E noi insistiano pure: lequiparazione tra palazzo madama e il parlamento siciliano va mantenuto. Non per questioni di prestigio, come raccontiamo in calce, ma per questione di sostanza politica
Giusta l’equiparazione tra Palazzo Madama e Parlamento siciliano? Insisto: il parametro tra Senato e Ars non va difeso
E NOI INSISTIANO PURE: LEQUIPARAZIONE TRA PALAZZO MADAMA E IL PARLAMENTO SICILIANO VA MANTENUTO. NON PER QUESTIONI DI PRESTIGIO, COME RACCONTIAMO IN CALCE, MA PER QUESTIONE DI SOSTANZA POLITICA
di Livio Ghersi
Ringrazio il Direttore di LinkSicilia, Giulio Ambrosetti, per aver pubblicato con un suo commento una lettera da me indirizzata al Direttore di un altro periodico on-line, Pensa Libero, che ha sede a Firenze ed al quale abitualmente collaboro.
Ringrazio ancor più i lettori che hanno ritenuto di esprimere un proprio commento al riguardo. Ciò è bene, perché il funzionamento delle Istituzioni della Sicilia deve interessare in primo luogo i Siciliani.
Ogni questione va ricondotta al proprio contesto: nel recente passato è stata approvata una disposizione di legge che gravava di un contributo perequativo i trattamenti pensionistici superiori al lordo ad un certo importo annuo. Tale disposizione è stata dichiarata costituzionalmente illegittima dalla Corte Costituzionale con sentenza del 3 giugno 2013, n. 116. In precedenza la Corte, con sentenza dell’8 ottobre 2012, n. 223, aveva dichiarato l’illegittimità costituzionale di altra disposizione di legge che aveva bloccato l’adeguamento automatico delle retribuzioni dei magistrati ordinari e di altre figure assimilate.
Formalmente le pronunce della Corte sono ineccepibili, perché in entrambi i casi si trattava di norme mal scritte, forse apposta perché non potessero resistere al vaglio del Giudice delle leggi. Tuttavia, nella sostanza, l’orientamento che la Corte Costituzionale ha iniziato a manifestare è, a mio avviso, profondamente sbagliato. Perché, in tempi di grave crisi economica, si deve avvertire l’esigenza di uno sforzo di solidarietà straordinario per venire incontro alle esigenze delle persone più in difficoltà che fanno parte della nostra stessa comunità sociale. Sforzo che, ovviamente, deve gravare in proporzione ai redditi posseduti. Non scomodo né Gesù Cristo, né Immanuel Kant: avere una concezione morale significa avvertire dei doveri nei confronti dei propri simili. Questo è l’ABC dell’etica, cristiana o laica che si voglia.
Per criticare quell’indirizzo della Corte Costituzionale ho scritto un articolo, pubblicato da Pensa Libero con il titolo che gli avevo dato: “La garanzia costituzionale dell’equità dei sacrifici”; pubblicato anche da LinkSicilia il 9 giugno 2013 con il titolo redazionale “Le pensioni grasse dei giudici della Corte Costituzionale”.
Ora, anche a seguito di un vivace dibattito che si è sviluppato nell’opinione pubblica a proposito di stipendi d’oro e pensioni d’oro, sembra che Governo e Parlamento intendano nuovamente intervenire in materia. Si spera in modo tale da superare i rilievi mossi dalla Corte Costituzionale. Se si manifestasse una chiara ed inequivoca volontà politica, la Corte non potrebbe fare altro che allinearsi.
Lo stesso dovrebbero fare i magistrati dei Tar e del Consiglio di Stato, i quali, con riferimento al recente passato, hanno non poche responsabilità nella gestione allegra dei conti pubblici (a cominciare dall’estensione degli incrementi economici a soggetti diversi per il criterio del cosiddetto “galleggiamento”).
I giudici della Corte Costituzionale ed i giudici amministrativi vivono nel mondo, avvertono i vincoli di solidarietà di classe, che sono qualcosa di più dell’azione di pressione che gli interessi organizzati normalmente esercitano nei confronti dei decisori politici.
Come pensionato con un trattamento privilegiato ho inteso far sapere che sono pienamente d’accordo a che le pensioni più alte, inclusa la mia, siano decurtate nella misura stabilita dalla legge, a titolo di contributo di solidarietà. Il Direttore di LinkSicilia non si fida delle persone che dovranno gestire queste risorse? Neanch’io sono convinto della correttezza dei decisori politici e dei dirigenti burocratici, ma l’alternativa quale sarebbe? Che chi più ha continui a tenersi il proprio gruzzolo e chi meno ha sia condannato ad una marginalizzazione sociale sempre più accentuata?
Bisogna convincersi che non sempre a ciò che si invoca come diritto acquisito corrisponde un merito conquistato sul campo a prezzo di sacrifici. E’ vero che i miei ex colleghi dell’Ars di sacrifici ne hanno fatti e ne continuano a fare tanti, ma per il malcostume politico di tenere seduta di notte o di fare sedute fiume.
