«Si è avuta la prova di come le strutture pubbliche per sopperire ai bisogni delle donne siano poche». A parlare è Benedetta Tringali, una delle fondatrici di una realtà nata prima dello scoppio del Covid. «Per molte i problemi sono aumentati restando a casa»
Mi cuerpo es mio, primo anno del consultorio autogestito «Tante donne aiutate in difficoltà durante la pandemia»
Un banchetto di sostegno per le donne del quartiere Picanello, un corso online di preparto, uno sportello psicologico e uno di consulto ginecologico, numerose iniziative di autofinanziamento e consulenza legale su richiesta. Questi i servizi attivati gratuitamente in un solo anno dalle fondatrici del consultorio autogestito Mi cuerpo es mio, costantemente impegnate nel sostegno delle donne in difficoltà, soprattutto di fronte alla pandemia che ha determinato il rallentamento e anche la chiusura temporanea dei consultori pubblici. «Abbiamo ricevuto centinaia di richieste di aiuto da donne di tutte le età», racconta la cofondatrice Benedetta Tringali a Meridionews.
Ispirate dall’idea di recuperare il consultorio come centro di aggregazione e sostegno femminile, le fondatrici si sono ritrovate ad affrontare una sfida ancora più grande: la diffusione del virus, che ha stravolto l’organizzazione dei loro progetti, ma non l’attuazione. «Abbiamo attivato sin da subito uno sportello di ascolto psicologico gratuito – spiega Tringali – grazie alla nostra equipe, formata da due psichiatre, una psicoterapeuta e due psicologhe, gestendolo in parte on line e in parte in presenza, a seconda delle restrizioni vigenti».
Le richieste di assistenza ricevute sono aumentate con la chiusura dei consultori pubblici e dei servizi forniti dagli ospedali a causa della pandemia. «Il Covid – prosegue Tringali – ci ha dimostrato che ci avevamo visto lungo quando ci eravamo rese conto dell’insufficienza delle strutture pubbliche per sopperire ai bisogni delle donne nel territorio etneo. Ma sono state proprio le loro istanze di aiuto e le loro storie a darci la forza di non fermarci e di affrontare tutte le difficoltà che si sono presentate oltre ogni previsione possibile». E così, non potendo utilizzare gli spazi della sede di via Crociferi, le volontarie hanno letteralmente portato il consultorio su strada e, precisamente, nel problematico quartiere di Picanello, dove ogni venerdi mattina organizzano un banchetto per la raccolta di beni da destinare alle più bisognose.
«Per superare ogni diffidenza abbiamo iniziato la nostra attività sul territorio affiancandoci a un banco alimentare, tramite il quale ci siamo presentate – continua -. Abbiamo offerto alle donne del quartiere assorbenti, latte, coppette, oli per le smagliature per le mamme. Poi piano piano siamo diventate anche un riferimento per loro e, iniziando a conoscere le singole storie, abbiamo potuto portare anche beni più personalizzati, come il latte in polvere per le madri di figli piccoli. Anche queste cose – sottolinea Tringali – sono beni di prima necessità. Ci sono donne costrette a scegliere se comprare la pasta o i pannolini per i figli. Ma non solo: sebbene il richiamo più forte resti quello economico, le abitanti hanno anche riscoperto la necessità e la voglia di parlare di loro stesse».
Un’attività intensa e possibile solo grazie a continue iniziative di autofinanziamento: dalla lotteria della Befana alle numerose cene organizzate nella terrazza di via Crociferi, la cui sede è stata nel frattempo ristrutturata e ultimata. Ma un’altra grande risorsa è la rete di relazioni costruite dalle volontarie. «Anche se non abbiamo nessuna collaborazione diretta con le istituzioni pubbliche – continua la cofondatrice – abbiamo instaurato ottimi rapporti con singole professioniste che sono la nostra forza, in quanto ci aiutano a indirizzare alle strutture pubbliche disponibili le donne che non riescono a prenotare autonomamente visite mediche urgenti. Il problema si è posto, in particolare, per le interruzioni volontarie di gravidanza, per le quali durante la pandemia si sono create liste di attesa lunghissime, che rischiano di far scadere i termini di legge per abortire legalmente».
Insomma, le difficoltà non sono mancate. «Abbiamo dovuto imparare ad accettare di non potere intervenire sempre in modo del tutto risolutivo. Ma, anche se la pandemia ci ha impedito tante cose, tra cui di poter utilizzare i nostri spazi per incontri ampi, l’uso dei social ci ha aiutate a farci conoscere subito e a metterci in contatto le donne in difficoltà, spesso affette da uno stato depressivo dovuto a problemi familiari e personali che si sono acuiti stando a casa».