Lombardo, i ricorsi alla Consulta e le ragioni della Sicilia. Urge una nuova Alta Corte

Al di là delle motivazioni che hanno spinto il governo regionale a impugnare il decreto “Salva Italia” dinnanzi alla Corte Costituzionale, motivazioni che secondo il senatore dell’Udc, Gianpiero D’Alia (e non è il solo) sono da ricercare nelle disastrosa situazione finanziaria in cui versa la Regione siciliana (come vi abbiamo raccontato in questo articolo) è innegabile che esista un problema tra la Sicilia e la Corte Costituzionale. Che puntualmente, da 60 anni a questa parte, rigetta  tutti i ricorsi siciliani relativi all’attuazione dello Statuto autonomistico. Specialmente quando si tratta di soldi. Lo Stato italiano, per essere più chiari, attraverso la Corte Costituzionale, ha sempre risposto picche alla richiesta della Sicilia di vedere applicato l’articolo 37 e 38 dello Statuto siciliano.
Si tratta di quella parte dello Statuto che affronta un tema fino ad oggi ignorato: le imposte pagate dalle aziende – in molti casi dalle grandi aziende – che hanno stabilimenti in Sicilia, ma sede sociale altrove, per lo più nel Centro Nord Italia. Ebbene, fino ad oggi, grazie a una politica siciliana di ‘ascari’ (cioè di venduti agli interessi delle aree ‘forti’ del nostro Paese), queste imposte vengono versate nelle regioni italiane dove questi grandi gruppi economici e imprenditoriali hanno la sede sociale. Una truffa e un ladrocinio ‘legalizzato’ ai danni della Sicilia.
L’esempio eclatante dell’ingiustizia che, ancora oggi, si consuma a danni della Sicilia lo forniscono le raffinerie presenti in Sicilia, e precisamente nell’area industriale di Siracusa (per esempio, ad Augusta), ma anche a Gela.  Ebbene, queste raffinerie producono oltre il 50 per cento delle benzine utilizzate nel nostro Paese. Per farlo inquinano la nostra area, la nostra agricoltura, in una parola, avvelenano il nostro ambiente. Mentre le imposte – sembra incredibile! – le vanno a versare in Lombardia e nelle altre regioni ricche dell’Italia. Regioni ricche che diventano ogni giorno più ricche grazie anche alla ‘scippo’ – ripetiamo, ‘legalizzato – operato ai danni della Sicilia e dei siciliani!

Ebbene, ogni ricorso fatto negli ultimi 60 anni su questi argomenti, al di là del nome del proponente, ovvero di chi ha guidato il governo della Regione, è stato rigettato. Un approccio costante che aiuta a non stupirsi dinnanzi alle proteste che imperversano sulla rete, social network e giornali online, e che mirano ad un obiettivo: il ripristino dell’Alta Corte. Cosa è?

L’obiettivo della sua istituzione, disciplinata dall’articolo 24 dello Statuto era quello di creare un organo di costituzionalità di tutte quelle norme che si devono applicare in Sicilia, qualunque sia la fonte. Nei suoi 10 anni di attività, dal 1947 fino alla sentenza del 1957 che ha stabilito l’assorbimento delle sue funzioni da parte della Corte costituzionale, nella giurisprudenza dell’Alta Corte deve essere menzionata una celebre sentenza, quella del luglio 1949, con la quale essa impedì che il Parlamento italiano modificasse con legge ordinaria lo Statuto siciliano. All’assorbimento delle funzioni dell’Alta Corte da parte della Corte Costituzionale si è arrivati “per mezzo di una sentenza illegittima”. “L’autonomia è stata scippata ai siciliani con un vero e proprio colpo di stato, lasciandola nelle mani di un organo giurisdizionale (Corte costituzionale, ndr) che non è terzo e che dimostra quasi ad ogni sentenza la propria parzialità e il proprio centralismo, smantellando pezzo a pezzo l’autonomia siciliana a colpi di interpretazioni abrogative”.

A parlare è Massimo Costa, docente di economia aziendale all’Università di Palermo e, soprattutto, profondo conoscitore della storia siciliana e degli aspetti tecnico-giuridici dello Statuto autonomistico.
Commentando l’articolo di questo giornale in cui si da notizia dell’attuale ricorso el governo regionale contro il decreto “Salva Italia” di Monti e del giudizio del senatore D’Alia, Costa entra nel merito dei rapporti storici tra Regione siciliana e Corte Costituzionale italiana.  E al di là dei meriti o demeriti di un governo siciliano ora guidato da questo o quel’altro politicante (e sappiamo bene che il governo attuale ha grossi limiti, lo abbiamo raccontato in tutte le salse su questo giornale)sottolinea, ancora una volta, la necessità di ripristinare l’Alta Corte per la Regione siciliana. A stretto giro, e sempre su questo giornale, gli risponde D’Alia. Un confronto interessante che riportiamo per intero:

