New York New York/Siria, non c’è solo Assad

Lo “spread” ritorna a salire, la Spagna fa tremare le Borse… Le gravi malattie dell’economia globale, che turbano i sogni del popolo occidentale, sarebbero poca cosa rispetto alle conseguenze dei conflitti che si stanno propagando dall’Africa al Medio Oriente fino all’Asia.

Proprio ieri è stata approvata dal Consiglio di Sicurezza dell’Onu una risoluzione sulla Siria. Per oltre un anno, il CdS era rimasto paralizzato dai veti della Russia e della Cina, adesso arriva un voto unanime sulla risoluzione 2042 che serve ad autorizzare l’invio di una trentina di osservatori dell’Onu in Siria per monitorare il rispetto del cessate il fuoco e agevolare il piano di pace in sei punti dell’inviato speciale Kofi Annan accettato dal regime di Assad.

Buone notizie finalmente? Già, ma dalle dichiarazioni dei Paesi protagonisti, si capisce quanto ormai una guerra civile in Siria possa far scatenare un conflittto generale nella regione con conseguenze inimmaginabili.

Susan Rice, la tosta ambasciatrice di Obama all’Onu, presidente di turno del CdS, nell’annunciare il passaggio della 2042, ha ribadito come tutto resti nelle mani del regime di Assad e che, dati i precedenti, lo scetticismo resta diffuso. Queste dichiarazioni di Rice riflettevano una prima versione della risoluzione che è stata bloccata venerdí. Perché come ci ha tenuto a precisare dopo l’approvazione l’ambasciatore russo Vitaly Churkin, è grazie all’intervento di Mosca che nella nuova versione della risoluzione approvata sabato le colpe delle violenze e del non rispetto dei diritti umani viene attribuita anche ai “gruppi armati” che si oppongono al regime di Assad. Poi anche l’ambasciatore siriano Bashar Ja’afari ha proseguito sostenendo quanto sia contraddittorio essere a favore del piano di Annan per il coprifuoco e, allo stesso tempo, continuare a finanziare e dare armi ai ribelli.

Questa volta i russi, e ci pesa dirlo, persino il rappresentante di Damasco, non fanno solo mera propaganda, ma sembrano descrivere una situazione molto più vicina alla realtà di quella che invece i Paesi occidentali si ostinano a sottovalutare o a nascondere.

In Siria abbiamo una guerra civile che potrebbe debordare dai suoi confini. E’ una guerra in cui purtroppo non combattono soltanto coloro che vorrebbero liberararsi da un regime oppressore per godere delle libertà democratiche, ma una guerra dove antichi odi settari sono alimentati da “padrini esterni” che vedono la resa dei conti avvicinarsi.

All’ambasciatore Ja’afari abbiamo chiesto chi fossero i Paesi arabi che appoggiano i “terroristi”, e il diplomatico di Assad non ha esitato a fare i nomi: l’Arabia Saudita e Qatar (che sarebbero appoggiati da Turchia, dagli Usa e da tutti i Paesi che hanno partecipato ad una conferenza ad Istanbul agli inizi di aprile, quindi anche l’Italia). Ora, su democrazia e diritti umani il regime saudita non è certo un modello, ed è vero che da mesi, insieme al Qatar, si adopera per cercare di convincere gli alleati occidentali ad armare e finanziare le opposizioni in Siria.

Ma chi sono questi oppositori? Sono soltanto, come continua a descriverli l’ambasciatrice Rice, pacifici dimostranti spinti dal vento della “primavera araba” e che ora sono costretti a difendersi per non essere massacrati? Certamente ci sono anche loro, ma i gruppi armati autori delle incursioni e attentati più efficaci contro il regime di Assad, non sono mossi da simili ideali. Parliamo quindi della guerra civile tra i gruppi salafiti sunniti-wahabi che combattono gli alawiti vicini agli sciiti. E infatti l’Iran proteggerà ancora Assad.

Giovedì ho chiesto all’ambasciatrice Rice perché continua a chiamarla crisi siriana e non guerra civile. L’ambasciatrice Usa ha ribadito che all’inizio le persone massacrate erano manifestanti disarmati, ma che la situazione potrebbe presto precipitare in guerra civile. Le mosse di Paesi come l’Arabia Saudita stanno alimentando una escalation che il piano di Kofi Annan non potrebbe più arrestare.

Nella polveriera mediorientale, i “cattivi” non sono mai solo da una parte. Ancora una volta, certe strette alleanze occidentali con regimi arabi che dalla democrazia sono distanti tanto quanto quelli dei “nemici”, trasmettono una realtà distorta. In questi giorni di venti di guerra all’Onu, l’ambasciatore russo Churkyn ci appare più concreto e realista dei suoi colleghi occidentali, che nel migliore dei casi sono naïve, nel peggiore in mala fede.

 


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