I sigilli al locale di via di Sangiuliano sono stati apposti questa mattina dalla squadra mobile. Per gli investigatori l'esercizio commerciale sarebbe riconducibile a Salvo Caruso, accusato di essere un prestanome del boss Roberto Vacante, genero di Santapaola e volto imprenditoriale della famiglia. Guarda video e infografica
Mafia, sequestrato ristorante Pitti di via Sangiuliano Società vicina al presunto prestanome di Vacante
L’ultima notizia che riguarda il
ristorante Pitti sono i sigilli che stamattina ha apposto la polizia di Stato. Questa mattina, su delega della procura di Catania, gli agenti hanno eseguito il sequestro preventivo della società Sangiuliano srl, quella che gestisce il noto ristorante di via di Sangiuliano. Lo stesso finito nell’occhio del ciclone per la presunta partecipazione, sempre smentita con forza e mai dimostrata, del ministro dell’Interno Angelino Alfano alla serata d’inaugurazione. Per gli investigatori, si tratta di un provvedimento legato all’operazione antimafia Bulldog dello scorso 21 gennaio 2016, che coinvolgeva anche Salvatore Caruso (classe 1954). Sarebbe lui, secondo le forze dell’ordine, il reale intestatario dell’esercizio commerciale. Gli affari della famiglia Caruso – un lungo elenco che coinvolge anche autolavaggi, noleggi e parcheggi – erano finiti al centro di un’inchiesta pubblicata a marzo su MeridioNews, all’interno della quale veniva citato anche il ristorante Pitti, adesso sequestrato.
All’inizio del 2016 l’inchiesta
Bulldog aveva portato all’arresto di 15 persone, accusate a vario titolo di associazione a delinquere di stampo mafioso poiché ritenute vicine alla famiglia Santapaola-Ercolano. E, in particolare, al gruppo guidato da Roberto Vacante (classe 1963), genero del defunto Salvatore Santapaola e marito di Irene, rispettivamente fratello e nipote del capomafia Nitto. A finire con le manette ai polsi anche Salvatore Caruso che, secondo gli inquirenti, era più di un faccendiere di Vacante. «Uomo di fiducia», «alter ego», «compare» e «gregario», lo definiscono i magistrati. E perfino l’ex padrino Eugenio Sturiale, oggi pentito, ricorda una conversazione in cui il parente di Santapaola parlerebbe di Caruso come di una «persona seria».
Da quei giorni a oggi le indagini sono andate avanti e avrebbero evidenziato che la società
Sangiuliano srl, proprietaria del Pitti, sarebbe riconducibile proprio a Caruso. Sebbene il titolare dell’impresa sia Gianluca Giordano (classe 1979), compagno di Linda Caruso (classe 1984), figlia di Salvatore. Tutti rapporti raccontati anche in un’infografica diffusa da questa testata. Secondo la procura, circa 100mila euro di un’altra attività di ristorazione già di proprietà di Salvatore Caruso e sequestrata a gennaio, sarebbero confluiti nel finanziamento del Pitti. Motivo per il quale i Caruso padre e figlia e Giordano sono indagati per intestazione fittizia di beni.
Nella prosecuzione dell’inchiesta, però, c’è anche
Giuseppe Caruso, figlio di Salvatore e fratello di Linda, a cui viene contestata l’appropriazione indebita di 85mila euro portati via da un’altra attività sotto sequestro. Non solo: Gianluca Giordano è accusato anche di truffa ai danni dello Stato, «per essersi appropriato, con artifizi, di generi alimentari destinati ad altra attività di ristorazione sottoposta a sequestro giudiziario». Si tratta del ristorante l’Oste di Tremestieri, in via Roma 10/12 nel Comune etneo: formalmente intestato a Fabio Alberto Levantino e Maria Mihaela Ciociu, ma gestito, come confermato dalla stessa a MeridioNews a gennaio, da Linda Caruso.
Sempre dall’Oste di Tremestieri, Giordano, la sua compagna e il dipendente Francesco Salamone si sarebbero appropriati indebitamente, «con il sistema della mancata fatturazione», di parte degli incassi. La coppia, poi, avrebbe usato all’Oste un pos collegato al conto della Sangiuliano srl per accreditarsi parte degli incassi del locale a cui già erano stati apposti i sigilli.