Sulla base dei sondaggi attuali, alle elezioni Politiche di marzo, il Pd potrebbe portare in Parlamento al massimo dodici rappresentanti. E intanto si preparano le liste, tra gli uscenti, quelli certi di un posto sicuro (come Fausto Raciti e Davide Faraone), e gli aspiranti nuovi ingressi: da Valeria Sudano al rettore di Messina Pietro Navarra
Il centrosinistra in Sicilia rischia di dimezzare gli eletti I possibili candidati, pure Crocetta per un posto in lista
Il terzo polo, il più debole. Così le proiezioni per le prossime elezioni politiche raccontano la caduta libera del Partito democratico e del centrosinistra alle prossime elezioni nazionali, il 4 marzo. Secondo Youtrend (che fa la sintesi dei sondaggi del 2018 di Demopolis, Tecnè, Emg, Euromedia, Piepoli) il partito di Renzi dal 24,1 per cento scende al 23,6 e l’intera area di centrosinistra dovrebbe assestarsi intorno al 27,1 per cento. La situazione peggiore la vive il Pd: su 303 deputati alla Camera, ottenuti dalle scorse elezioni e dalle migrazioni da altri partiti, le migliori proiezioni, secondo una presa d’atto interna al partito, non arrivano a 150 seggi. Dei 97 senatori attuali riuscirebbe, secondo le migliori aspettative, a piazzarne meno della metà. Un’ipotesi di dimezzamento del contingente parlamentare, dunque, con cui dovranno fare i conti anche i futuri candidati siciliani.
Il dato più probabile, per quanto riguarda il partito di Renzi, è che dei 24 parlamentari siciliani uscenti, se ne riconfermino al massimo 12. Più realisticamente dieci. Tra questi sembra che un posto bloccato come capilista al proporzionale lo abbiano il segretario regionale Fausto Raciti e il sottosegretario alla Salute Davide Faraone. Al Senato ritornerebbe Beppe Lumia e si pensa anche ad una collocazione per l’ex governatore Rosario Crocetta, che con il suo movimento Il Megafono aveva appoggiato Fabrizio Micari alle regionali, con la promessa da Renzi di uno spazio in lista alle Politiche. Tutti i 24 parlamentari nazionali uscenti mirano a ricandidarsi. Bisogna vedere se a Roma prevarrà il criterio della divisione dei collegi per aree nazionali. La segreteria romana, in quel caso, stabilirebbe a chi dare la possibilità di emergere nelle liste, oppure se si sceglierà di candidare gli uscenti o dare spazio alle richieste dai territori.
Ieri il segretario Raciti ha incontrato a Roma Matteo Renzi per stabilire il criterio da adottare per le candidature: «È stata una fase interlocutoria, nessuna decisione presa», fanno sapere dal Pd. Sembra che il punto cruciale sia il criterio con cui scegliere le candidature per l’uninominale, dove occorrono candidati forti che trascinino le liste proporzionali. Il partito non ha però al momento convocato alcuna direzione regionale per venire incontro alla richiesta dei circoli e delle federazioni che hanno detto basta alle candidature calate dall’alto, e chiesto fortemente di voler prendere parte alla composizione delle liste, premiando chi ha lavorato sui territori. Promotori di questo messaggio sono il parlamentare Giuseppe Arancio e gli ex deputati Ars Giovani Panepinto, Pippo Di Giacomo, Lillo Speziale, Mario Alloro. Questi ultimi ambirebbero ad un posto quanto più protetto, alla Camera.
Forti polemiche in questo senso dai circoli della provincia di Caltanissetta, che hanno approvato un documento dove minacciano di chiudere se non ascoltati prima della scelta della candidatura nel collegio per le nazionali. Nel Pd nisseno sembra invece non essere messa in discussione ancora una volta la terza candidatura di Daniela Cardinale, figlia del già ministro delle telecomunicazioni Totò, che avrebbe definito già la partita con la segreteria romana. Tra gli ex deputati Ars si fa anche il nome di Valeria Sudano. Per la provincia di Messina, Giuseppe Laccoto, rimasto fuori dall’Ars dopo le Regionali che hanno invece premiato nel suo collegio Francesco De Domenico, candidato più votato e direttore amministrativo dell’Ateneo messinese. In corsa anche il rettore dell’università Pietro Navarra, una collocazione la cerca anche Paolo Starvaggi, coordinatore del Pd in provincia. Per i Centristi per l’Europa di Casini un seggio bloccato dovrebbe andare a Giampiero d’Alia, ma si fa il nome di quest’ultimo anche come sindaco di Messina. D’Alia potrebbe così entrare in competizione con Giovanni Ardizzone, ex presidente dell’Ars che non ha mai nascosto il suo intento a candidarsi a primo cittadino, decidendo alle Regionali di mettere a disposizione della lista di D’Alia i suoi quasi cinquemila voti, nonostante le lusinghe di Diventeràbellissima e pur immaginando che i centristi non avrebbero superato lo sbarramento.
Il rettore Micari, rientrato nell’ambiente accademico dopo le regionali che hanno visto il flop della sua coalizione, starebbe pensando ad un’altra prova in politica, stavolta meglio calibrata. Dal Pd siciliano segnali di fumo anche verso al proposta di Grasso e Boldrini di tornare ad un’alleanza tra sinistra e centrosinistra. «Il Pd ha lavorato fino all’ultimo a una ricomposizione – ha detto Antonio Rubino, anche lui possibile candidato e responsabile dell’organizzazione del partito nell’isola – i nostri avversari sono la Destra e i populisti, penso che se si dovessero presentare le condizioni per l’Unità, dovremmo perseguirla fino alla fine».