Architetto, esperto di arte sacra, segretario nazionale di Siciliani Liberi, Ciro Lomonte è al secondo tentativo per diventare sindaco di Palermo. Dalla sua stavolta ha una coalizione che si è ampliata con il supporto di Italexit di Gianluigi Paragone e con il Popolo della Famiglia di Mario Adinolfi. Si pone in forte opposizione con il sistema dei partiti italiani e punta, nel suo programma da sindaco, a rendere Palermo una «città di città», per dare più valore e servizi a tutti gli agglomerati urbani, dal centro alle periferie.
Questa è un po’ la campagna elettorale degli architetti, da lei a Miceli ai tanti esperti nelle varie proposte di giunta.
«Avevo pensato nei giorni passati a questo tema e mi è venuto in mente quanto accaduto nella Spagna dopo il regime di Francisco Franco, con diversi architetti che divennero sindaci e diedero un impulso formidabile, di grande libertà e creatività, alla trasformazione delle città spagnole, penso a Bilbao. Chissà, quella di Orlando magari non sarà un regime, ma è una sindacatura che è durata parecchio e ha avuto come connotato l’immagine, ma dietro questa immagine cosa c’è stato? A me sembra che Palermo sia peggiorata in questi anni, anche se lui afferma il contrario.
Che differenza trova con la sua precedente esperienza elettorale?
«Cinque anni fa per me era tutto nuovo, ero entrato in una formazione assolutamente nuova, Siciliani Liberi, e non avevo assolutamente esperienza. Poi allora la stampa con noi si è comportata in modo monotematico, ignorandoci o ridicolizzandoci. Dopo cinque anni vedo che coloro che avevano fiducia in me ce l’hanno anche adesso, però abbiamo fatto una coalizione con dei gruppi che possiamo considerare dei ribelli rispetto al sistema dei partiti italiani. Quest’anno, senza Orlando, c’è maggiore libertà, sembrava quasi un atto dovuto riconfermarlo, adesso ci si confronta invece sui programmi. C’è grande malcontento, c’è bisogno di dare dunque un’offerta che dia speranza».
Uno dei punti chiave sarà vincere contro l’astensionismo. In questo senso, il percorso che ha portato a molte di queste candidature, forse, non ha aiutato.
«Gli altri candidati, in un modo o nell’altro, hanno a che fare con questo sistema o perché fanno riferimento ai partiti o perché fanno riferimento a delle visioni, a delle ideologie. E la gente può votarli per affidarsi al meno peggio, al voto utile, per quella possibilità di avere un sindaco che dia qualche garanzia, ma non è con entusiasmo che ci si approccia alle elezioni e questo aumenta l’astensione se non c’è una vera alternativa. E i recenti arresti fanno vedere come funziona il voto a Palermo, che non è soltanto la mafia che vuole approfittare di questi finanziamenti che arriveranno, ma c’è anche il discorso dei feudatari del voto, che controllano pacchetti di voti perché danno qualcosa in cambio. Una cosa tristissima: siamo una città radicalmente impoverita, non è meglio se è tutta la città a stare bene anziché quei pochi che attingono a privilegi».
Le sue ricette per rifiuti e traffico.
«Riteniamo che quando c’è qualcuno che si ammala bisogna fare bene la diagnosi, altrimenti il malato muore. Il vero problema, quello più radicale, dei rifiuti a Palermo, è che la Rap è sempre stato un serbatoio elettorale gonfiato a dismisura negli ultimi anni. Se non si taglia il cordone ombelicale del clientelismo con i partiti italiani, questo problema non lo risolviamo. Se invece lo affrontiamo bene, riaprendo i concorse e con dirigenti veramente qualificati, si farà ripartire la macchina. Sul traffico: il discorso del tram è molto triste, un affare da 300 milioni buttati, con 10 milioni di debiti che si accumulano ogni anno e vogliono buttarne altri con le nuove linee, che vorremmo bloccare, investendo in cose più utili com la metropolitana leggere e nuovi autobus, ma il problema di fondo è che questa città è stata disegnata male con due piani regolatori nel 1862 e 1962, noi vogliamo ridisegnarli poco a poco. Abbiamo presentato anche dei progetti prototipo per Zen 1 e 2 nel 2011, che questa giunta non ha voluto neanche considerare. Se questa diventa una città di città, con gli agglomerati urbani che diventano dei borghi con grande qualità architettonica e con tutti i servizi, intanto la gente che ci abita si sentirà orgogliosa di stare in questi quartieri e si diminuisce drasticamente il traffico, causato anche dal fatto che ci sono dei flussi che vanno verso il centro. Questa giunta ha soltanto irrigidito il sistema con una Ztl che intasa il centro storico».
La squadra.
«Abbiamo le mani libere, non dipendiamo da partiti che condizionano. I primi sei sono: Alessandro Basile, dirigente del provveditorato delle Opere pubbliche e conosce a menadito gli intoppi di questi uffici. All’Innovazione Francesco Di Paola, del dipartimento di architettura, un ingegnere che si occupa di nuove tecnologie, persona dall’apertura mentale notevole. Per la cultura abbiamo Chiara Dell’Utri, insegnante, che ha fondato la Torre Narrante, un sistema di introduzione delle scolaresche ai musei, veramente travolgente con il suo metodo didattico: un vulcano di idee, che ha dimostrato sul campo come si può valorizzare la cultura. Gandolfo Dominici, professore di Economia, che andrà allo Sviluppo economico, esperto di marketing e cibernetica. Vittoria Di Bella, assessora al Turismo, perché vogliamo lavorare molto su un cambio di passo nel campo dell’attrazione: la città deve presentarsi e interagire con chi arriva, facendo in modo che chi arrivi non faccia le foto col cellulare senza nemmeno guardare, i viaggiatori tornano entusiasti quando qui hanno avuto delle relazioni, capendo chi è il nostro popolo e la nostra civiltà. Infine Carmelo Catalano, assessore alla Famiglia, importantissimo, perché siamo in un’epoca drammatica, con un inverno demografico in cui si stanno svuotando ne scuole e si sta svuotando Palermo».
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