L’incubo dei commissari di Roma sulla Sicilia

Lo spettro del Commissariamento della Regione aleggia minaccioso sulla Sicilia. Tre ‘sceriffi’ nominati dal governo nazionale, potrebbero arrivare a Palermo e prendersi le chiavi della Regione. Qualcuno penserà che qualsiasi soluzione sarebbe meglio dell’attuale governo siciliano. Ma in ballo ci sono la credibilità e l’autonomia delle istituzioni regionali, al di là dei nomi che in questo momento le compongono, e la stessa dignità dei siciliani, di quelli che hanno raggiunto una certa consapevolezza della propria storia. E non sono pochi.
Perché corriamo questo rischio? Perché quest’anno più che mai, l’approvazione del bilancio regionale, è una impresa ardua.
Nel documento finanziario troppe voci anomale, alias, senza copertura finanziaria. Mentre si ripropongono tutte le spese improduttive (la famigerata tabella H, ad esempio, oltre 42 milioni di euro). Insomma, i conti non tornano e non c’è santo a cui rivolgersi. E se a metà aprile non si correggerà il tiro, il bilancio non potrà essere approvato. L’Assemblea regionale siciliana, quindi, potrebbe essere sciolta anticipatamente non per le dimissioni di Lombardo, ma per violazione persistente dello Statuto. E siccome la mancata approvazione del bilancio è una violazione dello Statuto, ecco che l’ ipotesi commissariamento prende sempre più consistenza.
Da qui l’inquietudine di molti siciliani, che pur non avendo argomentazioni in difesa dell’attuale governo siciliano, non si sentono affatto tranquilli all’idea di affidare a Roma le ‘chiavi’ dell’Isola. Sono tutti quei siciliani, ad esempio, che credono che la Repubblica italiana, fin dall’origine della sua storia, ha negato alla Sicilia l’attuazione dello Statuto Autonomistico per mero interesse economico di stampo colonialistico. Sono tutti quelli che credono che i diritti negati alla Sicilia ne abbiano causato il sottosviluppo. E non sono pochi. C’erano prima di Lombardo e del Mpa, e ci saranno anche dopo. 
Sotto la cenere il fuoco arde in Sicilia. Basta dare un’occhiata ai forum specifici dei social network. Non si salva nessun politico siciliano. Ma la sola idea di un commissariamento da parte del governo centrale fa rabbrividire. Quel governo che non ha mai dato nulla di buono alla Sicilia, potrebbe arrivare qui, prendere in mano le istituzioni regionali, e fare ciò che vuole. Prospettiva amarissima. Un altro schiaffo all’Autonomia siciliana, sbeffeggiata da più di 60 anni.
Di chi è la colpa? Certo, se il bilancio della Regione fa acqua da tutte le parti, non è colpa di Roma. E nessuno rimpiangerà i 90 “califfi” dell’Assemblea regionale siciliana, che andrebbero a casa anzi tempo.
Ma il risultato è che i siciliani rischiano di subire pure l’onta di un commissariamento statale se la Regione resterà senza bilancio (o con u bilancio ‘finto’).
Aggiungiamo che i tre commissari dello Stato italiano sarebbero nominati da Mario Monti. Che non è poco.
Quel primo ministro del governo dei banchieri, dei poteri forti e della finanza europea (ovviamente non eletto dal popolo) verrebbe qui a ‘masticarsi’ la Sicilia. Cosa farebbe? Darebbe una mano ai poteri forti che vogliono portare a termine l’impresa della ‘colonizzazione’ della Sicilia? Ad esempio, una spinta al progetto targato Enel-Casini, di fare un rigassificatore a ridosso della Valle dei Templi? Ammazzare le banche di credito cooperativo, uniche realtà bancarie rimaste al servizio del territorio? Chissà. La prospettiva appare come una peste. Non ci resta che pregare Santa Rosalia, patrona di Palermo (e pure Sant’Agata, quella di Catania) affinché ci liberi anche dalla peste del governo Monti e di quella dei nostri politici che ci hanno portato a questo. La speranza è che la classe politica abbia un rigurgito di dignità e che porti in Aula un bilancio decente, magari scontentando i clientes, ma salvando la dignità della Sicilia. Ai lettori ulteriori considerazioni.

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Formazione, tutti a tavola, e… buon appetito

 

 

 

 

 



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Lo spettro del commissariamento della regione aleggia minaccioso sulla sicilia. Tre 'sceriffi' nominati dal governo nazionale, potrebbero arrivare a palermo e prendersi le chiavi della regione. Qualcuno penserà che qualsiasi soluzione sarebbe meglio dell'attuale governo siciliano. Ma in ballo ci sono la credibilità e l'autonomia delle istituzioni regionali, al di là dei nomi che in questo momento le compongono, e la stessa dignità dei siciliani, di quelli che hanno raggiunto una certa consapevolezza della propria storia. E non sono pochi.

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