In una campagna elettorale già breve di suo e veloce come un tweet, qualcuno aveva già avanzato dubbi sull’appeal telegenico che avesse potuto riscuotere Pietro Grasso. E lo stesso presidente del Senato non nasconde di faticare a prendere confidenza con la corrida delle Politiche, distante quasi per antropologia da mitezza e sorrisi paciosi del leader di Liberi e Uguali. «Io ci provo a parlare di problemi, ma la comunicazione spesso si incentra e si blocca su alcuni temi prediletti, si fa a chi la spara più grossa», dice Grasso durante una colazione con i giornalisti a Catania. Ma l’ex pm fattosi candidato premier per riunire l’elettorato di sinistra «che Renzi ha abbandonato» resta fedele ai suoi «toni misurati e proposte concrete».
Davanti ai fatti di Macerata, ma anche sul ritornello delle possibili alleanze post 4 marzo, Grasso si smarca dalle polemiche. «L’antifascismo è bene comune e fondante, il Pd mi è sembrato debole nel non aderire alla manifestazione, che poi malgrado le ritrosie di Minniti è stata un successo», commenta riferendosi al corteo antirazzista di ieri nella città marchigiana. Lo spazio della sinistra è tutto lì, nel ricercare la connessione con quel popolo sceso in piazza, ma ben dentro «l’alternativa progressista di governo che noi siamo». Provando a spezzare binomi che si danno per scontati «come quello fra sicurezza e immigrazione». «Lo Stato deve colpire chi delinque, ma è sbagliato confondere i piani. I problemi dell’accoglienza vengono da leggi come la Bossi-Fini. Le paure non bisogna alimentarle, ma bisogna accompagnarle, spiegarle».
Accantonato il bipolarismo senza alcun rimpianto, le logiche del proporzionale potrebbero giocare a vantaggio di LeU. Grasso richiama la nuova cornice politico-elettorale italiana ogni volta che può: «Il maggioritario non c’è più, c’è un sistema basato sulla rappresentanza dove tutti coloro che interpreteranno i valori che noi proponiamo, ci troveranno pronti a dialogare».
C’è dunque una ragione ambientale, appunto di sistema, se a detta del suo leader la nuova sinistra italiana non vive alcuna ansia da prestazione davanti al paragone con i rampanti – e perdenti – recenti esempi dal resto del mondo. Pazienza per Sanders, Corbyn o Mélenchon: «L’importante nella vita è impegnarsi e credere nelle proprie idee, poi non occorre fretta. I risultati verranno se credi nelle idee e continui a impegnarti – rimarca l’ex procuratore nazionale antimafia -. In un sistema sostanzialmente proporzionale ognuno viene rappresentato con le proprie forze, per questo penso che la polemica sul voto utile è inutile». Chi è di sinistra dovrebbe votare LeU, anche se mancano le vecchie etichette: «Nel nostro logo mettiamo al centro i cittadini perché parliamo di libertà e l’uguaglianza, elementi fondanti della Costituzione – sottolinea Grasso – Vogliamo cittadini liberi da paure e ristrettezze e uguali nelle opportunità».
E l’aplomb lascia spazio di nuovo ai sorrisi quando si torna al recente passato. Alle ultime Regionali siciliane, quando in estate il nome di Grasso sembrava incarnare quel colpo di fortuna cercato dal Pd – partito poi abbandonato a ottobre – per scongiurare la disfatta poi effettivamente arrivata. È stato tutto un problema di tempi, dice l’ex pm rispondendo a precisa domanda e chiamando in causa proprio il sindaco di Catania, Enzo Bianco: «Fu lui il primo a fare il mio nome, io sarei stato felicissimo di mettermi a disposizione della mia terra. Fossero le elezioni arrivate qualche mese dopo, forse avrei anche accettato. Ma dovevo completare un compito, da presidente del Senato dovevo affrontare ancora appuntamenti importanti, non era il momento adatto».
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