Fa una certa impressione constatare che alla seduta del consiglio comunale di Belpasso del 24 febbraio – durante la quale Massimo Condorelli e Santi Borzì hanno annunciato il loro passaggio, e quello del gruppo Belpasso futura, all’opposizione e l’assessore Davide Guglielmino, anch’egli di Belpasso futura, ha rinunciato al proprio mandato (per non parlare dell’annuncio con il quale la vice presidente Angela Virgillito ha preso le distanze dal gruppo Diventerà bellissima, pur continuando a rimanere all’interno della maggioranza -, ha preso parte un pubblico numeroso e, soprattutto, partecipe.
Fa una certa impressione perché solitamente è proprio il pubblico il grande assente e la sua assenza conferisce all’evento i caratteri di una scontata ripetitività in perfetta aderenza con un cliché stanco e abusato. Una bella notizia, non c’è che dire. Sarà sempre così? È presto per dirlo. Quella di ieri non è stata l’ultima seduta del civico consesso e la prossima – gli argomenti, del resto, non mancano – costituirà un importante banco di prova.
Non dimentichiamo che il 2023, anno della tornata elettorale che dovrà portare alla scelta del nuovo sindaco e al rinnovo del Consiglio comunale, non è tanto lontano. Come non ci stupisce che qualche manovra sia già iniziata, alla stessa maniera non salutiamo questa improvvisa presenza, e l’entusiasmo che l’ha accompagnata, come la riscoperta di una sana voglia di partecipazione e come una decisa presa di distanza dalla pratica della delega in bianco.
Non è la prima volta, infatti, che la discesa in campo di valanghe di cittadini – il riferimento agli ultimi appuntamenti amministrativi e alle numerose liste di candidati a sostegno dei vari candidati sindaco – alimenta illusioni di ritrovata partecipazione. Non è la prima volta che, chiusa la tornata elettorale, la politica ritorni a essere una questione di palazzo e tutto ritorna allo status quo ante, rinviando così a data da destinarsi l’inizio della tanto agognata nuova stagione. Con buona pace di quella “sana” voglia di politica e di partecipazione che avrebbero dovuto costituire il cambiamento. Legittima, dunque, un pochino di prudenza.
Siamo convinti che la partecipazione non si alimenta mobilitando eserciti di truppe cammellate a riempire liste su liste (pratica nella quale molti leader sono davvero bravi) né si esaurisce provando l’ebrezza di sentirsi consigliere comunale in pectore per la tutta la durata della campagna elettorale, ma è qualcosa che va oltre. Le campagne elettorali passano, ma la polis, cioè la città, resta e con essa la politica, cioè l’impegno che spinge i cittadini a occuparsi dei problemi della città, con lo scopo di rendere il presente sempre più bello e il futuro sempre migliore. La partecipazione è legata alla cittadinanza e cittadini si è sempre e comunque.
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