Il voucher, ultima frontiera della precarietà?

di Giuseppe Messina

Sono oltre 172 mila i buoni lavoro venduti in Sicilia  dal 1° gennaio al 31 dicembre 2011. E’ quanto emerge dai dati forniti dalla sede regionale dell’Inps, in occasione della riunione della Commissione regionale lavoro irregolare, tenutasi lo scorso 8 giugno presso la Presidenza della Regione siciliana. Dal dibattito è emerso l’unanime convincimento da parte dei Componenti della la Commissione che vanno eliminate le speculazioni e storture nell’utilizzo di uno strumento condivisibile.

I lavori svolti con i voucher devono essere occasionali di tipo accessorio, prestazioni effettuate saltuariamente e non possono superare un compenso di 5 mila euro netti l’anno per ogni datore di lavoro/committente, limite che scende a 3 mila euro complessivi per i cassintegrati e lavoratori in mobilità.

L’utilizzo dei buoni lavoro è stato attivato dall’agosto 2008 per remunerare i lavori saltuari e per favorire processi di emersione del lavoro nero che in certe attività è particolarmente diffuso. Nati per il settore agricolo, per pensionati e studenti, sono stati poi estesi ad altri settori e a varie tipologie di lavoro (lavoratori part time, cassintegrati e lavoratori in mobilità). Sono proprio questi ultimi ad aver determinato il forte incremento nell’utilizzo di voucher negli ultimi 2 anni.

Dall’esame dei dati disaggregati per provincia emerge in Sicilia (regione che ne ha fatto un minore uso rispetto alle altre ) un quadro difforme sull’utilizzo dello strumento sia in termini numerici che di settore. L’elaborazione dei dati evidenzia come l’utilizzo dello strumento nell’Isola non abbia riscosso il successo di altre regioni sopratutto del Centro-Nord.

Il settore del Turismo, con 44.790, si attesta al primo posto per voucher utilizzati con preponderanza a Catania (30.130). Poi ci sono i Servizi con 32.490 (Palermo 8.811). Quindi il settore “Manifestazioni sportive, culturali o caritatevoli o lavori di emergenza o di solidarietà” con 30.763 (Palermo 19.698). Il settore agricolo, che avrebbe dovuto far registrare un elevato numero di buoni lavoro utilizzati, si attesta a 10.675, preceduto dal settore “Lavori di giardinaggio, pulizia e manutenzione di edifici, strade, parchi e monumenti.

Ma attenzione: l’elevato e crescente numero di voucher venduti fa sorgere il fondato timore di un uso improprio di tali strumenti che a loro volta mascherano lavoro precario, senza diritti e senza tutele.

Occorre focalizzare l’attenzione, quindi, sul fatto che il lavoro occasionale accessorio può essere definito come “lavoro senza contratto”: dunque chi presta un lavoro accessorio non sottoscrive nessun contratto di lavoro, non matura né ferie né Tfr, non ha diritto alla malattia, maternità, assegno al nucleo familiare.

Per quanto riguarda la retribuzione su un valore nominale dei voucher di 10 euro lordi, al lavoratore va un corrispettivo netto di 7,50 euro, poiché dall’importo vengono detratti i contributi Inps e Inail. Ma va precisato che non vi è nessuna corrispondenza tra il valore del singolo voucher e la durata della prestazione del lavoratore: da qui il rischio di un’ulteriore destrutturazione dei contratti e delle tutele del lavoro. Non è solo un problema salariale ma anche previdenziale di protezione sociale, data l’esiguità della contribuzione Inps al 13%, addirittura più bassa della contribuzione dei lavoratori parasubordinati. Peraltro il lavoro con il voucher non prevede neanche la maturazione dell’indennità di disoccupazione.

Quello che noi ci chiediamo è se questa tipologia di rapporto di lavoro, nata principalmente per far emergere il lavoro in nero o irregolare nel settore agricolo, si sia sviluppata a scapito di quelle tradizionali, avendo un costo, per il datore di lavoro, molto più basso.

