Il pezzo più antico è datato al 1927. E la raccolta di Antonio Càtara, ex docente di Agraria a Unict, ha registrato «la curiosità di migliaia di visitatori» all'Expo di Milano. Il merito è delle immagini impresse sui prodotti che permettono uno studio «affascinante del passato», afferma
La storia degli agrumi di Sicilia in mostra Una collezione di incarti e addobbi d’epoca
«Ci vorrebbe un museo per raccontare la storia degli agrumi in Sicilia». La proposta è dell’ex docente di Agraria dell’università degli Studi di Catania Antonio Càtara, oggi responsabile di progetti al Parco scientifico e tecnologico della Sicilia. La dichiarazione arriva dopo che Càtara ha presentato la sua collezione di incarti e addobbi antichi di arance e limoni all’Expo 2015, che si è chiuso ieri. Un patrimonio che accumula a partire dagli anni ’70 insieme agli amici Lorenzo Scicali e Luciano Spina. Il primo, è erede dell’ex stamperia etnea Cartotecnica, mentre Spina «appartiene a una delle famiglie che erano più note nella commercializzazione di agrumi di Sicilia», sottolinea Càtara. L’ex professore entra nel merito della natura e della valenza storiografica della raccolta. Nodi riconosciuti all’Esposizione mondiale di Milano dove la selezione ha registrato «la curiosità di migliaia di visitatori», sostiene.
«Gli incarti sono i fogli che contenevano arance e limoni mentre – specifica – gli addobbi sono i laterali e le copertine che chiudevano le cassette di legno». La particolarità di entrambi i reperti sta nelle decorazioni che vi venivano realizzate dagli artisti locali, all’inizio a mano ma via via con tecniche sempre meno artigianali. Le immagini «riportano simboli di amicizia, fedeltà, bellezza, potenza e tecnologia e ciascuna rappresentazione mostra le diverse caratteristiche di quei valori nelle varie epoche, anche grazie all’evoluzione delle tecniche», dice Càtara. Che fa un esempio: «Spesso si trovano stilizzazioni di donne. Se negli incarti dell’800 ci sono figure in abiti tradizionali, in quelli degli anni ’60 vediamo le pin-up sul modello di Marilyn Monroe». Ma sulla maggior parte degli oggetti «campeggia l’Etna, un vero e proprio brand che si impone nel mercato estero a partire già dal 1870», dice Càtara.
Il pezzo più antico della collezione è un incarto del 1927. Una datazione che, anche per gli altri oggetti, se non è perfettamente esatta si avvicina comunque molto alla verità. La sicurezza è fornita da alcuni particolari, soprattutto «quando si trovano disegni dei mezzi di trasporto e di comunicazione, a volte copiati da originali più famosi». Uno studio «affascinante sul passato di questa Terra» che non si può applicare anche agli incarti e agli addobbi di oggi. Perché «gli agrumi non vengono più avvolti, se non per spedizioni esclusive e – continua Càtara – poi le cassette di legno sono state sostituite da scatole di carta rigida o dalle retine della grande distribuzione». «Però magari un giorno ci sarà qualcuno che si metterà a collezionare i cartoni», conclude ironico.