’è stata una riduzione del 30 per cento (anche per la giunta), o ad Acireale, in questo caso dopo il caso Gettonopoli e solo relativamente al consiglio comunale. Tuttavia molti Comuni aspettano di vedere cosa succederà all’Ars prima di prendere eventuali decisioni in autonomia.