Il segretario del Partito democratico siciliano analizza il complicato momento. Da Roma - «Credo che se hai fallito nella costruzione di un edificio politico non ti possa candidare a costruirne un altro» - a Palermo: «Dobbiamo essere consapevoli che nelle dinamiche delle Amministrative c’è il tentativo di rompere un asse»
Il Pd tra scissione e le alleanze in vista delle elezioni Raciti: «Non ci sto a rompere coalizione coi moderati»
«È stata una settimana abbastanza lunga e dura». A margine della direzione provinciale del Partito democratico palermitano, è il segretario regionale del Pd, Fausto Raciti, a manifestare la stanchezza delle ultime giornate, tra direzioni, assemblee e ipotesi di scissioni. E quella che avverte come una minaccia: la rottura dell’asse tra i dem e il centro moderato. «Dobbiamo essere consapevoli che dentro le dinamiche delle amministrative di Palermo c’è il tentativo di rompere questa coalizione ed è un tentativo al quale io non ho alcuna intenzione di prestarmi».
Cominciamo da quello che sta succedendo a Roma. È una frattura ormai insanabile?
«Mi pare ancora evitabile il rischio di una scissione del Partito Democratico, della separazione di una parte del gruppo parlamentare, dei gruppi dirigenti. E confesso che mi sfuggono in larga parte i termini della questione, perché penso che di fronte a uno scontro politico il congresso sia la sede in cui verificare non solo chi ha la maggioranza e chi è minoranza, ma anche se c’è ancora un perimetro comune che lega questo partito».
Insomma, cercherete di ricucire lo strappo.
«Mi addolora molto vedere e capire che alcuni dei dirigenti che questo partito lo hanno fondato sotto la propria responsabilità, oggi dicano – con i fatti più che con le parole – che è stato un errore fondare il Partito democratico, proponendosi di tornare a uno schema datato della nostra storia repubblicana, quello del centrosinistra che torna ad essere centro-sinistra. Perché credo che se hai fallito nella costruzione di un edificio politico non ti possa candidare a costruirne un altro. Devi prenderne atto e tirare le conseguenze. Per quello che mi riguarda io sono del Pd e resto convinto che il Pd sia l’approdo naturale dei diversi riformismi, anche quelli che hanno trovato nel Pd il loro punto di sintesi e d’incontro».
In Sicilia tutto questo cosa significa?
«Questo lo capiremo, noi restiamo impegnati nel lavoro di costruzione del Partito democratico, il partito della sinistra riformista e autonomista, in Sicilia».
I margini per una scissione all’Ars sembrano non esserci.
«Non ho titolo per parlare per conto di altri deputati, però spero che le conseguenze di questa eventuale scissione possano essere il più ridotte possibile sul partito siciliano e lavorerò per questo».
Vi siete sentiti con i deputati Maggio o Apprendi?
«No, non ho sentito nessuno e nessuno mi ha chiesto di parlare. In ogni caso non sarebbe una questione di numeri: io credo che il Partito democratico, anche quello siciliano, sia più forte se riesce a tenere insieme tutti, se non perde la sua caratteristica di partito plurale e per questo lavorerò».
Anche perché in Sicilia si è aperta lunga stagione elettorale.
«Sì, che inizia proprio con le elezioni di Palermo e non posso non cogliere come segnale estremamente positivo il fatto che pochi giorni fa questa sede si sia riempita fino alla strada di persone che rivendicano la dignità e il ruolo del Pd e che non intendono abbandonarlo alla mercè di nessun accordo politico. Questo significa che il Pd non è un bene di cui dispongono le sue correnti, il Pd è un partito che travalica posizioni di correnti e penso che la discussione su Palermo sia iniziata male per una cattiva gestione legata al prevalere degli elementi correntizi rispetto all’interesse comune del partito».
Non va meglio se si guarda la situazione regionale. Proprio ieri si è dimesso l’assessore Micciché.
«Io credo che Micciché si sia dimesso prendendo atto di una situazione estremamente sgradevole che si è determinata nel corso di questa settimana, rispetto a cui non è riuscito a porre rimedio. È una scelta che io rispetto e di cui gli va dato atto in termini di coerenza e onestà intellettuale».
Dopo le dimissioni dell’assessore Micciché riuscirete a ritrovare l’intesa coi Centristi?
«Cosa faranno i centristi lo decideranno loro e noi ne terremo conto con grande serietà e con grande rispetto della loro funzione politica. La linea del Pd in Sicilia resta la stessa: individuare nell’alleanza coi moderati il perno indispensabile per costruire una proposta di governo per questa Regione».
All’inizio di questa intervista ha evidenziato come col Pd si sia superato quel trattino tra le parole centro e sinistra con questa esperienza di governo. Ma i moderati non sembrano entusiasti di questo percorso.
«Noi dobbiamo essere consapevoli del fatto che dentro le dinamiche delle amministrative di Palermo c’è il tentativo di rompere questa coalizione ed è un tentativo al quale io non ho alcuna intenzione di prestarmi. A questo mi riferisco quando quando parlo della funzione del Partito democratico, che non è soltanto il suo simbolo, ma è la sua capacità in questi anni di tenere unite anche forze diverse tra loro e questa è una funzione alla quale io non intendo rinunciare».
Insomma, uniti a Palermo per andare uniti anche alla Regione?
«Il senso del mio lavoro di questi giorni è tutto lì».