Ci sono dunque fondati rischi, e i numeri sembrano confermarli, che il lavoro occasionale finisca per diventare l’ennesima forma di lavoro grigio, l’ultima frontiera della precarietà.

Peraltro, grande è l’attenzione oggi intorno al voucher all’interno del confronto più ampio sul disegno di legge sul lavoro, la cui posizione del Governo nazionale (voto di fiducia) lascia pochi margini di miglioramento.

Noi consideriamo il voucher uno straordinario strumento per regolarizzare situazioni impossibili. Una possibilità che ha garantito un guadagno a chi non cercava il lavoro, ma voleva solo svolgere un lavoretto per qualche giorno. Il voucher ha fatto introitare soldi all’Erario e alle ‘casse’ dell’Inps, costando praticamente nulla in termini di prestazioni né presenti né future. Una formula che ha anche consentito una copertura assicurativa ai lavoratori in termini infortunistici.

La legge istitutiva dei voucher, per la cronaca, è la legge Biagi, ovvero la numero 276 del 2003 (legge nazionale, ovviamente), in particolare l’articolo 70. Il disegno di legge approvato in Senato il 31 maggio scorso, con voto di fiducia, modifica ulteriormente proprio l’articolo 70 della legge 276. Queste le modifiche proposte:

“Fermo restando il limite complessivo di 5.000 euro nel corso di un anno solare – si legge nella parte che modifica la legge Biagi – nei confronti dei committenti imprenditori commerciali o professionisti, le attività lavorative di natura accessoria possono essere svolte a favore di ciascun singolo committente per compensi non superiori a 2.000 euro, rivalutati annualmente;

nel settore agricolo: le disposizioni sul lavoro accessorio (di cui al comma 1 dell’art. 70 di cui viene offerta la definizione) si applicano in agricoltura:

a) alle attività lavorative di natura occasionale rese nell’ambito delle attività agricole di carattere stagionale effettuate da pensionati e da giovani con meno di 25 anni di età se regolarmente iscritti a un ciclo di studi presso un istituto scolastico di qualsiasi ordine e grado, compatibilmente con gli impegni scolastici, ovvero in qualunque periodo dell’anno se regolarmente iscritti a un ciclo di studi presso l’università;

b) alle attività agricole svolte a favore di soggetti di cui all’articolo 34, comma 6, del D.P.R. 26 ottobre 1972, n. 633, che non possono, tuttavia, essere svolte da soggetti iscritti l’anno precedente negli elenchi anagrafici dei lavoratori agricoli”.

Il disegno di legge approvato dal Senato adesso deve passare alla Camera per l’approvazione definitiva. Non sono improbabili cambiamenti. Per esempio, un’auspicabile variazione, magari nella direzione dell’ampliamento delle tutele in favore dei lavoratori, perché restano senza risposta alcune storture legate al funzionamento, come il rapporto tra il numero delle ore di utilizzo del lavoratore rispetto al guadagno fisso di 7,50 euro, la mansione da ricoprire piuttosto che le tutele (requisiti come maturazione TFR, indennità di disoccupazione, etc).

E ‘ auspicabile che in dirittura d’arrivo, a Montecitorio, si possa trovare un giusto ed equilibrato riscontro all’attuale testo esitato dal Senato. Il voucher non può e non deve essere uno strumento di indebolimento del sindacato e di deterioramento dei diritti del lavoratore, ma semmai un eccezionale mezzo di contrasto al diffuso fenomeno del lavoro nero e/o irregolare che peraltro trova nelle regioni del Nord Italia la maggiore penetrazione.

Foto precari tratta da antoniodipietro.it

Foto voucher tratta da ballabionews.com

Foto raccolta pomodoro tratta da quota-casa.it

 

 

 

 

 


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