Priolo Gargallo, i consiglieri che difesero la casta «Prima di gettonopoli, ci impedirono referendum»

In nove a difesa della casta. Sono tante le persone, fra burocrati e consiglieri comunali di Priolo Gargallo, che nel 2012 avrebbero impedito di dare la voce ai cittadini che chiedevano di potersi esprimere sulla proposta di riduzione del gettone di presenza per le sedute del consesso civico e delle commissioni. Sulla vicenda, adesso, a volerci vedere chiaro è la Procura di Siracusa che ieri ha notificato la conclusione delle indagini

«Tutto è iniziato fra agosto e settembre del 2012, quando abbiamo costituito un comitato cittadino per l’abbassamento del gettone». A parlare a Meridionews è Angelo Musumeci, il coordinatore del comitato cittadino.

L’articolo 31 dello Statuto comunale prevede che il cinque per cento dei cittadini iscritti nelle liste elettorali possa chiedere un referendum consultivo. «Noi di firme ne avevamo raccolte più di 750 certificate e verificate, anche se nel caso di un paese delle dimensioni di Priolo, che conta circa 10mila abitanti aventi diritto – spiega Musumeci –, ne erano necessarie più o meno 500. Chiedevamo di applicare quello che prevede la legge regionale, ovvero portare il gettone di presenza dei consiglieri comunali dai 126 euro a 30,99 euro, come previsto per i comuni fino a 12mila abitanti».

A ostacolare l’iter che avrebbe potuto portare al referendum sarebbero stati l’allora presidente del consiglio comunale Orazio Valenti, i consiglieri ancora in carica Massimo Giannetto, Sebastiano Lombardo, Sebastiano Boscarino e Francesca Marsala, gli ex consiglieri Giuseppe Crocillà, Antonino Cavarra e Giuseppe Menesello e il vicesegretario comunale Mario Privitera. Su tutti pende l’accusa di abuso d’ufficio per aver ostacolato il procedimento referendario. «Raccolte le firme – prosegue il promotore della consultazione – facciamo la richiesta di referendum e la presentiamo all’ufficio protocollo indirizzandola al sindaco, al presidente del consiglio comunale, ai consiglieri comunali e al prefetto di Siracusa. A quel punto – spiega Musumeci – il presidente del consiglio comunale avrebbe dovuto convocare una seduta e mettere il referendum all’ordine del giorno, ma i mesi passavano e non si muoveva nulla finché non viene istituita la commissione di vigilanza che non ha sentito la necessità di ascoltarci».

Tutto questo accadeva prima che scattasse il caso gettonopoli, per cui la Corte dei conti ha già condannato 13 consiglieri fra cui l’attuale sindaco di Priolo Antonello Rizza per l’ingiustificato aumento del 400 per cento dei compensi dei consiglieri comunali. Ciascuno di loro dovrà pagare a favore del Comune 38mila 770euro.

«Il nuovo filone d’inchiesta – commenta Musumeci, che è già stato ascoltato dagli inquirenti – credo sia stato aperto anche in seguito anche alla denuncia che ho fatto, lo scorso maggio, chiedendo la decadenza del sindaco di Priolo. Sostenevo che un cittadino in causa con il Comune non può continuare ad amministrare la cosa pubblica».

Intanto, trattandosi ancora della fase di conclusione di indagine, il Comune preferisce non prendere posizione. Contattato da MeridioNews, il dirigente dell’ufficio del gabinetto del sindaco replica. «Come possiamo bagnarci prima che piova? In questa fase esprimersi sarebbe prematuro, perché bisogna considerare l’ipotesi che potrebbe non esserci stato alcun reato».


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