Tipoldo è un piccolo paese collinare che sorge nella vallata di Larderia, a Messina. Da circa un mese l’ansia e il timore hanno preso il sopravvento tra le 300 anime che ci abitano, colpa dei casi di brucellosi che si stanno moltiplicando. A gennaio sono stati una ventina, registrati negli ospedali di Messina, e negli ultimi giorni se ne sono aggiunti altri sette. E l’Asp sospetta che il numero possa ancora aumentare, considerato il possibile focolaio dell’epidemia, individuato grazie ai racconti di chi è andato dal medico. Tutti i pazienti che hanno contratto la brucellosi, anche chiamata febbre di Malta, hanno dichiarato di avere assaggiato della tuma (un formaggio che si ottiene da latte non pastorizzato, ndr) in occasione di una degustazione nel periodo di Natale durante un presepe vivente organizzato proprio nel paesino collinare. Adesso si sta cercando di ricostruire cosa sia accaduto, cominciando dall’individuare dove sia stato acquistato il latte poi lavorato e trasformato in formaggio.
«Quanti hanno partecipato a quell’evento dovrebbero recarsi in ospedale per effettuare le analisi sierologiche», consiglia Giuseppe Sturniolo, ex primario di malattie infettive del Policlinico ormai in pensione. L’incubazione della malattia è piuttosto lunga, anche di alcune settimane. «Non è facile diagnosticarla – prosegue Sturniolo – perché i sintomi – febbre, brividi, debolezza, dolori articolari e muscolari, mal di testa, eccessiva sudorazione notturna – possono essere confusi con una banale influenza. La certezza si ha solo in laboratorio tramite esami sierologici». Proprio il lungo tempo di incubazione della febbre di Malta induce l’Asp di Messina a temere che fino alla metà del mese di marzo possano ancora registrarsi dei casi. «La brucellosi è una malattia piuttosto seria, ma oggi abbiamo la possibilità di curarla se diagnosticata in tempo senza scatenare grossi problemi – rassicura Sturniolo – la terapia da seguire è lunga e fastidiosa, ma garantisce la completa guarigione. Tuttavia se sottovalutata o non diagnosticata in tempo può portare a complicazioni piuttosto serie e importanti. Nella clinica del Policlinico e a Messina siamo sempre riusciti a curarla perché abbiamo una grande esperienza maturata sul campo».
L’unità operativa di epidemiologia dell’Asp ha già attivato pediatri, medici di base e veterinari. «Il rischio che la malattia si possa diffondere è direttamente collegato alla distribuzione del latte infetto – prosegue il professor Sturniolo – se gli ovini che hanno prodotto il latte per il formaggio distribuito alla degustazione di Tipoldo hanno la brucellosi, la trasmissione della malattia avverrà anche attraverso tutti i prodotti che derivano dalla lavorazione del loro latte se non pastorizzato».
Se venisse confermato che il focolaio della malattia è riconducibile alla degustazione di Tipoldo, occorrerà verificare le responsabilità di chi ha diffuso il formaggio infetto, e di chi doveva controllarlo. L’Asp ha avviato delle indagini per risalire al produttore del latte anche per accertare che non siano stati messi in circolazione altri prodotti contaminati.
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