Meno di un mese fa la donna è stata travolta da un motorino con a bordo due minorenni mentre prendeva da scuola la più piccola di tre figli. Oggi è ancora ricoverata in ospedale. Il fratello del marito ringrazia dalle pagine di CTzen quanti in queste settimane stanno inviando messaggi di solidarietà: «L'amore, l'affetto e l'impegno che ognuno sta mettendo sono preziosi e utili, spesso ci è di forza e conforto»
L’incidente di Gabriella in viale Africa Il cognato: «Un abbraccio a chi ci sostiene»
«L’amore, l’affetto e l’impegno che ognuno sta mettendo sono preziosi e utili, spesso ci è di forza e conforto. Vorrei mandare un grande caloroso abbraccio a tutti». G.G., il cognato di Gabriella, la donna travolta sulle strisce pedonali in viale Africa lo scorso 5 giugno, non rilascia dichiarazioni sullo stato di salute della parente. «È un percorso lungo», si limita a dire. Ma a poco meno di un mese dall’incidente che ha coinvolto la quarantenne, investita mentre prendeva dalla scuola Sante Giuffrida la minore dei suoi tre figli, si sente di ringraziare quanti hanno manifestato la propria vicinanza. «Volevo che fossero ringraziate le tantissime persone che ci sono vicine, si informano, ci supportano moralmente e concretamente – afferma – Tutti coloro che hanno pregato e continuano a pregare per il bene e lieto fine di Gabriella, e coloro che con ogni mezzo cercano di rendersi utili».
Già dalle ore successive all’incidente molti cittadini si sono mobilitati per sostenere Gabriella. Una vicenda, quella che ha coinvolto la donna, avvenuta in un punto tanto trafficato quanto pericoloso della città. Mentre si trovava nel mezzo della carreggiata, con il semaforo pedonale verde e lausiliario del traffico in servizio, è stata travolta da un motorino con a bordo due minorenni sbattendo violentemente la testa. Quattro giorni dopo centinaia di genitori, insegnanti e alunni della scuola hanno inscenato un flash mob per sensibilizzare gli automobilisti al rispetto delle regole stradali.
Ma a essere vicini alla famiglia della donna, ancora ricoverata in ospedale, sono stati in moltissimi, anche in forma anonima. «Qualcuno mi contatta su Facebook, mi scrive che non ci conosce, ma pensa alla nostra famiglia», confessa il cognato. «Sono così tanti che non li cito uno ad uno. Non vorrei che dimenticassi qualcuno. Ma sicuramente – conclude – ognuno saprà che stiamo alludendo a loro».