Il caso si è sollevato attorno a un articolo del ddl sulle variazioni di bilancio, a proposito dei centri storici, proposto da Dipasquale. Barbagallo va oltre: «Il gruppo ha annunciato il voto contrario alla norma, mentre lui in Commissione Bilancio si è astenuto»
Primarie, volano gli stracci anche nel gruppo all’Ars A Sala d’Ercole scintille tra Barbagallo e Dipasquale
I panni sporchi fino a oggi erano rimasti fuori, quantomeno dalle mura di Sala d’Ercole. Ma gli attriti attorno alla campagna elettorale per le Primarie più avvelenate di sempre hanno varcato anche le mura del Palazzo. E quelle di Sala d’Ercole. È così che questa mattina si è assistito all’Assemblea Regionale a una scena surreale, durante la discussione generale sulle variazioni di bilancio. A intervenire per primo è stato il deputato dem Anthony Barbagallo, che nell’annunciare il proprio voto contrario al ddl di variazioni di bilancio ha denunciato alcune «marchette» inserite nella norma.
«Dai 415mila euro in aggiunta ai fondi già stanziati per il Brass Group fino ai soldi presi dal banco alimentare (100mila euro, ndr) per realizzare due canili a Messina e a Barcellona Pozzo di Gotto». Nel suo lungo intervento, Barbagallo si è scagliato anche contro una norma sui centri storici, inserita nel ddl sull’emendamento presentato dal renziano collega di partito Nello Dipasquale. «Più volte – ha detto Barbagallo in Aula – abbiamo evidenziato l’importanza del passaggio dalle Commissioni di merito, perché non può essere che in sede di variazioni di bilancio si inserisca una norma sui centri storici, che a mio giudizio si poteva risolvere anche con una circolare».
Una presa di posizione, quella dell’ex assessore regionale al Turismo, che ha mandato su tutte le furie il collega Dipasquale, intervenuto poco dopo attaccando a sua volta Barbagallo (che fuori dal Palazzo sostiene la corsa di Teresa Piccione). Dipasquale cerca di ridimensionare l’episodio: «Non mi piace – ammette a Meridionews – intervenire contro i colleghi di partito, ma l’intervento di Barbagallo mi è sembrato davvero inopportuno». Quest’ultimo, invece, non nasconde la cenere sotto il tappeto.
«I dati del mio intervento – precisa – sono documentati, per altro il Partito democratico è all’opposizione e ha annunciato già il voto contrario alle variazioni di bilancio, nel mio intervento, ma anche in quelli del capogruppo Giuseppe Lupo e del deputato Baldo Gucciardi, che sono intervenuti dopo di me. Da un lato – continua – c’è la posizione dura del Partito democratico e poi c’è la posizione dell’onorevole Dipasquale che ritiene che non solo non ci siano marchette in quella norma, ma ha partecipato ai lavori della Commissione Bilancio ritenendo di astenersi».
Insomma, la spaccatura profondissima delle primarie non risparmia neanche il gruppo all’Assemblea Regionale. «Il gruppo parlamentare – ammette Barbagallo – si è polverizzato dopo un secondo in questa legislatura, quando quattro parlamentari hanno deciso di rompere l’unità del gruppo votando il presidente Micciché. Quella è stata una rottura non indifferente, che ovviamente pesa ancora».
Sulle dinamiche interne al partito, l’atteggiamento dei due litiganti è profondamente diverso. Dipasquale assicura che «le dinamiche delle primarie sono rimaste fuori dal gruppo parlamentare, dove invece ci si occupa soltanto delle variazioni di bilancio. Quello di oggi è stato soltanto un battibecco tra Barbagallo e me, a causa di una caduta di stile che sinceramente non mi sarei aspettato dal collega».
Barbagallo, al contrario, riconosce che «nel partito si respira un clima da carta bollata. Il ceto politico e il Partito democratico devono fare molta autocritica. È chiaro che se c’è un Pd che non riesce in questo momento a individuare un percorso comune neanche sulle regole da stabilire per il congresso, figuriamoci se riusciamo a trovarlo sull’azione o sulla prospettiva politica. L’atteggiamento di oggi dell’onorevole Dipasquale – continua – è il frutto di differenze profonde sulla veduta di un atto parlamentare. Da un lato c’è chi la vede come noi – conclude – con una linea dura, dall’altro c’è chi invece certi provvedimenti non li considera delle marchette».