La “dittatura” di Caltaqua asseta Mazzarino

Sapete cosa succede in provincia di Caltanissetta ad un povero cristo che non può pagare puntualmente le salatissime bollette dell’acqua? Una lettera di sollecito al pagamento? Una diminuzione della quantità d’acqua erogata (come fa l’Enel con l’energia, ad esempio)? No. Si passa direttamente alla punizione estrema, come in uno Stato di polizia: gli si chiudono i rubinetti. Avete capito bene: lo lasciano completamente a secco. Ma, come, l’acqua non è un bene primario ed un diritto inalienabile? E chi se ne frega: davanti al profitto dei grossi gruppi privati che si sono accaparrati la gestione del servizio idrico con la complicità dei politici affaristi, i diritti vanno a farsi benedire.
Succede, ad esempio a Mazzarino (nella foto in alto a sinistra), comune del nisseno di circa 12 mila abitanti. Una storia paradossale quella subita dagli abitanti di questo paese. Prima del 2007, anno in cui la gestione del servizio idrico viene affidata alla “dittatura” di Caltaqua spa (controllata dagli spagnoli di Aqualia) , le cose andavano abbastanza bene. La distribuzione era regolare, un giorno si ed uno no. L’acqua che sgorgava dai rubinetti, era chiara, trasparente e potabile e le bollette sostenibili: circa 120 euro l’anno. Lontani ricordi. Oggi, infatti, a Mazzarino, l’acqua arriva nelle case ogni cinque giorni circa; nonostante dichiarata potabile, ai mazzarinesi sembra sporca e non la bevono. E, soprattutto, nota dolentissima, le bollette sono arrivate alle stelle, “in media almeno 300 euro l’anno per un servizio pessimo” dice a LinkSicilia Mimmo Faraci, presidente del comitato civico dal nome eloquente : “Via Caltaqua da Mazzarino. “Eravamo un’isola felice con i pozzi e i serbatoi comunali. L’acqua arrivava regolarmente e le bollette erano alla portata di tutti, circa 120 euro l’anno” racconta Faraci “oggi è un incubo arriva ogni cinque giorni, è sporca e se la fanno pagare come fosse oro. Almeno 300 euro l’anno, ma ci sono casi in cui si supera anche questa cifra. A tutto questo si aggiunge l’arroganza di Caltaqua che in caso di ritardi chiude i rubinetti alla gente. Questo non lo possono fare, è contrario ai diritti fondamentali dell’uomo, al di là di qualsiasi cosa abbiano scritto nel contratto di servizio. Ma tant’è. I nostri politici affaristi hanno permesso questo latrocinio legalizzato, ma la gente non smetterà di lottare. Anche perché” aggiunge Farci “tutta l’Italia ha detto no ai privati nella gestione dell’acqua, stanno ignorando la volontà popolare, ma noi ci faremo sentire”. Dai politici locali, a quanto pare, nessun segnale concreto di sostegno a questa battaglia. Anzi si racconta che al comune, alcuni dipendenti sarebbero stati “puniti” (attraverso cambi di ruolo all’interno dell’amministrazione) proprio perché condividono la battaglia del comitato (sul caso stiamo indagando).
Intanto il comitato Via Caltaqua da Mazzarino (che ha una sua pagina Facebook) sta facendo rete con gli altri movimenti che in Sicilia e in giro per l’Italia, si stanno battendo per il ritorno della gestione pubblica dell’acqua. E sono tanti. Basti considerare che Acqua Pubblica, il movimento nazionale contro la privatizzazione, ha quasi un milione di fan: “Stiamo organizzando una grande manifestazione e stiamo entrando nella rete dei tantissimi comitati che stanno portando avanti questa battaglia in tutto il Paese”. Una battagli già vinta in teoria, come ha ricordato lo stesso Faraci. Con il referendum dell’anno scorso gli italiani hanno deciso che l’acqua deve tornare in mani pubbliche.
Ma sia il governo nazionale che quello regionale, ad oggi, on hanno fatto nulla per rispettare la volontà popolare. Sulle pagine di questo giornale vi abbiamo raccontato anche del caso di Girgenti Acque (la società che gestisce il servizio idrico in provincia di Agrigento). La storia è sempre la stessa: cattivi servizi e bollette carissime (ma nella città dei Templi c’è anche una questione legata ai fondi europei, affari con la multinazionale Nestlé e una indagine della Guardia di Finanza). A Mazzarino, come nel resto dell’Isola, la misura è colma. Per tutti i comuni della Sicilia ( e non solo a giudicare dai risultati del referendum) la privatizzazione del servizio idrico è stato un vero e proprio disastro finanziario. Quando si ‘ritireranno le acque’ e si tirerà un bilancio di questa digraziata stagione, si scopriranno i veri danni finanziari – che alla fine verranno pagati dai cittadini (danni che, in realtà, cittadini e imprese stanno già pagando attraverso bollette che in alcuni ‘salatissime’) – e magari si scoprirà, soprattutto che ad arricchirsi sono stati pochi soggetti privati.
Una piccola speranza è legata ad una proposta di legge regionale di iniziativa Popolare e dei Consigli Comunali (figuriamoci se poteva essere di inziativa governativa o parlamentare) per la gestione pubblica dell’acqua in Sicilia (“Principi per la tutela, il governo e la gestione pubblica delle acque. Adeguamento della disciplina del servizio idrico alle risultanze del referendum popolare del 12 – 13 giugno 2011”). La legge è stata vagliata dalla commissione Territorio e Ambiente. Si tratta, a ben vedere, del primo passaggio per l’approdo a Sala d’Ercole del testo di legge, il primo, nella storia siciliana, ad iniziativa popolare ai sensi dell’articolo 12 dello Statuto. L’obiettivo è quello di arrivare ad un’approvazione “integrale e senza stravolgimenti” della proposta di legge d’iniziativa popolare. L’esame del provvedimento, da parte della commissione Ambiente dell’Ars, arriva ad oltre un anno e mezzo dal deposito, presso gli uffici della Regione siciliana (7 settembre del 2010), delle 35 mila firme di cittadini siciliani raccolte a sostegno della proposta di legge. Il disegno di legge è stato sottoscritto anche da 140 consigli comunali.
Basterà questo alla politica siciliana per chiudere definitivamente l’inglorioso capitolo della gestione privata dell’acqua?

Antonella Sferrazza

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