No Triv, da sei Regioni sì a quesiti sul referendum Ma Crocetta non c’è. Ars deciderà il 23 settembre

Oltre 94mila firme raccolte su avaaz.org, la pressione costante del coordinamento nazionale No Triv e del Movimento 5 stelle, il ruolo di coordinamento assunto dal presidente della Regione Puglia Michele Emiliano hanno reso possibile, il 18 settembre scorso alla Fiera del Levante, l’approvazione di un referendum nazionale contro le trivelle in mare. O meglio, per abrogare «le norme dello Sblocca Italia che autorizzano la ricerca di petrolio e le trivellazioni nel mare Adriatico e Ionio», come precisa lo stesso Emiliano, a commento della foto che lo vede insieme ai presidenti delle Regioni interessate. 

Ancora una volta a risultare assente a questi incontri è Rosario Crocetta. Nonostante la Sicilia sia interessata agli effetti del referendum abrogativo. Come ricorda Salvatore Mauro, No Triv di Montevago, provincia di Agrigento, «attualmente nel canale di Sicilia ci sono in fase di autorizzazione ben nove istanze di trivellazioni petrolifere che a suo tempo il decreto legislativo Sviluppo Italia del 2012 ha riaperto, autorizzazioni che lo Sblocca Italia semplifica e di cui accelera i tempi». 

Entro il 30 settembre almeno cinque consigli regionali devono votare la delibera (unica e i cui quesiti sono stati formulati a Bari) sull’indizione del referendum. All’Assemblea regionale Siciliana l’appuntamento è fissato per il 23 settembre. C’è da capire la volontà politica dei deputati all’Ars. Finora a schierarsi apertamente contro i nuovi progetti di esplorazione e di ricerca petrolifera sono stati solamente i Cinquestelle. Che allo stesso tempo a Gela devono fare i conti con un protocollo d’intesa, firmato il 6 novembre scorso dalla precedente amministrazione a marca Pd, che prevede trivellazioni a mare ed investimenti per 1 miliardo e 800 milioni di euro

Per questo motivo il comitato No Triv di Licata, poco prima del tavolo al ministero dello Sviluppo economico a cui ha partecipato l’amministrazione gelese, ha scritto una mail al sindaco di Gela Domenico Messinese. «Inutile dire – affermano gli attivisti – che la comunità di Licata si aspetta che venga ridimensionata la smania devastatrice di Eni e che vengano fermati i progetti di trivellazioni, coerentemente con quanto da lei promesso in campagna elettorale». Un appello al quale Messinese però non ha finora risposto. Interpellato al telefono da Meridionews, il sindaco pentastellato si giustifica: «Rientro domani, sono stato tra Roma e Milano per parlare di Gela all’Expo e non ho letto la mail». Per poi ribadire un messaggio implicitamente rivolto anche alla frangia dissidente dei Cinquestelle, con le due fazioni ormai separate in casa e con due meetup diversi: «Quel protocollo e l’accordo di programma su cui stiamo lavorando sono due cose distinte e separate». 

Resta il fatto che i progetti Eni in Sicilia, al netto di una riconversione finora rimasta sulla carta, si incentrano sul progetto offshore ibleo. «Col prezzo attuale del petrolio e con la scoperta del giacimento in Egitto, sono convinto che sia un progetto che muore da solo – conclude Messinese – Non conviene metterci il becco».  


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