I ricorsi della Regione sono giuridicamente ineccepibili. Lo Stato, e quindi l’Italia, more solito, toglie risorse alla Sicilia, e lal tempo setesso le attribuisce spese” scrive il professor Costa su LinkSicilia “uno strano federalismo in cui le spese sono nostre, mentre le entrate, in gran parte, non sono nostre. Poi vengono i “gufi” dei partiti italiani in Sicilia ad attaccare il Governo perché starebbe andando in default. Vadano da Casini a protestare piuttosto … ma si sa che la Sicilia si vende ogni giorno per un piatto di lenticchie.
Già oggi il residuo fiscale della Sicilia è negativo, nonostante conti truccati dicano il contrario. Ho più volte, dalle pagine di questo giornale e non solo, evidenziato e dimostrato come la Sicilia, mediamente più povera dell’Italia, paghi letteralmente un prezzo per far parte dell’Italia, cioè dia al Continente più di quel che riceve. E già questo di per sé è scandaloso, giacché etica e buon senso vorrebbero il contrario: e cioè che le risorse pubbliche vadano da dove ce n’è di più a dove ce n’è di meno. Adesso lo Stato, sotto la spinta di poteri forti che non rendono conto a nessuno, spinge sull’acceleratore e compie nuovi, ennesimi, abusi ai nostri danni.
L’unico errore del governo regionale, se così può dirsi, è quello di affidarsi alla Corte Costituzionale che è giudice sbilanciato a favore dello Stato, forse anche perché “geneticamente” incompetente a dirimere i conflitti di attribuzione tra Stato e Regione che, in ragione dell’eccezionalità delle norme statutarie siciliane, prevedevano a buon diritto (e prevedono  ancora, sul piano della legittimità formale) un foro costituzionale speciale: l’Alta Corte per la Regione Siciliana.
Affidarsi alla Consulta è come affidare all’imputato il verdetto. Si perde sempre perché l’imputato si assolve sempre. Il problema forse è politico. Fare parte dell’Italia a questo punto, di un’Italia che ci impoverisce ogni giorno di più e che non rispetta le sue stesse norme costituzionali, è un bel sogno romantico che non ha più nessuna possibilità di realizzarsi senza fare suicidio, anzi genocidio di sé. Bisogna informare tutti i Siciliani di come stanno realmente le cose e regolare infine la questione con un plebiscito. Di fronte alla volontà popolare non ci sarà “Gruppo Bilderberg” che tenga. Si dovranno piegare come in Islanda. E se lo perderemo, pazienza. Vorrà dire che siamo noi stessi (come lei) a voler essere sfruttati. Ma in tal caso lo sfruttamento sarà cosa buona e giusta e ce lo saremo meritati”. Massimo Costa

La risposta di D’Alia  (nella foto sotto) è la seguente:Vorrei dire a Massimo Costa che tutti abbiamo a cuore le sorti della nostra bella regione ma i soldi che ci meritiamo non li possiamo più sperperare come è stato fatto fino ad oggi mandando in fallimento la regione. Di questo si tratta. Se oggi non si chiude il bilancio della regione è perché c’è un buco-voragine nei conti della sanità che certamente non ho fatto io né lei. Né io né lei abbiamo fatto tutte quelle scellerate assunzioni al 118; né io né lei abbiamo nominato primari e medici senza tenere conto delle esigenze reali della Sicilia e potrei continuare. Ora che l’Italia e l’Europa sono in crisi ognuno deve pagarsi il suo di conto purtroppo” scrive il senatore dell’ Udc su Linksicilia “né io né lei abbiamo votato il federalismo fiscale che porta a queste conseguenze. Io so solo che le sentenze della Corte Costituzionale si rispettano e non si può fare finta di niente buttandola sempre in rissa sull’autonomismo e il rivendicazionismo per nascondere le tante nefandezze e le tante inefficienze di questo governo regionale (a partire dalla perdita dei fondi UE perché ne sono stati spesi solo il 4%). evitiamo quindi di farci male da soli e alziamo la testa e, soprattutto, usiamola
cordialmente”

Gianpiero d’Alia

 

Ribatte Costa:” Gradisco la sua risposta, Onorevole, e la invito, nel mio piccolo, a continuare le sue battaglie politiche. Mi faccia solo aggiungere che coltivo un sogno, che se molti siciliani lo condivideranno potrà diventare realtà.E questo è che le forze politiche siciliane, tutte, si facciano a pezzi, lottino senza esclusione di colpi in un asprissima (anche se legale) contesa politica. Che i governi governino, le opposizioni si oppongano e i cittadini votino secondo convinzione e partecipazione e non secondo il bisogno.Ma che – e questo conta – al tempo stesso i “feroci” nemici non facciano mai patti all’esterno, sia pure in Italia, per depotenziare o destrutturare le nostre istituzioni. Anche nei partiti nazionali, e vorrei dire soprattutto, deve essere posta con forza la Questione Istituzionale siciliana. Che non è questione giurisprudenziale ma politica. L’Italia non rispetta, ANCHE per mezzo della Corte Costituzionale, il patto unitario con la Sicilia del 1946. E questo scandalo deve finire. Su questo da cittadino siciliano pretenderei un blocco bipartisan (o multipartisan?) in difesa dei nostri diritti. A costo di far cadere il governo nazionale, se necessario. come facevano a Londra un tempo i deputati irlandesi.Poi, se vorrà e se potrà, faccia cadere anche il Governo Lombardo. Quella è una questione politica interna che decideremo tra noi siciliani  secondo i principi della dialettica democratica.I miei rispettosi saluti”.

Massimo Costa


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