StM, “Lombardo, se ci sei, batti un colpo”

Caos calmo. Mentre Peppe Sessa tratteggia gli ultimi sviluppi del caso St Microelectronics di Catania viene alla mente il titolo del famoso romanzo di Sandro Veronesi. Una storia intima e dolorosa quella del protagonista, che ha sullo sfondo una fusione internazionale dell’azienda per la quale lavora.

Nel disinteresse di molti, il polo catanese della multinazionaledi componenti elettronici a semiconduttore vive da tempo una situazione di empasse, una febbre strisciante che rischia di aggravarsi se non si metteranno in campo le cure necessarie. Ora o mai più. Mentre infatti, l’azienda fa i conti con il calo degli ordini (che ha fatto rivedere al ribasso le stime degli utili per il 2009) nella Etna Valley si lotta contro il tempo per salvare i 450 dipendenti catanesi della Numonyx (nata nel marzo del 2008 da cessioni di rami d’azienda del colosso franco-italiano e Intel e dai capitali di Francisco Partner) e, secondo Sessa, “mal utilizzati e impiegati in progetti spesso inutili”. Le loro sorti sono legate ai progetti intorno al famigerato “M6”, lo stabilimento, costruito nel 2004, per produrre memorie e che non ha avviato alcuna linea di produzione: data la crisi del mercato, i piani alti della Stm hanno rinviato al 2010 il momento dell’investimento necessario per macchine e apparati organizzativi. Ma che, con quelle premesse, M6 non sarebbe mai andato in produzione la RSU lo disse già nel 2004: “Non ci voleva molto a capirlo – sostiene Sessa –  per chi lavora in quel settore e quotidianamente si misura con delocalizzazione e massimizzazione del profitto.
 

C’è di più. Dipendenti e sindacati denunciano che dietro a questa battuta d’arresto si celi un più generale disimpegno di StM da Catania, a favore di altre realtà: il momento progettuale-decisionale si sposta sempre più a Nord, ad Agrate e Oltralpe (Grenoble), mentre la produzione parla cinese. E’ per questo che negli ultimi anni ci sono stati diversi giorni di sciopero, l’ultimo dei quali a metà dello scorso mese. Ma i lavoratori sono pronti a farne seguire altri: “Chiediamo risposte politiche, solo così potremo salvarci”, ragiona Sessa. E il tavolo istituzionale al ministero dello Sviluppo Economico ha sortito finora pochi effetti a causa anche del disinteresse generale. Se la Francia di Sarkozy punta sulla microelettronica, in Italia Finmeccanica ha venduto le azioni di St alla Cassa Depositi e prestiti e dichiara strategica l’ingegneria spaziale e non più la microelettronica. A livello regionale il governatore lombardo Roberto Formigoni è sceso in campo concretamente per sostenere il sito di Agrate: “Noi invece – chiosa il sindacalista – non abbiamo ricevuto risposte né da Totò Cuffaro né dal neogovernatore Lombardo”.

Sessa, come nacque l’idea di M6?
 
L’idea dell’M6 nacque in un momento in cui, secondo il management di ST, il mercato delle memorie avrebbe garantito alta redditività e un buon business. Tuttavia questa visione, a distanza di tempo, si rivelò miope, così si decise progressivamente di rinviare gli investimenti destinati a questa produzione. In questo momento, infatti, M6 è, di fatto, una cattedrale nel deserto, per di più vuota, per la mancanza dei macchinari necessari alla produzione delle fette di silicio a 12 pollici, un progetto che avrebbe lanciato l’azienda verso i vertici delle produzioni mondiali nel campo della microelettronica. Uno stabilimento identico a M6 è stato invece realizzato e messo in produzione in estremo oriente.

 
Crede quindi che il progetto sia definitivamente sfumato? Quale potrebbe essere in questo momento la soluzione migliore per risolvere il problema di M6?

