Parla di «generazione aeroporto» Fabrizio Furnari, uno dei tanti lavoratori isolani che affollano i voli delle low cost per tutto l'anno. Dissanguandosi per far ritorno a casa, mentre continuità territoriale e collegamenti competitivi restano un miraggio
Il catanese che ha speso settemila euro per 60 voli «Ingiusto trattare migliaia di siciliani come turisti»
Settemila euro per 60 voli in un anno. In media sono poco più di 116 euro per ogni viaggio. «Ma i costi dei biglietti per raggiungere la Sicilia hanno molte variabili, come il periodo dell’anno o l’anticipo con cui si acquista. Si arriva anche a pagare oltre 350 euro per tornare a casa in alta stagione, come nelle festività». A raccontare a MeridioNews quella che ha definito la «generazione aeroporto» è Fabrizio Furnari, un catanese che lavora in banca a Firenze. «Giovani e meno giovani che affollano soprattutto i voli delle compagnie aeree low cost. Li riconosci subito – ironizza – sono le persone abituate a volare, entrano sempre per ultimi dopo il check-in, avendo compreso che i posti in aereo ci sono per tutti quelli che hanno il biglietto».
Sono diverse le testimonianze di siciliani che per le feste natalizie non hanno fatto rientro a casa. La ragione? Costi dei biglietti insostenibili, proibitivi. E la continuità territoriale, il modo per facilitare gli spostamenti dei siciliani che, almeno per il momento, resta obiettivo ancora lontano dall’essere raggiunto. Nel ha parlato, negli ultimi giorni dell’anno, anche il presidente della Regione siciliana Nello Musumeci inserendola nell’elenco delle prossime battaglie da fare: «La continuità ci consentirebbe di garantire ai residenti in Sicilia viaggi con tariffe sociali assolutamente accessibili». A proposito del problema irrisolto da decenni – e con risorse, seppur limitate, stanziate ma non spese – Musumeci ha aggiunto anche un aneddoto personale: «Sono stato a Roma a spese mie e quando dovevo anticipare il viaggio di ritorno per raggiungere Catania, a seguito del sisma, mi è stato detto di pagare 540 euro per il volo Roma-Catania della compagnia italiana. 540 euro sono mezzo stipendio di un impiegato e di un operaio».
Anche il governatore, dunque, per un giorno ha fatto parte della generazione aeroporto. «Non sempre è possibile prenotare per tempo, il lavoro spesso non consente di giocare d’anticipo – racconta Fabrizio – e poi, ancora peggio, talvolta per un’emergenza è necessario comprare un biglietto all’ultimo minuto». Ne vengono fuori costi altissimi, denaro che Furnari ha dilapidato sui voli nelle tratta da Pisa o Firenze per Catania con annesso ritorno.«Non è possibile, è ingiusto che migliaia di siciliani residenti vengano considerati alla stregua dei turisti».
Il caro-biglietti è un tema che sull’Isola ripropone ciclicamente. «Nei tavoli aperti con il ministero dell’Economia – ha riferito l’assessore regionale Gaetano Armao – uno dei punti in questione è il tema della condizione di insularità, della defiscalizzazione o comunque della attenuazione del peso fiscale sui carburanti e della continuità territoriale, cioè la possibilità che, attraverso la condizione di insularità, si possano garantire ai siciliani tariffe aeree calmierate». L’aereo è di fatto l’unico mezzo a disposizione dei siciliani che vogliono fare rientro perché tutti gli altri collegamenti alternativi non sono competitivi. «Per rientrare a Catania – lamenta Fabrizio – non ho molta scelta: gli autobus o i treni non sono delle valide sostituzioni, specie quando si hanno pochi giorni a disposizione da trascorrere in famiglia». I viaggi durano un’eternità, e spesso si accumulano i ritardi, mentre l’alta velocità si ferma alla Campania.