Quattro tra San Cristoforo e corso Indipendenza, uno a Vaccarizzo e uno nel centro storico. Tutti grandi dai due ai quattro vani e fino a cento metri quadrati di estensione, in condizioni di piena fruibilità sin da subito. I sei immobili confiscati alla mafia da destinare ai senza fissa dimora del Comune di Catania sono sparpagliati nella città e serviranno a dare ospitalità a una quarantina di persone. Cioè quasi tutte quelle che, in questo momento, dormono per le strade della città e sono finite – loro malgrado – al centro dell’ordinanza anti-bivacco emanata dal sindaco Salvo Pogliese. Dopo le polemiche, il primo cittadino ha incontrato a Palazzo degli elefanti una cinquantina di componenti di associazioni di volontariato che operano con i clochard: un appuntamento collegiale che mancava da anni, secondo quanto riferito da chi ha partecipato, e nel corso del quale sarebbe stato chiarito uno dei punti più controversi del documento firmato da Pogliese. Vale a dire: non saranno multati né sottoposti a Daspo urbano gli homeless. Almeno finché non saranno operative le soluzioni messe sul campo.
Il primo passo affinché gli appartamenti confiscati servissero a risolvere, almeno in parte, l’emergenza abitativa è stato compiuto il 31 maggio dalla ex amministrazione – allora uscente – guidata da Enzo Bianco. Gli immobili, affidati alla direzione Politiche sociali, sarebbero dovuti andare al «ricovero temporaneo dei nuclei familiari in atto ricoverati in strutture ricettive». Vale a dire le persone che, per vari motivi, sono rimaste senza abitazione e sono ospitate a spese di Palazzo degli elefanti in bed and breakfast del territorio. Non esattamente situazioni felici, considerando – per esempio – che in passato su questa soluzione sono stati dirottati i residenti del palazzo di via Crispi dopo l’esplosione notturna. Al documento di fine maggio se ne aggiunge un altro, stavolta datato 6 giugno, che parla invece di una villetta che avrebbe dovuto «essere utilizzata da associazioni, centri sociali e/o organizzazioni onlus che si propongono nei loro statuti, di perseguire attività di volontariato con fini esclusivamente socio-assistenziali». Ma che, secondo quanto stabilito da Bianco, ha cambiato destinazione d’uso per diventare «ricovero d’emergenza abitativa».
Adesso, però, cosa ne sarà degli immobili confiscati è ancora più chiaro: serviranno per i clochard. Due case si trovano in via Testulla, nei pressi di via della Concordia; una si trova in via Adelaide Bernardini, nella zona di via Palermo; un’altra in via Alessandro La Marmora, una traversa di corso Indipendenza vicina a piazza Risorgimento; la villetta, invece, è al villaggio Cielo azzurro, in piena area di pre-oasi del Simeto. A queste cinque soluzioni ne va aggiunta una sesta, che dovrebbe essere più in centro, di cui ancora non c’è traccia tra i documenti pubblicati all’albo pretorio di Palazzo degli elefanti, poiché l’assegnazione al Comune sarebbe avvenuta più di recente.
Questa mattina il neo-assessore alle Politiche sociali Giuseppe Lombardo e i tecnici della direzione Patrimonio, assieme a quelli del Welfare, andranno a fare un sopralluogo: l’obiettivo è capire entro quando potranno essere aperti e resi fruibili se, come sembra allo stato, non dovrebbero essere necessarie ristrutturazioni. Oltre a questo, il nodo da chiarire è un altro: chi gestirà questi luoghi? Saranno le associazioni, tramite bando di affidamento? O sarà direttamente il Comune di Catania, che poi affiderà i servizi (pasti, assistenza ai più anziani, igiene…) a chi si occupa del sociale? Questo aspetto è ancora in fase di definizione, ma tutto lascia intendere che passerà ancora qualche mese prima che venga chiarito. In tempo, si spera, per evitare che al problema del non avere un tetto sulla testa si aggiunga quello del freddo invernale.
A tirare fuori l’asso dalla manica durante la riunione col primo cittadino, però, è il comitato catanese della Croce rossa italiana. L’annuncio che arriva dalla Cri lascia a bocca aperta molti: l’acquisto, tramite asta giudiziaria, di un intero palazzo in via Francesco Crispi. Al costo di circa un milione e 300mila euro. Un edificio in grado di ospitare una grande mensa, 50 posti letto, tre piccoli appartamenti per eventuali nuclei familiari, docce comuni e, al terzo piano, anche le aule dove tenere laboratori per eventuali percorsi di formazione. «Si chiamerà Cri-spi, gioco di parole tra Croce rossa italiana e “spi”, cioè “spazi per inclusione”», dichiara Stefano Principato, presidente del comitato provinciale. L’acquisto, seguito direttamente dal presidente Principato e del quale si trova traccia tra i verbali di convocazione dell’assemblea dei soci già nel 2017, non significa però che la struttura sia pronta all’uso. «Saranno necessari fondi per la ristrutturazione. In parte la affronteremo con risorse nostre, in parte speriamo nelle donazioni – prosegue Principato – E poi stiamo attendendo una conferenza dei servizi per capire il da farsi».
Un tavolo di confronto con le istituzioni sarà necessario non solo per comprendere se potranno essere richiesti, e ottenuti, finanziamenti da enti pubblici, ma anche per definire meglio cosa si realizzerà all’interno della struttura. «Che non sarà soltanto nostra – precisa il presidente provinciale della Cri – ma sarà a disposizione di chiunque si occupi di disagio sociale in città». In un percorso di cui, quindi, il comitato catanese della Croce rossa si candida de facto a essere capofila. «Certo è che il palazzo di via Crispi si trova in una posizione favorevolissima – conclude – Vicino a corso Sicilia e alla stazione centrale, che certamente è un crocevia». E in cui si trova già l’help center della Caritas, che quindi non sarebbe più l’unico punto di riferimento della zona per i bisognosi.
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