A poco più di cento ore dal termine di presentazione delle liste, restano sul tavolo più domande che risposte sull’assetto della coalizione di centrosinistra. Gli elenchi dei volti da mandare in campo nei collegi catanesi, non solo nel Pd, ma anche nei neonati partiti alleati +Europa, i socialisti e prodiani di Insieme ed i centristi della lista Civica popolare sono ancora avvolti nella nebbia di veti incrociati, passi indietro e passi avanti. Rimodellati costantemente da insidie e vantaggi del Rosatellum. Sono le certezze che paiono progressivamente venire meno a complicare ancor più le cose. Come, ad esempio, l’accordo tra la ministra Beatrice Lorenzin, leader di Civica popolare, ed il duo Giuseppe Castiglione-Pino Firrarello, avamposto alfaniano alle falde dell’Etna. L’ultimo bisbiglio dice che la candidatura del sottosegretario per le Politiche agricole – da qualcuno ventilata nel collegio uninominale di Acireale alla Camera per il centrosinistra – non più così salda come sembrava. Da una parte ci sono le difficoltà a garantire un paracadute per tutti nel listino bloccato plurinominale; dall’altra anche l’altissima probabilità che Pd e alleati arrivino terzi in quasi tutte le sfide siciliane – e catanesi – all’uninominale, su cui peraltro gli studi degli esperti dicono che l’eventuale peso del candidato scelto da ogni coalizione può incidere davvero pochissimo sull’esito finale.
E forse c’è di più. La sfiducia, da parte dei brontesi fuoriusciti dal centrodestra per sostenere i governi Letta, Renzi e Gentiloni, nei confronti del partito di Lorenzin, cui tocca raggiungere almeno il 3 per cento per esprimere parlamentari. «Non ho seguito le scelte precedenti , né quelle di adesso, ma il progetto lo vedo tardivo e confuso – ammette l’ex senatore Firrarello a MeridioNews – e peraltro collocato in un’area che, nel Sud, non è appetibile». L’entusiasmo verso il centrosinistra, sempre confermato dal suo genero Castiglione, sembra così scemare davanti ad un’orizzonte elettorale ancora più ostico di quello delle ultime Regionali. Quando Alternativa popolare, la lista alleata al Pd che accoglieva anche i loro fedelissimi, era rimasta fuori dal Parlamento siciliano.
«Andava organizzato tutto meglio e prima», aggiunge il veterano democristiano senza, però, ridar credito al centrodestra già in odor di vittoria. Dove, tra l’altro, i democristiani ci sono e pure ambiziosi, riuniti nella quarta gamba Noi con l’Italia Udc, la formazione di Lorenzo Cesa e Raffaele Fitto. Trovano spazio lì anche gli uomini del nemico giurato Raffaele Lombardo. «Non mi convincono neppure loro – commenta Firrarello, che il Parlamento l’ha salutato nel 2013 – un conto è l’Udc, altro è invece fare di tutto per superare la soglia, e d’altronde questo centrodestra può anche vincere le elezioni, ma non so se avrà un futuro».
Il fiuto e l’esperienza di Firrarello non tornano così utili per far sgombrare le nubi, tanto a sinistra quanto a destra. Qualche consiglio per Castiglione arriverà, ma la scelta sarebbe tutta del sottosegretario: «Lui decide da solo, la sua candidatura non è sicura come d’altronde tutte le cose della vita, ma neppure la escludo», dice criptico il suocero parlando ancora del genero. Si vedrà nelle prossime ore.
Che, tuttavia, i brontesi non siano più renziani come un tempo, è sensazione che resta viva. Spuntano così altre voci da ambienti sempre legati alla segreteria firrarelliana di corso Sicilia, secondo cui un fedelissimo della casa, in lista, alla fine ci sarà. Nel centrodestra però, forse addirittura in Forza Italia, senza chanche d’elezione ma con l’idea di riannodare i fili del dialogo. In realtà mai del tutto spezzatosi, ad esempio, fra due europarlamentari come Salvo Pogliese, leader forzista a Catania, e Giovanni La Via, vicepresidente della Regione designato dal Pd al momento ancor più defilato del solito. «Ognuno fa quello che vuole, non possiamo decidere noi per tutti», si limita ad aggiungere il senatore Firrarello.
Con o senza Castiglione, comunque, qualcuno in Civica popolare dovrà andarci. Meno dubbi ci sarebbero su Marco Forzese. Non è chiaro se si candiderà lui stesso o un fedelissimo, ma l’ex deputato regionale Udc – a novembre non rieletto nonostante gli oltre 7mila voti – sarebbe ancora vicino al progetto Lorenzin in forza del legame sempre forte con Pierferdinando Casini. Accanto a lui, potrebbe spuntare un’altra vecchia conoscenza etnea: Salvo Raiti, l’ex deputato di Linguaglossa in quota Italia dei Valori e Pd, candidato anche nel 2013 al Senato per Scelta civica.
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