«Bisogna evitare che la norma venga impugnata». Era un po’ il refrain dello scorso maggio a palazzo dei Normanni, quando l’Assemblea regionale si trovava a dover approvare con cinque mesi di ritardo la legge finanziaria. Una maratona durata una settimana, tra incontri, accordi, disaccordi e revisioni, che alla fine ha prodotto un documento che, neanche a dirlo, è stato impugnato dal Consiglio dei ministri. Il nodo principale sta nella copertura finanziaria di quanto previsto sul documento.
Secondo il controllo effettuato da palazzo Chigi, su proposta della ministra Maria Stella Gelmini, «talune disposizioni in materia di beni culturali e paesaggio, tutela della salute, armonizzazione dei bilanci pubblici e ordinamento civile, eccedendo dalle competenze attribuite alla Regione siciliana dallo Statuto di autonomia e ponendosi in contrasto con la normativa statale» violando diversi dictat costituzionali, su tutti «l’articolo 81, terzo comma, della Costituzione relativamente alla copertura finanziaria».
«Era ampiamente previsto» dice l’assessore al Bilancio Gaetano Armao, che non fa drammi: «I rilievi erano su quasi sessanta norme e dopo una contrattazione lunga un mese si sono ridotte a 28, quasi tutte di iniziativa non governativa. Certo, alcune sono molto importanti e riguardano la vita delle persone, come quella sulla stabilizzazione del personale sanitario, purtroppo però c’è stato questo muro, ma si vedrà in Corte costituzionale».
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