 
Il problema di M6 si potrebbe risolvere soltanto con degli investimenti molto cospicui, che non riguardano gli uffici e le loro attrezzature, bensì i macchinari che servono per la produzione, che sono veramente molto costosi. L’edificio è stato pagato in massima parte con i finanziamenti pubblici. La ST dal canto suo ha contribuito con una piccola parte delle sovvenzioni. Ma alla base di tutto, deve esserci la reale e concreta volontà dell’azienda a considerare ancora una volta Catania strategica per le sue sorti. D’altronde, mi pare che finora sia andata più che bene.

 
Qual è allora al momento la situazione di questi seicento dipendenti che sono passati dalla ST a Numonyx?

 
La situazione è molto critica. Nel 2007 si era concordato che qualora Numonyx avesse avuto delle difficoltà a partire, i dipendenti avrebbero potuto tornare alla base, ma soltanto se ci fosse stato da parte di ST un nuovo piano di sviluppo. Questo piano di reintegro, fortemente voluto dalla RSU, aveva lasciato una piccola porta aperta per il destino di questi lavoratori. Se però entro il luglio 2009 la società non dovesse reintegrare gli ex dipendenti, questi non potranno più tornare alla base.
Ma Numonyx vuole decidere solo nel 2010 se investire: troppo tardi per il reintegro. Siamo convinti che questa sia solo una strategia per prendere tempo e arrivare al punto di non avere più l’onere di pagare i loro stipendi.
 
Nella assemblea del 17 novembre con lavoratori e management cosa si è detto a proposito di questa delicata situazione? È stato tangibile un appoggio da parte dei politici?

 
Purtroppo non sono ancora arrivate risposte adeguate. Da qui nasce la consapevolezza e la speranza che tutta la città ed anche la regione siciliana diano un grande appoggio. Per questo si è tentato di chiamare in causa i politici catanesi, che fino ad ora hanno dato un apporto insufficiente per la risoluzione dei problemi dell’azienda. In questo momento la gente siciliana non è in grado di poter realizzare le proprie aspirazioni personali, perché in molti si trovano in una situazione di insicurezza e di instabilità. Fino a quando perdurerà questa condizione queste persone si sentiranno precarie e presteranno il fianco allo sfruttamento che è in atto nella nostra regione, ma anche in tutto il meridione d’Italia.

 
Che intenzione avete per il futuro? Tornerete di nuovo in piazza o attenderete gli eventi?

Nell’ultima assemblea c’è stata una partecipazione importante da parte di tutti i soggetti interessati alla delicata questione di ST e Numonyx. C’è chi ha promesso delle interrogazioni parlamentari, c’è chi invece si è impegnato a intercedere personalmente con il presidente della regione. Dato che il problema è essenzialmente politico, spero che tutti questi proclami che ci sono stati durante quest’ultima riunione possano tradursi nel più breve tempo possibile in fatti ed azioni tangibili, che ci diano una mano a risolvere questa situazione: un’eventuale crisi di StM colpirebbe di riflesso tutta la provincia catanese. E’ passato quasi un mese e a quanto ci risulta non c’e’ stata alcuna azione da parte della nostra classe politica: evidentemente la percezione del problema non e’ adeguata alla gravita’ reale della situazione. In questa vicenda ci sono due aspetti importanti che non devono sfuggire: la crisi economica mondiale ha solo aggravato una situazione gia’ compromessa per le sedi catanesi di St e Numonyx; e la crisi riguarda pesantemente anche St, perche’ da anni non c’e’ un piano industriale (gli ultimi sono stati puntualmente disattesi) e perche’ noi lavoratori assistiamo giorno per giorno impotenti al disimpegno di St da Catania e al trasferimento delle attivita’ decisionali in Francia e in Lombardia. Siamo pronti ad andare sotto palazzo d’Orlèans: come Presidente della Regione, Lombardo ha il dovere di intervenire.


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