L’inchiesta Buche d’oro e il futuro delle opere in Sicilia Ievolella: «Attenti, ma non si può prescindere da Anas»

«Attenzione a fare scelte impulsive e tagliare fuori l’Anas. Si corre il rischio che a vedere le strade completate saranno i siciliani della prossima generazione». All’indomani dell’inchiesta Buche d’oro, che ha scosso il mondo degli appalti gestiti dall’ente nazionale per le strade, quello di Gianluca Ievolella, più che un monito, vuole essere un parere da esperto. 

Tanto competente che l’ex ministro delle Infrastrutture Danilo Toninelli, con il bene placito della Regione, aveva individuato in lui la figura giusta a cui affidare i compiti di commissario straordinario per la viabilità in Sicilia. Parlare al passato potrebbe essere improprio, la proposta di nomina infatti non è stata messa in discussione dalla nuova titolare del Mit Paola De Micheli – ministra in quota Pd, ma affiancata nel ruolo di vice dal pentastellato Giancarlo Cancelleri -, ma sarebbe altrettanto imperfetto usare il presente: a quasi tre mesi dall’annuncio, Ievolella non ha ancora ricevuto l’incarico. Per l’ufficialità manca ancora la delibera del Consiglio dei ministri, in veste rinnovata dopo la svolta di Salvini al Papeete e la conseguente rottura con Di Maio.

Nell’attesa che arrivino notizie da Roma, quello di Ievolella sull’Isola è uno sguardo che non arriva da lontano. Dalla primavera 2018, l’ingegnere è a capo del Provveditorato per le opere pubbliche per la Sicilia e la Calabria. «Ho letto le notizie dai giornali – esordisce al telefono -. Cosa vuole che le dica, finché non si lavorerà sulla testa delle persone, certi fenomeni resteranno endemici di un certo tipo di cultura». Per Ievolella, quanto scoperto dalla guardia di finanza nell’area compartimentale di Catania dell’Anas, è la prova di come i meccanismi di controllo interni alla pubblica amministrazione da soli non bastano. «Ma guardi, glielo dico subito: non è questione di aumentare le strutture di controllo. Negli ultimi anni i sistemi di monitoraggio sono aumentati, ci sono operazioni incrociate, meccanismi complicati, ma mi pare evidente che le cose non siano migliorate di tanto – commenta -. La verità è che, fin quando la capoccia della gente non cambia, non si va da nessuna parte».

Dall’inchiesta della procura di Catania è emerso come i funzionari arrestati prendessero mazzette tali da garantire di vivere senza toccare le mensilità garantite dai contratti. «A quei livelli si prendono stipendi di tutto rispetto – sottolinea Ievolella – ma proprio questo particolare fa capire che la corruzione da un punto di vista psicologico è un fenomeno complesso. Non si tratta soltanto di volere più soldi, c’entra anche l’assenza di senso di appartenenza, di responsabilità per ciò che si è chiamati a fare». Al contempo il capo del Provveditorato mette in guardia dalle conseguenze che fatti come quelli dei giorni scorsi possono determinare. «L’azione penale è doverosa che ci sia ed è bene che chi sbaglia paghi, però bisogna stare attenti dal generalizzare – avverte Ievolella -. Uno dei primi effetti che si registrano in questi casi è il rallentamento della macchina». L’ingegnere chiarisce il concetto: «Non dipende soltanto dal fatto che negli uffici il personale diminuisce (perché arrestato, ndr), ma anche dal timore che si diffonde anche tra quei funzionari che invece lavorano in maniera onesta ma temono di ritrovarsi tirati in ballo per responsabilità di altri». A questo proposito, va ricordato come i magistrati abbiano fatto capire che negli uffici Anas di Catania a potere essere direttamente coinvolti nel sistema tangentizio potrebbero esserci diverse altre persone. 

Mentre il lavoro dei militari del nucleo economico-finanziario va avanti, gli arresti di sabato hanno riacceso l’attenzione sul tema del coinvolgimento di Anas nei futuri lavori che dovranno essere fatti sulla rete viaria siciliana. Non solo sulle statali, dove l’ente ha competenza, ma anche sulle provinciali, che per molti restano l’anello debole delle infrastrutture isolane anche per via della crisi finanziaria senza fine delle ex Province. Eppure di risorse a disposizione ce ne sarebbero, specialmente se si parla di fondi europei, ma non è semplice metterle a frutto. In molti casi mancano i progetti e quando ci sono vanno sviluppati o aggiornati, senza contare l’esigenza di gestire i cantieri che dovrebbero sorgere in più parti della Sicilia. 

Nell’ultimo anno, tutte queste considerazioni hanno portato a ragionare sulla possibilità di coinvolgere l’Anas. Un’ipotesi però non apprezzata dal presidente della Regione Nello Musumeci, che periodicamente non ha mancato di lanciare strali alla società, fino a definirla un «cancro». E non è mancato sabato il commento del governatore sugli arresti per corruzione. «Ripeto quello che ho detto per mesi e vorrò ribadirlo, alla prima occasione, anche al presidente Giuseppe Conte – ha dichiarato Musumeci -. Per la Sicilia le infrastrutture statali (cioè tutte le arterie principali) sono un problema. E l’Anas SpA non è stata la soluzione. Prendiamone atto e cerchiamo di lavorare insieme. Le responsabilità penali sono personali, per carità. Ma se il sistema non va o, peggio, se dovesse avere riferimenti anche nell’amministrazione regionale è bene reagire. Chi ruba risorse pubbliche – ha concluso – ruba il futuro dei nostri figli».

Una presa di posizione su cui Ievolella non si sofferma, anche se è inevitabile tenere in considerazione. «Io dico che se si vuole garantire determinate tempistiche nella consegna delle opere ai cittadini, non si potrà prescindere da Anas – afferma il capo del Provveditorato -. In questi mesi mi è parso di capire che si è pensato anche all’opportunità di sfruttare gli accordi quadro della società per l’affidamento dei lavori alle imprese. Poi è chiaro che certe scelte spettano alla politica. Così come – conclude Ievolella – l’assunzione delle responsabilità».


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