La decisione sarebbe già stata presa: il governo Renzi sembra intenzionato a portare davanti alla Corte Costituzionale la legge sui liberi consorzi e le città metropolitane varata dalla giunta regionale di Rosario Crocetta. Sarebbero diversi i punti critici, su cui pendono dubbi di costituzionalità. Così come a essere contestata sarebbe la distanza, ritenuta eccessiva, rispetto al testo della legge Delrio che regolamenta la materia per il resto d’Italia ma non per la Sicilia, regione a statuto speciale. Legge considerata comunque di carattere generale e quindi riferimento per quella siciliana.
Cosa devono aspettarsi adesso i Siciliani? Quali scenari si aprono? Una prima ipotesi è quella che porta a un passo indietro del governo Renzi rispetto all’intenzione di impugnare la legge. Che potrebbe avvenire solo a seguito di un accordo politico tra Roma e Palermo. Martedì l’assessore agli Enti locali Giovanni Pistorio sarà nella capitale, ufficialmente per partecipare alla conferenza Stato-Regioni. Ma è probabile che in quel contesto venga messa sul tavolo la possibilità di una mediazione. La giunta regionale potrebbe accogliere integralmente o in parte le richieste di modifiche che arrivano da Roma. Quantomeno in maniera sufficiente a evitare un giudizio davanti alla Consulta.
In tal senso proprio recentemente un tentativo simile, seppure su una materia completamente diversa come è quella della legge sugli appalti, non è andato a buon fine. La scorsa settimana il Consiglio dei ministri ha infatti impugnato la riforma regionale, sottolineando come la materia della tutela della concorrenza sia esclusivamente di competenza legislativa dello Stato. In quell’occasione la mediazione portata avanti nei giorni precedenti dall’assessore Giovanni Pizzo non avrebbe sortito gli effetti sperati. Tanto che lo stesso membro della giunta Crocetta si è detto sorpreso dall’impugnativa.
Se il confronto politico non dovesse portare a soluzioni condivise, si aprirebbe invece uno scenario più complesso e dagli esiti non facilmente prevedibili. La parola passerebbe infatti ai giudici della Corte Costituzionale. Ed è possibile aspettarsi, in attesa del giudizio di merito, l’immediata sospensiva della legge. La norma prescrive che la stessa Corte possa adottare questo provvedimento nel caso in cui «ritenga che l’esecuzione dell’atto impugnato o di parti di esso possa comportare il rischio di un irreparabile pregiudizio all’interesse pubblico o all’ordinamento giuridico della Repubblica, ovvero il rischio di un pregiudizio grave ed irreparabile per i diritti dei cittadini». In questo caso dovrebbero passare prima venti giorni, poi altri trenta per fissare l’udienza di discussione, infine altri 15 per depositare il dispositivo della sentenza. In totale poco più di due mesi. Cosa che farebbe saltare le elezioni per sindaco metropolitano e presidente dei liberi consorzi, fissate per il 29 novembre. Almeno fino all’inizio del prossimo anno. Lasciando le ex province, non ancora città metropolitane o liberi consorzi, senza governance.
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