Nonostante siano già trascorsi diversi giorni dalla chiusure delle urne e dallo spoglio delle schede elettorali, non mancano gli aggiustamenti nei risultati collegati al controllo sezione per sezione. A essere interessata al caso è la pentastellata Martina Ardizzone, di Paternò, passata da quarta a terza nel Movimento 5 Stelle. «Non si è trattato – specifica Ardizzone – di un riconteggio o di un ricorso ma di una semplice verifica dei voti comunicati». Nelle operazioni, infatti, sembra che si sia verificato un errore nell’inserimento dei dati sul portale che attribuiva i seggi. Alla luce di questa correzione, il posto conquistato dalla Ardizzone sarebbe il terzo. Un cambiamento che per lei potrebbe rappresentare l’apertura delle porte dell’Assemblea Regionale Siciliana. I 5 Stelle, infatti, su Catania hanno conquistato due seggi per l’ARS. Il più votato risulta Nuccio Di Paola, candidato anche alla presidenza, che però è stato eletto anche a Caltanissetta e a Palermo. Dopo di lui, nel catanese, l’uscente Jose Marano. Seguono Martina Ardizzone e Lidia Adorno. Prima, invece, Lidia Adorno risultava avanti. L’attesa per la definizione è tutta collegata a Di Paola e alle verifiche della Corte d’Appello. Partita quindi tutta interna al Movimento.
Intanto proprio Nuccio Di Paola continua a ringraziare gli elettori per le preferenze ottenute. «Sono pronto – ha scritto sui social – e siamo pronti per continuare ad alimentare tutto l’entusiasmo che si è creato in questi giorni. Siamo pronti per andare ancora più forti». I numeri, però, risultano più contenuti rispetto a quelli di cinque anni addietro con la componente dei pentastellati che è passata da quindici e undici tra gli scranni di sala d’Ercole. Opposizione, dunque, che numericamente farà il paio con il Partito Democratico ma che non è ancora chiaro se riuscirà a fare squadra comune. La ferita del tradimento delle primarie è aperta. Il sogno del polo progressista sfumato mentre una parte dei democratici evidenzia l’importanza di un dialogo con gli attivisti di Beppe Grillo e Giuseppe Conte. Per dialogare, però, bisogna prima parlare la stessa lingua, avere un minimo di intesa e senza avere in testa prevaricazioni. Una maturità, politica, forse ancora assai distante.
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