Conosciuto come «quello che canta in siciliano», Antonio Monforte si prepara all'uscita del nuovo disco che presenta anche brani in italiano ed influenze musicali che vanno dal jazz al rock. Il titolo è Fuoco nero e la raccolta si presenta ricca di temi attuali: oltre all'amore, si parla di famiglie allargate, disagio del mondo del lavoro ed emancipazione della donna. Un momento per guardare anche alla sua già lunga carriera. «Se penso all'esordio, trent'anni fa, in una pizzeria a San Giovanni La Punta, mi viene da ridere»
Fuoco nero, il nuovo album di Monforte «La canzone decide in che lingua scrivere»
Antonio Monforte è musicista da quando andava di moda fare il pianobar nei locali per farsi conoscere. Da quasi trent’anni scrive musica «con la chitarra, un foglietto e la penna rigorosamente nella sinistra perché sono mancino», racconta. A breve uscirà il suo ultimo album dal titolo Fuoco nero, ma lui pensa già alla prossima fatica artistica con l’entusiasmo e la grinta di chi ha ancora tante storie da cantare.
«Ho esordito cantando in una pizzeria a San Giovanni La Punta insieme a due coetanei quando avevo sedici anni e – continua – se ci penso rido, perché eravamo musicalmente grezzi, immaturi e non avevamo nulla da dire». Adesso che gli anni sono quarantacinque e al basco sulla testa si è unita anche una barbetta brizzolata, gli argomenti a Monforte non mancano e nell’ultimo album parla di storie attuali masticando il funky, il blues, il jazz, il rock, la musica acustica, la folk e anche quella cubana. Le canzoni di Fuoco nero parlano della solitudine in un mondo sempre più social e raccontano di famiglie allargate, del disagio del mondo del lavoro, dellemancipazione della donna «dalla fuitina al divorzio» e dellamore come passione «esaltato nel brano che dà il titolo all’intero disco».
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Gli arrangiamenti sono del fisarmonicista e tastierista Anthony Panebianco, non alla prima collaborazione con Monforte. «Anthony suona nelle navi da crociera e si può dire che, proprio per questo, il disco sia stato scritto in giro per il mondo perché – spiega – io componevo i testi a Catania e lui gli arrangiamenti nelle isole caraibiche».
Il cantautore catanese è conosciuto da molti solo come «quello che canta in siciliano», ma in verità è solito comporre sia in italiano che in dialetto, seguendo di volta in volta l’istinto perché «in un certo senso è la canzone stessa a decidere in che lingua essere scritta», precisa Monforte. E in effetti in Fuoco nero si serve di entrambe gli idiomi, con l’obiettivo di dare un seguito al precedente Semu siciliani.
L’artista, che si è esibito per anni nei pub di tutta la Sicilia «con brani inediti e cover internazionali completamente arrangiati a modo mio, senza fare fotocopie», è anche insegnante di chitarra e nel 2012 ha organizzato ad Aci S. Antonio Musica libera, festival per band emergenti delle quali ricorda ancora con soddisfazione il pregio artistico. «Ho notato gruppi giovani con bellissime idee che riescono a trasmettere grandi emozioni – e prosegue Monforte – magari suonano anche come tribute band ma non rinunciano a proporre qualcosa di originale e personale».
Il pubblico di Monforte è variegato e non si possono riconoscere particolari trend di età «considerando che sono seguito dai ragazzini che hanno quindici anni come mio figlio e da gente più grande di me», ci dice. Proprio quando si parla del figlio, Monforte si riempie del più sincero orgoglio. «Sta seguendo le orme del papà e non posso che esserne felice perché fare il musicista è una scelta di vita anche se per me a volte è stata sofferta – e chiarisce – non lo si fa per diventare ricchi ma perché lo si sente con forza».
[Foto di Bruno Delpopolo]