Gli onorevoli italiani? Tutti ‘poveri’, mischini!

ORMAI E’ UN TORMENTONE: QUALUNQUE PARLAMENTARE VIENE INTERVISTATO SU QUANTO GUADAGNA AL MESE RISPONDE: “POCO, ABBIAMO ESAGERATO CON LA RIDUZIONE DEI COSTI DELLA POLITICA”. EPPURE 13-13 MILA EURO AL MESE PIU’ DI ‘AMMENNICOLI VARI NON DOVREBBERO ESSERE POCHI…

Ci fu un momento in cui, in Italia, i politici vennero chiamati a creare, quasi dal nulla, una nuova Repubblica. L’incarico di scrivere la Costituzione fu dato a persone che venivano da un periodo terribile (la Seconda Guerra Mondiale) che aveva lasciato profonde ferite quasi su tutti (fecero eccezione le maggiori banche, ovviamente).

Personaggi di primissimo piano come Dossetti, Lazzati, Fanfani e La Pira (poi definiti “padri costituenti”) si riunirono in un unico appartamento a Roma per dividere le spese e, nel frattempo, creare le basi del nuovo Stato. Il loro compito era difficilissimo perché dovevano crearlo partendo da zero. Basti pensare, ad esempio, che non sapevano nemmeno quanto corrispondersi di stipendio come parlamentari. Per questo motivo, Teresa Mattei, segretaria della Presidenza, fu mandata in giro per fabbriche ed uffici per chiedere quale fosse il salario degli operai e degli impiegati (ai tempi non esistevano mezzi di comunicazione e di informazione come oggi…). Al suo rientro lei propose che per non allontanarsi troppo dai compensi della media degli italiani, l’indennità parlamentare fosse di 42.000 lire, ovvero quasi il doppio dello stipendio di un operaio.

La sua proposta sembrò eccessivamente esigua, e si decise che il salario dei deputati fosse di 80.000 lire. Cifra comunque abbastanza sobria se si pensa al ruolo ed alle responsabilità dei politici di allora. Si era appena usciti dalla guerra. Una guerra dura e lacerante che aveva causato molte morti e che aveva impoverito il Paese. Tanto che, nella proposta di Costituzione presentata in Parlamento, la Commissione dei “padri costituenti” scrisse che “è compito della Repubblica rimuovere gli ostacoli d’ordine economico e sociale che limitano la libertà e l’eguaglianza degli individui e impediscono il completo sviluppo della persona umana”. La parola “povertà” fu volutamente omessa.

È passato più di mezzo secolo e pare che i principi scritti con il sangue dai padri costituenti nella legge più importante del nostro Paese siano caduti nel dimenticatoio. Oggi sembra che lagnarsi della propria (finta) povertà sia diventata la nuova moda della classe più benestante e in modo particolare degli esemplari di HOMO POLITICUS.

A lanciare la moda pare sia stato, nel 2008, Vittorio Sgarbi, il quale disse che quando Berlusconi lo faceva lavorare nelle sue televisioni riusciva a guadagnare due miliardi di lire l’anno, ma che lui li spendeva tutti in opere d’arte. Ora che non lavorava più in televisione, guadagnava molto meno, per cui i suoi conti erano “regolarmente in rosso”. (Armando Besio, Sgarbi vende i suoi tesori “I miei conti sono in rosso”, la Repubblica, 2008).

Poco dopo, nel 2009, fu Clemente Mastella, eurodeputato PDL a dire: “Una diaria di 290 Euro! ‘Sta miseria. Non ci si sta dentro!”. Dimenticando di dire che gli europarlamentari italiani erano (e sono), in assoluto, i più pagati d’Europa. A confermare la loro opinione, Mario Pepe, onorevole del Gruppo Misto, ex PDL, che, nel 2011, ebbe a dire: “Ho fatto 3 legislature, tra 10 giorni maturo il diritto a prendere il vitalizio parlamentare, credo 3 mila, 3 mila e qualche cosa al mese… io so di parlamentari che con il vitalizio riescono sì e no a sopravvivere”. Forse sarà per questo motivo che molti politici non hanno mai smesso di fare il proprio lavoro pur svolgendo il ruolo di gestori della “cosa comune” oppure che una volta entrati in parlamento non ne sono più usciti.

Pochi mesi dopo, nel 2012, Massimo Calearo, deputato di Popolo e Territorio riconobbe sinceramente, durante un’intervista a Radio24, che, in quattro mesi, era andato alla Camera solo tre volte: “Rimango a casa a fare l’imprenditore, invece che andare a premere un pulsante. Non serve a niente. Anzi, credo che da questo momento fino alla fine della legislatura non ci andrò più. Con lo stipendio da parlamentare pago il mutuo della casa che ho comprato, 12 mila Euro al mese di mutuo. E’ una casa molto grande”.

