Il ‘caso’ dei due marò: non contiamo niente perché facciamo ridere, o facciamo ridere perché non contiamo niente?

TRE GOVERNI NON HANNO ANCORA RIPORTATO A CASA I DUE MILITARI ITALIANI 

Sono trascorsi due anni da quando i fucilieri di Marina militare italiana, Salvatore Greco e Massimiliano Latorre, sono prigionieri in India per avere sparato, uccidendoli, a due pescatori indiani nella acque dell’omonimo oceano. Va ricordato che i due fucilieri erano imbarcati sull’unità navale commerciale proprio con la missione di proteggere la nave dagli eventuali assalti dalla pirateria del mare, assai praticata in quei mari. Quindi il loro compito era proprio quello di prevenire gli assalti pirateschi, altrimenti non avrebbe trovato giustificazione la loro presenza a bordo della nave commerciale privata.

Va da sé che la consegna che avevano ricevuto era quella di prevenire eventuali aggressioni alla nave sulla quale era stato ordinato loro di vigilare. Ne consegue che loro eseguivano ordini e come militari erano obbligati ad eseguirli. E perciò sotto processo non possono essere messi coloro che eseguono ordini precisi che non possono eseguire a discrezione, ma coloro che quegli ordini hanno loro impartito. Cioè quelle autorità civili che hanno deciso di equipaggiare le navi commerciali corredandole della presenza di militari, con il compito di prevenire assalti corsari. Quindi la responsabilità dell’accaduto è tutta da ascrivere al Governo italiano, qualunque esso sia.

In questa ottica va ascritta l’intervista che l’ex ministro degli Esteri del Governo Monti, ammiraglio Giulio Maria Terzi, ha rilasciato al Giornale sull’argomento. In essa egli sostiene con assoluta determinazione che l’unica procedura da intraprendere con decisione da parte del Governo italiano è quella “dell’arbitrato internazionale per riportare a casa i marò detenuti in India”.

Terzi denuncia con fermezza che “nel marzo 2013 hanno vergognosamente convinto i marò a rientrare in India dopo che si era deciso il contrario, assicurando che nel giro di poche settimane, o mesi, sarebbero tornati a casa”. E prosegue: “Prima hanno deciso di rimandarli a Delhi su pressione del ministro dello Svilupo economico, Corrado Passera, che temeva rappresaglie sui nostri interessi in India. Poi saltò fuori la tesi che gli indiani erano tanto contenti di avere ottenuto ciò che volevano che ci avrebbero rimandato indietro i marò in poco tempo”.

Terzi ritorna a descrivere le circostanze che allora lo portarono a dimettersi da ministro e ricorda che egli, in coincidenza del rientro natalizio dei fucilieri Latorre e Greco, scrisse una lettera al presidente Mario Monti, al ministro della Difesa, ammiraglio Gianpaolo Di Paola, ed al ministro della Giustizia, professoressa Paola Severino, allo scopo di sensibilizzare la Magistratura che avrebbe potuto trattenerli in Italia. “Temo sia avvenuto il contrario… Con il ricorso all’arbitrato internazionale la vittoria dell’Italia sarebbe stata certa”.

Le dichiarazioni dell’ambasciatore Terzi passano in rassegna i comportamenti dei Governi seguenti. Letta ha seguito la linea dell’abbandono. Renzi mantiene un atteggiamento ondivago: un giorno parla dell’internazionalizzazione ed il seguente il capo di Stato maggiore della Marina sostiene che il percorso va condiviso con l’India. Un terzo governante – il vice ministro degli Esteri, Lapo Pistelli – sostiene che “l’Italia non accetterà la “giurisdizione indiana”, rivendicando la “immunità funzionale”, formula che non regge di fronte alla ‘Convenzione del diritto del Mare’.

Fin qui l’intervista.

Noi ci permettiamo alcune note conclusive a riguardo dei due precedenti Governi. Il primo, Governo Monti, è stato un disastro su tutta la linea e quindi non ci meraviglia affatto che abbia ‘toppato’ anche su questa vicenda, rispetto alla quale il ministro Terzi ha fatto bene a prendere le distanze. Questo fallimento è la controprova che il prestigio internazionale del quale a giudizio del capo dello Stato godeva il professore Monti era scritto sull’acqua (è proprio il caso di dirlo). Prestigio presunto che, però, gli ha fruttato la dignità di senatore a vita, a nostro danno perché siamo noi tutti che ne paghiamo il conto.

Il Governo di Enrico Letta era intento in tutt’altre faccende, dovendo cercare continuamente il bandolo di quella imbrogliata matassa delle “larghe intese”, altra trovata geniale del Presidente della Repubblica, Napolitano.

Infine il Governo Renzi e della ministra degli Esteri, Federica Mogherini, la quale prima di prendere qualunque decisione deve prima sentire l’opinione del presidente degli Usa, Barak Obama, senza il cui consiglio è assai improbabile che esprima e intraprenda un orientamento, come dimostra la vicenda Ucraina e ora quella irachena.

Come si può dedurre facilmente, l’Italia in campo internazionale non conta un bel niente, in quanto da sempre ruota di scorta della politica internazionale degli Stati Uniti d’America.


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