Miccichè sui tagli agli stipendi e il dialogo con il Pd «È demagogia del risparmio. Coi dem non è inciucio»

Dal tetto degli stipendi dei dirigenti, che andrà abolito a partire dal primo gennaio, all’apertura verso il Pd. Dall’esercizio provvisorio alle elezioni politiche di marzo. Il presidente dell’Ars Gianfranco Miccichè ha affrontato, nel giorno degli auguri natalizi alla stampa parlamentare e ai dipendenti di palazzo dei Normanni, le priorità sulla scena politica. Il primo intervento in agenda sarà quello finanziario: «Il presidente Musumeci ha detto che sabato ci sarà giunta e potremmo ricevere le carte per approvare quanto prima l’esercizio provvisorio. Abbiamo promesso che entro il 27 dicembre sarà esitato tutto», ha detto il presidente dell’Ars, confermando che il parlamento approverà l’autorizzazione al governo a esercitare la spesa in dodicesimi per almeno due mesi. 

Subito dopo passa alla questione del tetto degli stipendi dei dirigenti dell’Ars. Quel tetto di 240mila euro stabilito dall’ex ufficio di presidenza e dall’ex presidente Giovanni Ardizzone, in una sorta di battaglia contro gli sprechi che aveva portato a 77,8 milioni di tagli orizzontali in cinque anni. Miccichè si è dichiarato contrario a quella che ha chiamato «demagogia del risparmio» a tutti i costi. «È giusto che chi lavora bene e con ruoli di responsabilità ottenga uno stipendio adeguato a fine mese», ha aggiunto, lasciando intravedere il via libera anche all’abolizione di misure restrittive che blocchino i compensi dei vertici della burocrazia. Miccichè, senza nominarlo, ha lanciato una bordata ad Ardizzone che aveva lasciato sulla scrivania del suo successore un biglietto che ricordava i tagli ai costi dell’Ars e della politica, per nulla condivisi dall’attuale numero uno dell’ars. «Qualcuno si è vantato di fare i tagli? Lo ringrazio, ha fatto bene a vantarsi perché è riuscito a far risparmiare l’Ars, anche se non sono sicuro che sia così. Oggi questa Assemblea deve funzionare. Siamo in una situazione di tale crisi per cui c’è bisogno che la Regione tutta funzioni in maniera straordinaria. Sono assolutamente convinto che al governo si sta lavorando in questa direzione e la stessa cosa dobbiamo fare noi». 

Altro punto in cui il presidente ha rivelato una posizione di frontiera è il voto all’ufficio di presidenza che ha portato il Pd ad ottenere un segretario, grazie ai voti del centrodestra. Anche se è la prima volta nella storia dell’Ars che moderati di sinistra non ottengono una delle 5 poltrone di rilievo nell’organo parlamentare. «Con un accordo ben preciso nella maggioranza abbiamo votato per un candidato che ci è stato fornito dal Pd. Per me è un bell’inizio, segno di una maggioranza che parte senza voler afferrare tutto. Ringrazio la mia maggioranza, ma anche l’intelligenza del Pd perché in altri tempi non l’avrebbero fatto gridando all’inciucio». Fuori dai giochi sono rimasti così i partiti più piccoli Sicilia Futura e Fratelli d’Italia, tanto che il coordinatore regionale di Fdi Giampiero Cannella ha parlato di «scelta politicamente inaccettabile». Miccichè ha chiarito la faccenda che ha portato comunque a malumori nella maggioranza. «ll sostegno del centrodestra al Pd per l’ingresso dei democratici nell’ufficio di presidenza dell’Ars è stato portato in maggioranza ed è stato anche accettato. Quando ne abbiamo discusso – ha specificato – c’era anche Fratelli d’Italia, si vede che dopo hanno cambiato idea». Ma non sono pochi a vedere in questo endorsement in favore del Pd le prove generali per un dialogo alle politiche. Argomento che Miccichè schiva subito: «Non so cosa sia il partito della nazione, io sono di Forza Italia. Vinceremo le elezioni nazionali alla grande e non avremo bisogno di niente». Sulla collaborazione con il Pd. «Se non si dialoga si fa solo danno alla comunità. Questo non significa inciucio».


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