Con apposite norme di civiltà, si dovrebbe imporre a questi onorevoli che le sedute si tengono soltanto dalle 08,00 alle 22,00. Liberi poi loro di tenere tutti i conciliaboli notturni di cui avvertono la necessità, ma riunendosi fra loro e fra i propri cari, senza disturbare dipendenti pubblici. Il che comporterebbe anche risparmi economici considerevoli. Per raggiungere questo obiettivo basterebbe che ci fosse un Presidente dell’Assemblea un minimo autorevole.
Al lettore che voleva sapere dove fosse stato pubblicato l’articolo di stampa cui ho fatto riferimento, fornisco un ragguaglio preciso. Veda l’articolo, a firma di Enrico Del Mercato, pubblicato nel quotidiano La Repubblica di domenica 30 novembre 2003 (più di dieci anni fa), con apertura nella pagina uno della Cronaca di Palermo e seguito a pagina cinque.
A differenza del Direttore di LinkSicilia, non ritengo che il parametro tra Assemblea regionale siciliana e Senato vada difeso per una questione di prestigio. Probabilmente è scandaloso anche il trattamento del personale del Senato, ma questo non dobbiamo essere noi a dirlo. Noi che viviamo in Sicilia, preoccupiamoci dell’Ars e della Regione siciliana.
Per quanto mi riguarda, ho cercato di dare il mio piccolo contributo di elaborazione, alla luce della mia esperienza. L’11 marzo 2006 consegnai un documento titolato “Autonomia ed Arcana Imperii”, in occasione del Cantiere tematico “Assetti istituzionali ed organizzativi e riforma della P.A. regionale”, per il programma di Rita Borsellino candidata Presidente della Regione. Il predetto documento ha subìto varie rielaborazioni, prima in occasione delle mie dimissioni volontarie dall’Amministrazione. Ovviamente, i Vertici politici e burocratici gli avranno dato la collocazione per loro più degna: nel cestino. Infine, su richiesta di “Società Libera”, un’Associazione di cultura liberale che ha sede a Milano, il documento ha assunto la consistenza di trentadue cartelle, con il titolo “Le spese di auto-organizzazione di una assemblea legislativa: il caso dell’Assemblea regionale siciliana”. Il documento è stato integralmente pubblicato nel sito di Società Libera il 2 maggio 2006 e penso che tuttora si possa trovare con una ricerca nella Rete Internet.
Nota a margine
Ringrazio l’amico Livio Ghersi per la sua bella e interessante precisazione. Che in parte condivido e in parte non condivido.
Detto questo, debbo essermi espresso male a proposito dei soldi che Livio Ghersi vorrebbe fossero tolti dalla sua pensione. Io non ho detto che non mi fido delle persone che dovrebbero gestire queste risorse: ho detto, molto più semplicemente, che i soldi che verrebbero tolti dalle pensioni dai funzionari o dirigenti dell’Ars non resterebbero in Sicilia e nemmeno in Italia: andrebbero dritti dritti nelle banche europee e nei meandri della finanza speculativa.
Non credo di dire cosa nuova affermando che, oggi, la cosiddetta Unione europea è gestita da ‘banditi’ che non rispondono al popolo, ma alle massonerie finanziarie, bancarie e anche di altro tipo (per esempio, criminali). E comunque, se è per questo, non avendo portato ancora il cervello all’ammasso, mi guardo bene dal fidarmi – con riferimento a quello che resta dell’Italia (poco, mi pare, soprattutto dopo il Fiscal Compact e il Two Pack) – del Governo Letta-Alfano-Bilderberg.
Quanto al Senato, o meglio, all’equiparazione dell’Ars a Palazzo Madame, non è una questione di prestigio, ma di sostanza. Roma non ha mai accettato l’Idea che la Sicilia abbia un Parlamento: e non ha mai accettato l’Autonomia siciliana, ‘conquistata’ dalla Sicilia grazie al sacrificio dei separatisti e non certo grazie ai democristiani o, peggio, grazie alle Sinistre di quegli anni – Pci e Psi – che erano profondamente antiautonomiste (con la sola eccezione di Togliatti – vedi il celebre “discorso di Messina” – che, non a caso, era il più intelligente di tutti).
L’Ars deve restare equiparata al Senato perché deve restare un Parlamento. Togliendo l’equiparazione Roma avrebbe un’arma in più per umiliare la Sicilia: cosa che fa, ininterrottamente, da 150 anni. “Siamo colonia”, se non sbaglio, scriveva qualcuno…
L’obiettivo storico e culturale della Sicilia, oggi, è l’indipendenza: un’indipendenza che i criminali che si sono impossessati della ‘presunta’ Unione europea stanno accelerando. Non è – lo riconosco, non sono così ingenuo – un obiettivo immediato: ma è un obiettivo che il fallimento integrale dell’euro, forse, ci consentirà di realizzare nel medio periodo.
g.a.