Sì, perché pare che quello di parlamentare, da molti non sia considerato un Impegno (la I maiuscola non è un errore) e un lavoro vero e proprio, ma un “extra” con cui coprire alcune spese. Forse la pensano così anche alcuni dei nuovi senatori a vita nominati da Napolitano. Abbado, il famoso direttore d’orchestra, e Renzo Piano, l’architetto di fama mondiale, quanto al loro comportamento come “senatori”, sono stati sinora a dir poco discutibili visto che non hanno partecipato a nessuna (zero totale, nemmeno una) delle sedute. Né ha fatto molto di più Carlo Rubbia, fisico nucleare e premio Nobel nel 1984, che ha presenziato solo a 5 delle 547 sedute (lo 0,87%). Ma almeno lui pare aver imparato il mestiere di HOMO POLITICUS. Infatti, si è subito rivolto stizzoso e adirato nei confronti di chi gli chiedeva la causa di tali assenze (Piazza Pulita, La7).

Eppure, stando alle dichiarazioni di quasi tutti questi esemplari, sembrerebbe che la vita degli appartenenti un certo ceto sociale sia un vero inferno. Razzi, senatore PDL, che da più di sei legislature risiede in Parlamento, ne parla quasi fosse un calvario: “Guadagno circa 12mila Euro al mese, ma di soldi non mi ritrovo niente”.

Anche altri esemplari di HOMO POLITICUS, pare siano dello stesso avviso. A chi faceva notare a Nicola Cristaldi, sindaco di Mazara Del Vallo, che era sorprendente che lui incassasse tre compensi contemporaneamente (4.817 Euro mensili come Sindaco, un vitalizio da deputato parlamentare di 5.839 Euro e uno da deputato regionale da 3.500), lui sorpreso rispondeva: “Io produco opere, e le accompagno con le parole, con il sentimento. Non sono un mediocre. E la mia fatica va ripagata”. Gli fa eco il sindaco di Roma, Marino, che di recente ha affermato: “Faccio un lavoro con enormi responsabilità. Sui tagli ai costi della politica abbiamo esagerato, prima o poi bisognerà riequilibrare i nostri miseri stipendi“ (superiori a 4000 Euro mensili più un elenco interminabile di extra).

Anche Rosario Crocetta, presidente della Regione siciliana, in una recente intervista a Radio24, si è lamentato della propria condizione economica: “Lo stipendio? Non l’ho dimezzato. Me lo sono abbassato, ma non del 50 per cento. Non avevo valutato il mio netto, avrei fatto una sciocchezza grossa come una casa”. E ha continuato: “Se vi dico quanto guadagno, alla fine dovete fare una colletta, il mio usciere guadagna di più. E poi ho un’assicurazione che devo pagare per tutta la vita”.

Sembra che la prassi di “lagnarsi per il proprio compenso” sia ormai diventata una caratteristica distintiva dell’HOMO POLITICUS (una sorta di caratteristica evolutiva della razza). L’ex ministro e deputato PDL Gianfranco Rotondi, in una recente intervista, ha detto che molti politici sono “gente povera”, dato che, come ha riferito: “Noi parlamentari apparteniamo alla categoria degli italiani meno abbienti”. E tra questi non poteva mancare Berlusconi, il quale già a febbraio, dopo la separazione dalla moglie, Berlusconi aveva detto: “Io sono diventato più povero, sapete? Ogni mattina mi chiedo se la mia ex moglie si sia svegliata, perché altrimenti dovrò spendere 100 mila euro solo nel pomeriggio”. E, infatti, il suo reddito è sceso da 48.180.792 di Euro a “soli” 35.439.981 di Euro. Annui ovviamente ….

L’obbligo di rendere pubblico il proprio reddito e il proprio patrimonio per gli onorevoli è facoltativo. Forse sarà per non fare vedere agli italiani quanto sono poveri che l’85 per cento di chi siede tra Montecitorio e Palazzo Madama, in barba alla trasparenza, ha rifiutato di comunicare i propri redditi. Solo di alcuni si conoscono i ricavi. Gli italiani “normali”, invece, hanno dichiarato le proprie entrate e, in base ad una ricerca del Ministero del Tesoro, il loro reddito medio sarebbe pari a 19.250 Euro. Ma il 49% dei contribuenti italiani ha un reddito complessivo “lordo” annuo che non supera i 15.000 Euro l’anno e un terzo non supera i 10.000 Euro….. Qualche giorno fa una donna, non riuscendo più a sfamare i propri figli, ha deciso di fare una rapina. Ma non era una delinquente, non era assistita da un nugolo di economisti ed esperti finanziari, nessun luminare del foro si è levato in sua tutela, non è stato mandato in onda nemmeno un “appello agli italiani”, insomma non era una “povera” esemplare di HOMO POLITICUS. E così, per aver cercato (di certo nel modo più sbagliato) di sfamare i propri figli, è finita in una cella di Rebibbia. Senza contare il numero, pare in aumento, di quelli che, non riuscendo più a sbarcare il lunario, decidono di togliersi la vita.

Forse sarebbe il caso che alcuni di quelli che governano l’Italia, prima di lagnarsi e prima di votare la prossima legge finanziaria (cambiarle il nome in legge di stabilità non è servito a cambiarne la sostanza), uscissero dai palazzi e dalle ville con piscina e, come i padri costituenti sessant’anni fa, facessero un giro per le fabbriche (quelle, sempre meno, ancora aperte e le oltre 400000 chiuse dall’inizio della crisi) e per le strade, dove sempre più gente rovista tra i cassonetti.

E, allora, dopo averlo fatto, forse capirebbero che non è necessario cambiare la Costituzione, come vuole fare Letta. Perché l’Italia è già cambiata…..in peggio.

 

 

 


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