Due anni fa morivano 366 persone a un miglio dalla costa. Il videomaker Antonino Maggiore ha raccolto le testimonianze di superstiti e primi soccorritori. «Due grandi barche ci hanno visto e se ne sono andate», racconta un migrante. «Nessuno ha mai verificato di chi fossero», denuncia il collettivo Askavusa. Guarda il video
Strage di Lampedusa, docu racconta altra verità Proiezioni in decine di piazze: «Riaprire indagini»
Riaprire le indagini per mancato soccorso sulla strage di Lampedusa del 3 ottobre del 2013. È la richiesta che stasera si leverà da decine di piazze, centri sociali e circoli in Italia e in Europa. È lungo l’elenco di realtà che hanno aderito all’appello di Askavusa, il collettivo dell’isola delle Pelagie, e che proietteranno il documentario I giorni della tragedia. Un lavoro di controinformazione realizzato dal videomaker Antonino Maggiore, che da dieci anni vive a Lampedusa e che, nelle ore immediatamente successive alla strage di due anni fa, telecamera alla mano, ha provato a ricostruire quanto accaduto.
https://www.youtube.com/watch?v=IvYCa-hEqYM
Attraverso le testimonianze dei sopravvissuti, dei primi soccorritori e delle istituzioni che si affrettarono a raggiungere Lampedusa, viene fuori un racconto dei fatti diverso da quello che la maggior parte della stampa nazionale e mondiale diede della strage, in cui morirono 366 persone, in gran parte eritrei. «I superstiti – spiega l’autore del video – hanno parlato di due grandi imbarcazioni che intorno alle tre del mattino li hanno raggiunti, girando attorno senza intervenire, una delle due gli ha anche puntato contro un grande faro». Tutto questo sarebbe avvenuto nell’ora precedente al rovesciamento del barcone. Secondo le testimonianze raccolte, il passaggio delle due navi avrebbe prima confortato i migranti, sicuri di essere quasi arrivati e di poter essere salvati. Poi, però, visto che i soccorsi tardavano ad arrivare, uno degli scafisti avrebbe acceso un fuoco per essere più visibile. «A quel punto molti si sono improvvisamente spostati dalla parte opposta del barcone», racconta a Maggiore un giovane sopravvissuto. E il natante si sarebbe capovolto.
«Nessuno ha mai verificato quali fossero le due grandi imbarcazioni che non hanno prestato soccorso – spiega Giacomo Sferlazzo, portavoce del collettivo Askavusa – se si trattasse di navi militari. Noi, attraverso i parlamentari del Movimento 5 stelle, abbiamo chiesto i tracciati di quella notte ma non c’è mai stata data risposta. Sull’isola abbiamo otto radar, nessuno ha segnalato il barcone in difficoltà a mezzo miglio dalla costa? Per questo chiediamo la riapertura delle indagini».
I giorni della tragedia verrà proiettato questa sera in diverse città siciliane: da Catania (alla palestra Lupo) alla stessa Lampedusa, passando per Ispica e Rosolini. Ma anche a Roma, Napoli, Torino, Bologna, Firenze, Verona. Fino a Strasburgo, Bruxelles e Tunisi (qui l’elenco completo). «Il mio lavoro – spiega Maggiore – nasce dalla volontà di far capire a chi non sta qua come sono andate veramente le cose, attraverso le testimonianze immediate, raccolte prima che qualcuno potesse convincere i superstiti a correggere la propria versione dei fatti». Il collettivo Askavusa continua quotidianamente a convivere con le emergenze. «Le recenti politiche sull’immigrazione vanno a braccetto con la militarizzazione che noi viviamo tutti i giorni a Lampedusa – sottolinea Sferlazzo -. Ma non può essere questa la risposta, si dovrebbe capire che spesso queste persone scappano da Paesi che l’Occidente ha contribuito a destabilizzare e, soprattutto, si dovrebbe rispettare il diritto a viaggiare liberamente, invece li costringiamo a rischiare la morte».