Precari siciliani: l’unica soluzione è il salario minimo garantito esteso anche ai disoccupati

POLITICI E SINDACALISTI STANNO PRENDENDO IN GIRO I 23 MILA ESPONENTI DEL PRECARIATO DEGLI ENTI LOCALI. NON CI SARA’ ALCUNA PROROGA. PERCHE’ I SOLDI SONO FINITI. LA STRADA DA PERCORRERE E’ SOLA: LOTTA SOCIALE PER OTTENERE UN PROVVEDIMENTO UNICO CHE GARANTISCA ANCHE I DISOCCUPATI. DIROTTANDO UNA PARTE DEI FONDI STRUTTURALI E DEI FONDI TEMATICI DELL’UNIONE EUROPEA DESTINATI ALLA SICILIA PER QUESTA SOLUZIONE

Lo scorso aprile, quando Sala d’Ercole approvava il Bilancio regionale di quest’anno, abbiamo iniziato a porre, in solitudine, il tema dei precari siciliani. Precisando due cose. Prima cosa: non ci sono solo i 23 mila precari degli enti locali, ma anche altri 56-58 mila (il numero esatto non lo conosce nessuno) sparsi tra Regione, Enti e società comunali, provinciali e regionali. Seconda cosa: non ci sono più soldi.

Oggi anche la politica e i sindacati affrontano il tema. Ed è anche logico: il 31 dicembre scade il contratto dei 23 mila precari degli enti locali, gli unici che riscuotono l’attenzione di politici e sindacalisti siciliani.

In questi giorni abbiamo letto e riportato le soluzioni prospettate da politici e sindacalisti. Tutte cose che non condividiamo. Di fatto, politici e sindacalisti difendono solo i 23 mila precari degli enti locali. Degli altri, tranne qualche eccezione, sembra che non gliene freghi nulla a nessuno. Un errore, perché non ci possono essere precari di serie “A” e precari di serie “B”. Di questo particolare gli amici sindacalisti se ne debbono fare una ragione.

Varie le soluzioni prospettate. Ma nessuno dice chi dovrebbe tirare fuori soldi. Anche l’entità finanziaria del problema, tra le altre cose, è calcolata in modo errato.

I 350 milioni di euro all’anno, ad esempio, servono solo per pagare i precari degli enti locali. Ma, come abbiamo detto all’inizio, i precari, in Sicilia, sono circa 80 mia. Politici e sindacalisti siciliani non possono mentire sapendo di mentire. Gli uni e gli altri sanno benissimo che, già ai tempi della fine del primo mandato di Totò Cuffaro, la Regione siciliana, per i precari, spendeva 1 miliardo di euro all’anno.

Grosso modo, è la stessa cifra che occorre oggi per pagare, ogni anno, tutti i precari siciliani e non solo i ‘raccomandati’ degli enti locali.

Da allora ad oggi i costi non sono diminuiti: semmai sono aumentati, perché i precari ‘stabilizzati’ nei Comuni costano di più. E tutti sappiamo che i soldi per pagarli, fino ad oggi, per il 95 per cento e forse più, li ha tirati fuori la Regione.

Ipotizzare, come ha fatto qualcuno, la creazione di un ruolo unico ad esaurimento – peraltro solo per i 23 mila precari degli enti locali – è un doppio errore. Primo: perché, come ribadiamo ancora una volta, i precari siciliani sono 80 mila e non 23 mila. Secondo: perché chi ha proposto il ruolo unico ad esaurimento non ha indicato chi dovrebbe metterci i soldi.

La Regione non ha più un euro. E non si possono tassare ancora i siciliani. I soldi li deve tirare fuori lo Stato. Come? Non con fumosi ruoli unici ad esaurimento, ma istituendo il salario minimo garantito per tutti, precari e disoccupati. 

I soldi non ci sono? Si coinvolga l’Unione Europea. Dirottando una quota parte dei fondi strutturali e dei fondi tematici destinati all’Italia per pagare il salario minimo garantito.  

In Sicilia la disoccupazione è alle stelle. Per tutelare i precari – che ricordiamolo non hanno mai vinto un concorso, ma sono entrati nella pubblica amministrazione siciliana per raccomandazioni di politici e sindacalisti – non si possono abbandonare i disoccupati.

L’unica cosa seria, lo ripetiamo, è il salario minimo garantito. Per tutti: precari e disoccupati della Sicilia.Ci rendiamo conto che i precari – soprattutto quelli degli enti locali, in forza del fatto che lavorano da anni nei Comuni – digeriranno moto male questa proposta. Perché pensano di avere più diritti degli altri. Soprattutto dei disoccupati. Si sbagliano. In più, rispetto ai disoccupati, hanno solo la raccomandazione di chi li ha ‘infilati’ nella pubblica amministrazione senza concorso, senza una verifica del merito, in barba alla Costituzione italiana, che per l’accesso alla pubblica amministrazione prevede un pubblico concorso.

Invitiamo i 23 mila precari degli enti locali a non farsi illusioni: i soldi sono finiti. Oggi serve una pressione sociale forte verso Roma e verso Bruxelles – e non è detto che basti – per istituire il salario minimo garantito. Più saranno i soggetti a richiederlo, più alta sarà la possibilità di avere risposte, anche parziali. Anche un’indennità dimezzata rispetto a quella percepita fino ad oggi dai precari – ma estesa anche ai disoccupati – sarebbe un successo. Anche perché l’alternativa è il nulla.

L’istituzione del salario minimo garantito significa anche liberare la Regio e i Comuni di personale inutile che, fino ad oggi, ha creato solo problemi. Anche se la politica siciliana ha ‘difficoltà’ a capirlo. nella pubblica amministrazione si lavora con la testa e non con le mani. La pletora di dipendenti che c’è oggi negli uffici della Regione e

nei Comuni ha solo aumentato la confusione. Svuotare gli uffici, garantendo il salario minimo garantito a chi oggi li occupa o per non fare nulla, o per allungare i tempi della burocrazia sarebbe un fatto estremamente positivo.

Salario minimo garantito significa, anche, controlli rigorosi. Tutti sappiamo, è inutile che ci prendiamo in giro, che molti precari hanno anche un secondo lavoro. Oggi, con la crisi, il fenomeno si è ridotto. Ma anche questa è stata una costante che tutti hanno fatto finta di non vedere.

Con il salario minimo garantito andranno effettuati controlli rigorosi. Per toglierlo a chi trova un’occupazione. Prevedendo sanzioni pesanti per chi opererà in nero.

La nostra non è una soluzione semplice. Ma ci sembra la più democratica, se non altro perché apre ai disoccupati. Togliendo a politici e sindacalisti il monopolio mafioso del precariato.

Tra l’altro, è l’unica soluzione percorribile. Perché precari e disoccupati, insieme, diventano una forza sociale che non potrà essere ignorata dal Governo nazionale e da Bruxelles.

I precari degli enti locali che pensano che siamo matti si sbagliano. Gli ingenui sono loro, che credono ancora alla favola dei soldi che arriveranno da Roma per garantire loro la proroga a partire dal prossimo anno alle stesse condizioni odierne. Chi gli racconta queste cose li sta soltanto prendendo in giro.

 


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Politici e sindacalisti stanno prendendo in giro i 23 mila esponenti del precariato degli enti locali. Non ci sara’ alcuna proroga. Perche’ i soldi sono finiti. La strada da percorrere e’ sola: lotta sociale per ottenere un provvedimento unico che garantisca anche i disoccupati. Dirottando una parte dei fondi strutturali e dei fondi tematici dell'unione europea destinati alla sicilia per questa soluzione

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