Nominata segretario generale da Lombardo, entrata nel cuore di Crocetta, ha sempre speso la sua influente parola su nomine di direttori, partecipate e sottogoverni. Attorno alla sua sfiducia, dopo la condanna della Corte dei conti, si scontrano due visioni della politica: quella ribattezzata anti-sistema e quella degli inviti alla ragionevolezza
Il giorno della mozione M5s contro Monterosso Unione tra il vecchio e il nuovo che non nasce
A ciascuno il suo. Da una parte o dall’altra. È uno di quei giorni all’Ars, in cui occorre metterci la faccia. La mozione di censura del M5s contro il segretario generale della Regione, Patrizia Monterosso sarà votata in questa sessione all’Assemblea Regionale Siciliana. Sul sito pentastellato del Movimento Cinque stelle viene definito «il primo attacco al cerchio magico che deve andare in frantumi per il bene dei siciliani».
Alla base della mozione la condanna della corte dei Conti per la questione degli extrabudget concessi agli enti di Formazione per cui dovrà risarcire all’erario 1 milione e 279 mila euro; la condanna fa riferimento ai soli finanziamenti erogati nel 2007 e non a quelli erogati nel 2008 (pari a 14,5 milioni di euro), nel 2009 e nel 2010 (che ammontano a 4,9 milioni di euro per ciascun anno), per un importo complessivo pari a poco meno di 25 milioni di euro. Si tratta di somme non indicate nella fase di presentazione e finanziamento del progetto, ma accordate successivamente, in seguito alla presentazione di nuove richieste motivate dal fatto che il contributo non era bastato per coprire le spese. Una vicenda che ha contribuito a gonfiare il settore della Formazione professionale, oggi imploso, e verso il quale la politica, che ieri certamente non era estranea a queste scelte, oggi non riesce a trovare una soluzione con enti e lavoratori in sofferenza e storie innumerevoli e quotidiane di esasperazione e di grandi difficoltà.
Si possono dire tante cose, dibattere a lungo e contrastare con i diversi punti di vista, ma una cosa è certa. Patrizia Monterosso in questi anni ha tenuto in mano come nessuno la filiera del potere e del comando in un governo dalla fisionomia irregolare che non ha saputo essere nuovo, pur provando a non essere vecchio. Monterosso è stata il punto d’unione, la reggente del nuovo che non nasce mentre si chiede al vecchio di morire. Per oltre dieci anni ha assunto incarichi di diretta collaborazione dei vertici politici del governo regionale siciliano. Nominata a dimissioni annunciate di Raffaele Lombardo e confermata nel 2013 dallo stesso Crocetta, ha tessuto i rapporti tra i dipartimenti dicendo sempre la sua influente parola su nomine di direttori, spostamenti, partecipate e sottogoverni. È entrata in punta di piedi nel cuore di Rosario Crocetta e si è ambientata senza grandi difficoltà, anticipando ogni sua volontà, condividendo e consigliando. Divenendo insostituibile per un presidente che voleva provare a tracciare la linea di discontinuità con i governi Cuffaro e Lombardo.
I nemici della Monterosso soffrono di una patologia congenita di riservata timidezza che porta loro a rivelarsi e manifestarsi con difficoltà. Forse anche per la buona memoria del segretario generale che non dimentica con facilità chi prova a sbarrarle la strada. C’è voluto quasi un anno per discutere un atto dal forte valore simbolico che non potrà produrre in ogni caso effetti concreti se non quello di mettere la maggioranza d’aula di fronte alle proprie responsabilità politiche e di coalizione. Soltanto in via amministrativa infatti il segretario generale della Regione siciliana, che è esterno all’amministrazione, potrebbe subire una modifica dell’attuale rapporto che la lega all’amministrazione regionale.
Oggi all’Ars in realtà va in scena l’ennesimo atto di normalizzazione della vita parlamentare siciliana, con una distinzione chiara e netta tra la politica ormai apertamente vissuta e ribattezzata anti-sistema del Movimento Cinque Stelle che userà le maniere forti, e la politica strutturata, fatta di esortazioni, senso di responsabilità, auspici ed inviti alla ragionevolezza. È in fondo la sede sbagliata per giudicare un personaggio complesso ed intrigante che ha vissuto questi anni sulla breccia ed ha fatto parlare spesso di sé, in ogni caso da protagonista. È invece la sede giusta per mettere a fuoco le responsabilità della maggioranza di governo, ma anche delle opposizioni, ambiente nel quale in passato, alla Monterosso non sono mancati amici e sostenitori. A ciascuno il suo dunque perché, come nel romanzo di Leonardo Sciascia, oggi in aula tutti avranno una parte nella vicenda, come spettatori o autori. Tocca decidere.