Legge sulle unioni civili, la Sicilia ha detto sì Ma all’Ars c’è chi parla di «offesa al cristianesimo»

L’Assemblea regionale siciliana ha approvato – con 50 voti favorevoli, cinque contrari e 15 astenuti – il disegno di legge sulle Norme contro la discriminazione determinata dall’orientamento sessuale o dall’identità di genere – istituzione del registro regionale delle unioni civili. Un provvedimento che, come ha spiegato il presidente di Arcigay Palermo Mirko Pace, «ottiene due obiettivi: tutti i Comuni entro sei mesi dovranno dotarsi del registro delle unioni civili e in più è prevista una estensione delle potenzialità dei singoli registri comunali». Alla seduta ha partecipato anche il presidente della Regione, Rosario Crocetta, che ha chiuso la tornata di dichiarazioni di voto. Il disegno di legge approvato oggi è figlio di una proposta discussa da tutte le realtà lgbt siciliane, con una convergenza politica di Partito democratico e Movimento 5 stelle. 

La discussione ha visto diversi interventi giocati sul filo della scelta morale. «Non ho nulla contro queste persone perché le ritengo persone umane come lo sono io», premette Salvatore Lentini (Sicilia democratica). «Oggi uno si iscrive in un registro, poi se questi si separano c’è il divorzio?», chiede. Secondo il deputato «mettere a votazione una cosa del genere è un’offesa al cristianesimo. Anziché pensare ai tanti cittadini che soffrono maledettamente perché non trovano lavoro, noi stiamo a parlare di discriminazione inesistente». A lui ribatte Salvatore Siragusa (Movimento 5 stelle). «Lo vada a dire alle decine di persone pestate in Sicilia solo perché omosessuali». L’ultima aggressione proprio ieri sera, a Catania. «Le discriminazioni esistono nei posti di lavoro, nelle strade. Se iniziamo a intraprendere un cammino si potrà giungere a un momento in cui non ci siano diversità. È una legge di diritti, che pone la Sicilia all’avanguardia su questo tema». Favorevole anche Articolo 4. «Tristemente ancora oggi si rinvengono atteggiamenti omofobi e discriminatori – afferma Alice Anselmo –  La società è cambiata, non è più quella di 20-30 anni fa. Ci sono coppie che non possono essere una famiglia come quelle cosiddette tradizionali, ma non hanno nulla di meno. Chiedo di essere a passo coi tempi». 

Antonello Cracolici del Pd – primo firmatario del provvedimento – si dice «orgoglioso» per un provvedimento che «stabilisce un principio: le persone in Sicilia sono uguali e l’accesso ai servizi è garantito a tutti». Entusiasta anche l’altro promotore, Fabrizio Ferrandelli, in quota Pd: «Questa legge vale un’intera legislatura. Finalmente il parlamento ha approvato una norma utile e concreta e sono fiero di essere il primo firmatario di un ddl che getta finalmente basi di civiltà e progresso. Verrà strutturato un registro regionale, tutti i Comuni saranno costretti per legge a istituirlo, facendo decadere di fatto la discrezionalità. Quello che si era costituito a Palermo era più che altro un registro simbolico, adesso si è fatto un consistente salto di qualità». Ferrandelli tiene a ringraziare anche il Movimento 5 stelle con il quale «finalmente si è riuscito a collaborare in maniera proficua e non posso non ringraziare Arcigay e l’associazione Palermo Pride con i quali abbiamo scritto il ddl. È stato un percorso lungo, in salita – ha confessato – ma decisivo per la vita delle persone».

Ma in aula si alternano anche le posizioni di quanti reputano quella approvata come una leggemanifesto. Per il gruppo Nuovo centrodestra, che ha optato per l’astensione, «si tratta di una captatio benevolentiae che non avrà nessun riscontro oggettivo», attacca Enzo Vinciullo. Viene lamentata anche una eccessiva vaghezza nei confini designati. «È una famiglia in cui possono essere più i soggetti coinvolti? In cui si possono avere più mogli o mariti? Si tratta di una legge poco incisiva a un problema serio che andava affrontato in maniera più concreta». Con lui concorda Girolamo Turano (Udc): «Io non credo che la Sicilia abbia bisogno di una legge di questo tipo – dichiara – Se su questi argomenti l’Ars non ha potestà legislativa, di cosa stiamo parlando? Che cosa stiamo producendo? Una legge che non produce effetti?». Posizione condivisa anche da Salvatore Cordaro (Grande Sud): «Da domani le garanzie dei soggetti che sono oggetto di questa legge non cambiano. Non diventano di più né di meno. Secondo me sbagliamo quando parliamo di una legge che determina una rivoluzione per i i diritti civili». Ma il deputato annuncia – «pacatamente» – il voto favorevole. 

