La famiglia che ha dominato Brancaccio dopo l'arresto dei fratelli Graviano torna a far parlare di sé. Nessuno di loro risulta iscritto nel registro degli indagati, ma la partnership con la cosa nostra gelese sarebbero stati solidi e benedetti dal placet di Giuseppe, 'u dutturi, capomafia di recente scarcerato
Guttadauro, dal Marocco affari nel mercato del pesce «Nel mio piccolo, ogni giorno do lavoro a 300 cristiani»
Francesco Guttadauro, non risulta iscritto sul registro degli indagati, è prima di tutto un imprenditore. Un cognome pesante il suo. Il padre, infatti, è quel Giuseppe Guttadauro, ‘u Dutturi, che ha occupato il vuoto lasciato dopo l’arresto dei fratelli Graviano e di Antonio Mangano al vertice della famiglia mafiosa di Brancaccio, una delle più temute della scena palermitana. Non solo. Francesco è anche il nipote di Filippo Guttadauro, marito di Rosalia Messina Denaro e padre a sua volta di un altro Francesco, attualmente recluso in regime di 41bis, che da molti pentiti è stato indicato come il nipote preferito del boss latitante Matteo Messina Denaro, fratello di Rosalia.
È proprio il fiuto per gli affari del rampollo di casa Guttadauro che lo porta a trovare immediatamente un punto d’incontro con i Rinzivillo, la famiglia mafiosa di Gela al centro dell’operazione scattata ieri tra la Sicilia e Roma. Una collaborazione commerciale che Francesco avrebbe portato avanti insieme a Salvatore Rinzivillo, reggente della Cosa nostra gelese e i suoi presunti prestanome Carmelo e Angelo Giannone, che prevedeva di mettere su una rete di distribuzione del pesce che dal Marocco avrebbe dovuto toccare i mercati ittici di tutta Italia, con espansioni anche in Germania. Una notizia, quella dell’intesa con il giovane Guttadauro, accolta con grande entusiasmo nel Gelese. «Compà Salvatò, mi ha chiamato Francesco – si legge in una conversazione intercettata tra Carmelo Giannone e Rinzivillo – L’amico vostro. E mi vuole là in Marocco». «Sì ma quelli compà sono persone intelligentissime – la risposta del boss del Nisseno – Quelli compà, tu ci hai parlato! Come ha detto quella volta, è una persona…».
E per gli affari dei gelesi, la nuova partnership si presentava come una miniera d’oro: Guttadauro ha le conoscenze e i mezzi, «Sono tre anni che lavora lì e ormai ha le strade giuste per comprare il pesce direttamente allo scarico delle barche». «Io nel mio piccolo, giornalmente, ogni giorno, do lavoro a trecento cristiani, do» Si vantava Francesco. Anche sul versante palermitano, tuttavia, la collaborazione con i Rinzivillo era stata presa di buon grado, tanto che lo stesso Guttadauro si sarebbe ripromesso di procurare un numero italiano ai nuovi soci per potersi scambiare le foto del pesce via whatsapp e si sarebbe addirittura detto disposto a offrire loro un trattamento economico di favore, diverso da quello garantito ai suoi partner abituali. «Angelo – diceva a uno dei fratelli Giannone – io solitamente, con tutti gli altri, qualsiasi cosa faccio, me la faccio fatturare a me in Italia e poi me lo rivendo io. Però con te sto facendo un’eccezione, mi stai seguendo?». L’avvento dei Rinzivillo, insomma, viene preso come manna dal cielo per i Guttadauro e gli incontri tra le due famiglie non sono rari. Francesco vede Salvatore a Gela e a Porticello, ma a cementare il rapporto definitivamente è l’invito a cena da parte del vecchio boss, Giuseppe Guttadauro, che ospita Rinzivillo e Signora a casa sua, a Roma. Perché, come dice ai sodali lo stesso Francesco: «Patti avanti e amicizia lunga dice sempre mio padre».