Stupro piazza Europa, legali chiedono rimessa in libertà «Non ci sono esigenze cautelari, la ragazza non è qui»

Revoca della misura cautelare in carcere e rimessa in libertà oppure, in subordine, gli arresti domiciliari. Sono queste le richieste avanzate durante l’udienza di questa mattina davanti al tribunale del Riesame, presieduto dal giudice Sebastiano Mignemi, dai legali che difendono i tre giovani – il 20enne Roberto Mirabella e i 19enni Salvatore Castrogiovanni e Agatino Spampinato  accusati di avere stuprato, la notte dello scorso 16 marzo (tra mezzanotte e l’una) in piazza Europa, una 19enne statunitense. «Una richiesta fatta in attesa dell’incidente probatorio – spiega a MeridioNews l’avvocato Luigi Zinno che difende uno dei tre giovani – anche perché le esigenze cautelari vengono meno visto che la ragazza non è qui». 

Incongruenze e contraddizioni. Su questo si sono basate le linee di difesa dei legali che hanno messo sul banco le affermazioni della giovane sul luogo da cui dice di avere inviato i messaggi vocali e le richieste di aiuto, i racconti forniti dai tre indagati durante l’interrogatorio e i contenuti dei loro cellulari mantenuti senza cancellazioni né alterazioni. «Siamo stati noi – aggiunge Zinno – a fornire le prove tramite i telefonini che sono stati sequestrati ai ragazzi nei quali erano ancora contenuti tutti i dati utili». Oltre alle presunte inesattezze riscontrate nella ricostruzione fornita dalla ragazza, la prova regina sarebbe un rapporto sessuale, consumato successivamente all’episodio in macchina, nel sottoscala dell’abitazione della giovane. «È lì – sostiene il legale – che i Ris hanno trovato tracce di liquido seminale di uno dei tre ragazzi». Già durante l’incidente probatorio, uno dei ragazzi aveva raccontato di rapporti consensuali fino alle 3.30. 

Un dato che, però, sarebbe risultato incoerente con quanto emerso dai dati oggettivi dei contatti scambiati tra la ragazza e due amici fino alle 3.29. La vittima si sarebbe sfogata con l’amica a cui aveva chiesto informazioni prima di accettare l’invito dei tre a bere qualcosa, scrivendole che «le hanno fatto del male e di non riuscire a credere quello che le è successo e che non è uno scherzo». Eloquente è anche il contenuto del messaggio inviato all’amico a cui, mentre era ancora in macchina, aveva chiesto aiuto mandando note vocali e anche la posizione gps: «Ti odio davvero». 

«Il difensore della persona offesa non può partecipare all’udienza del Riesame – spiega a MeridioNews l’avvocata Mirella Viscuso, che difende la 19enne – Però, già ieri ho depositato una lunga e articolata memoria, di cui il tribunale deve tenere conto, in cui ho espresso le mie valutazioni sui gravi indizi di colpevolezza e sulle esigenze di una misura cautelare esatta e motivata soprattutto dal fatto che potrebbe esserci il pericolo di ripetere episodi dello stesso genere, e alla luce della gravità del fatto commesso e della personalità degli indagati». Dopo avere ascoltato le parti, il collegio del tribunale prenderà una decisione sull’eventuale scarcerazione il cui verdetto si dovrebbe avere entro giovedì. La procura di Catania, intanto, ha chiesto alla gip Simona Ragazzi di potere effettuare un incidente probatorio con la deposizione della vittima, che al momento si trova negli Usa dove è tornata alla fine di marzo per stare con la madre e la sorella. 

Tutti e tre i giovani sono accusati di violenza sessuale di gruppo aggravata. «Strattonata ripetutamente, costretta a salire a bordo di una macchina intimandole di stare zitta, tirata per i capelli», il tutto – come scrive la gip dopo avere esaminato gli atti del procedimento – «con la minaccia di agire in tre, in un luogo isolato e abusando delle condizioni di inferiorità psichica (perché la ragazza sarebbe stata sotto effetto di alcolici che anche loro stessi le avrebbero precedentemente offerto, ndr) per costringerla a compiere e subire atti sessuali». Da un video, girato da uno dei ragazzi in macchina e poi inviato alla giovane che lo ha fornito alle forze dell’ordine, si vedrebbero due degli indagati «nell’atto di abusare della vittima e si percepiscono i lamenti della giovane, che è saldamente trattenuta per i capelli, e risate e sghignazzi dei giovani», scrive la giudice. Durante l’interrogatorio, però, i giovani hanno negato di avere agito con violenza e, di fronte alle contestazioni mosse dopo avere visto il video solo uno di loro ha ammesso di averla «toccata leggermente» per i capelli. 

Ci sono, inoltre, diversi passaggi in cui le versioni dei tre ragazzi si contraddicono: orari, uso della marijuana e consapevolezza dei messaggi vocali inviati dalla vittima a un amico come richiesta di aiuto. Tutti e tre ammettono di avere avuto rapporti sessuali con la 19enne sia a turno che contemporaneamente e riconoscono che la ragazza «era un po’ brilla». Concordano nel dire che sarebbe stata la ragazza ad approcciare con ammiccamenti e facendo capire che «ci stava, era tranquilla» e che, solo in un primo momento avrebbe detto «non voglio». Negano che la giovane si sia lamentata o abbia detto loro di fermarsi. Ricostruzioni che, però, non collimano con le dieci chiamate che la ragazza ha fatto al 112, con il tentativo di contatto con il 911 (numero unico di emergenze negli Usa) e i diversi messaggi audio con richieste di aiuto e la localizzazione gps inviata a un amico. 


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