Nello Dipasquale (gruppo misto), dal canto suo, chiede interventi altrettanto celeri a favore delle famiglie numerose e in condizioni di disagio economico. Una proposta appoggiata anche dal presidente Giovanni Ardizzione, il quale dichiara a pochi istanti dalla messa ai voti di volersi astenere. «La legge è condivisibile sul piano generale, ma c’è stata una forzatura di carattere ideologico».

A chiudere il giro di dichiarazioni è il presidente Crocetta che ripercorre anche il dibattito in aula degli ultimi giorni. «Quale libertà lede una coppia di fatto nei confronti degli altri cittadini? Credo nessuno – afferma – Un registro cosa sancisce? Soltanto che quell’esperienza, che fino a oggi avviene in modo quasi clandestino, nella non ufficialità, possa essere vissuta facendola conoscere alle pubbliche autorità. Non è meglio?». Crocetta precisa come a poterne usufruire possano essere le coppie etero, «che sono in gran numero il numero più alto tra quelle che esistono in Italia». E conclude: «Anche sul piano della carità cristiana non ci viene chiesto di giudicare gli altri. Ci viene chiesto l’esercizio della carità, del perdono per chi è convinto che quelle persone vivano nel peccato, e di non fare i giudici».

«Abbiamo delle lievi perplessità per i diversi articoli modificati attraverso gli emendamenti», sottolinea Alessandro Motta, presidente di Arcigay Catania. «Soprattutto per la questione dell’educazione alla differenza nelle scuole, che ha lasciato un più vago riferimento ai diritti umani. E poi c’è da considerare che ciò che è previsto da questa legge non deve rappresentare un ulteriore onere per i bilanci della Regione. Ma in un momento come questo, non possiamo che essere felici per questo importante traguardo per le associazioni siciliane». Da analizzare con interesse saranno «le ricadute pratiche di un registro regionale». In Sicilia l’istituto giuridico è stato approvato in territori come Bagheria, Niscemi, Mazzarrà Sant’Andrea (Messina), Milazzo, Pozzallo, Taormina, Troina, Piazza Armerina, Lipari. Tra i capoluoghi, però, solo a Catania e Palermo. «Si allarga il territorio – riflette Motta – e anche le potenzialità. I comuni possono fare poco, ma se l’accesso ad alcuni diritti di competenze regionale fossero allargate, potremmo finalmente cominciare a vedere qualcosa di concreto». 

«Siamo felici e siamo fieri di aver vinto questa battaglia, anche se sappiamo bene che la strada è lunga. Il prossimo passo saranno le leggi nazionali», afferma Daniela Tomasino, ex presidente di Arcigay Palermo e attivista. «Questo ddl garantisce i diritti per quanto riguarda le competenze regionali. Il cerchio si chiuderà quando sarà il governo nazionale farà il suo dovere». Tomasino tiene a precisare come «ciò che conta è migliorare la vita delle persone, davvero, a prescindere da sesso e orientamento sessuale. Continueremo a vigilare e adesso dovranno farlo anche le istituzioni, affinché non ci siano discriminazioni di nessun genere». E l’attivista si sofferma alla discussione a palazzo dei Normanni: «Ieri in aula ho assistito a delle scene davvero mortificanti. Benché sia stato fatto un grande passo avanti, certe idee e certi limiti sono ancora troppo evidenti. Come per esempio l’onorevole Marco Falcone (deputato di Forza Italia, ndr) che ha attaccato e offeso il presidente Crocetta e di riflesso tutti noi, parlando di essere particolari. E ancora ha osato dire: “Dove arriveremo? A poligamie e piccoli harem?”. Ma non è stato il solo, lo posso assicurare», chiosa riferendosi a Giovanni Ioppolo, Vinciullo e Vincenzo Figuccia. «La strada è lunga e noi non siamo stanchi», assicura. 

Carmen Valisano

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