Malumori crescenti serpeggiano nel settore della formazione professionale. Il clima che si respira è pesante ed aleggia un senso di sospetto corroborato da una intensa attività giudiziaria. Diverse le leve critiche emerse dallo scricchiolio dell'impalcatura di un sistema, quello formativo, che fa acqua da tutte le parti.
Formazione, Durc a posto e stipendi non pagati…
Malumori crescenti serpeggiano nel settore della formazione professionale. Il clima che si respira è pesante ed aleggia un senso di sospetto corroborato da una intensa attività giudiziaria. Diverse le leve critiche emerse dallo scricchiolio dell’impalcatura di un sistema, quello formativo, che fa acqua da tutte le parti.
La notizia di qualche giorno fa di una conclusione di indagine sull’operato di due Enti formativi nel Palermitano segue a distanza l’azione delle Fiamme Gialle in provincia di Messina. Accertamenti in corso in provincia di Caltanissetta, come in quel di Trapani. E così fino a coprire, con ogni probabilità, le nove province siciliane.
Un controllo a setaccio alla ricerca di presunti reati? Può darsi. Un ventaglio di illegittimi comportamenti pare possa legare “a nodo stretto” diversi soggetti, pubblici e privati, interessati alla filiera formativa. L’origine di questa escalation pare possa ricondursi alle poco trasparenti procedure di gestione e avvio dell’Avviso 20/2011. Sono insistenti le voci, ma è tutto da vedere ovviamente. Almeno a sentire certe indiscrezioni raccolte nelle scorse ore, ripetiamo, sembrerebbe proprio così.
Parrebbe tornare di moda, quindi, l’idea del ritiro in autotutela dell’Avviso 20/2011. Un vero dramma sociale all’orizzonte si prefigurerebbe. A tal riguardo, diciamo subito che non ci convince molto questa previsione richiamata qua e là da qualche analista di settore. E lo affermiamo con consapevolezza e spirito critico. Non foss’altro perché tutte le volte che sembrano emergere – qua e là – elementi poco chiari nella gestione dell’Avviso 20/2011, succede sempre qualcosa che contribuisce a cambiarne la prospettiva. Cioè si finisce col registrare un cambio degli istanti, oppure un cambio di assetto proprietario od anche un’inversione di rotta nelle determinazioni. Così almeno ci viene riferito. E come se, ad un certo punto, la corsa si arresta facendo affievolire o volatilizzare il tutto ad un passo dalla verità.
Anche lo stesso bando integrativo confezionato per la sola provincia di Caltanissetta e pubblicato con estratto in Gazzetta Ufficiale della Regione Siciliana (GURS) appare come un dietro front. Sia chiaro: anche noi abbiamo dato spazio nel nostro giornale alla protesta spontanea di allievi e lavoratori contro una macroscopica ingiustizia. Ma, a nostro parere, ci appare come una sonora sconfitta per la procedura di progettazione, presentazione e valutazione impiantato a suon di quattrini in sede di Avviso 20/2011. E ci chiediamo: con quali soldi si coprirà la quota comunitaria e regionale necessaria per le ore formative messe a bando? Vedremo.
Intanto, attraverso la pubblicazione dell’Avviso 5/2012 per il 2013/2014, allegato al Decreto dirigenziale n.5168 del 22 novembre 2012, pare si intenda sanare il mancato esercizio del diritto allo studio ed alla formazione professionale degli utenti nisseni: era ora. Il dirigente generale del dipartimento per l’Istruzione e Formazione professionale pro tempore, Ludovico Albert, firmatario del decreto su indicato, pare abbia inteso sanare, per l’appunto, l’errore poco giustificabile commesso a danno delle centinaia di allievi della provincia di Caltanissetta, impediti a formarsi e qualificarsi a causa dell’azzeramento delle ore avvenuto in sede di presentazione dei progetti a valere sull’Avviso 20/2011.
Per la verità Albert ci ha abituato a cambi repentini di tragitto in corso d’opera, al punto da non farci quasi più caso. Ma ciò che appare indebolire il sistema formativo non è stata solo la maldestra azione amministrativa del tecnico super pagato dal presidente della Regione siciliana pro tempore, Raffaele Lombardo, ma il venir meno della stessa credibilità. Lo sbriciolarsi insomma di un certo modo di gestire i cosiddetti “flussi finanziari”, riconosciuti dall’amministrazione attiva agli Enti attuatori, in virtù del finanziamento a valere sull’Avviso 20/2011. Facciamo qualche esempio comprensibile.
La pratica degli “affitti facili”, per esempio, ci riferiscono, non sembrerebbe essere una novità. Ciò che colpisce sembra una certa spavalderia con la quale certi titolari di società di capitali esercitano il ruolo, quale posizione dominante nel sistema formativo. Ci riferiamo alle diverse segnalazioni giunte in redazione circa presunte operazioni immobiliari alquanto azzardate. Sembrerebbe rispondere a verità che qualcuno abbia acquistato un immobile che poi ha affittato a diversi Enti formativi, più o meno di proprietà.
Sembrerebbe, stando sempre alle indiscrezioni, che il prezzo pattuito si attesterebbe a cifre esorbitanti rispetto ai valori medi catastali dei luoghi interessati. Stando sempre a certe indiscrezioni, alle quali stentiamo a credere, con questa operazione di affitto diciamo consapevole”, sembrerebbe che il titolare abbia inteso ammortizzare l’investimento, attraverso regolare stipula di mutuo. In buona sostanza, si paga la rata di mutuo con le risorse del Fondo sociale europeo (Fse). Un bell’affare.
Siamo certi che, prescindendo dalle indiscrezioni, se qualcosa dovesse essere vera, prima o poi, dall’intensa attività degli inquirenti, dovrebbe emergere come inconfutabile la verità. Vi sono poi voci insistenti di strane operazioni in sede di cessioni aziendali. Peraltro pratica intensa, negli ultimi due anni, nel settore della formazione professionale siciliana. Sarà un caso? Vedremo.
Parrebbe anche che non tutte le cessioni effettuate negli ultimi mesi nel settore della formazione professionale siano state condotte nel rispetto delle indicazioni impartite dal dirigente generale al ramo. Nello specifico, qualcuno insiste nell’affermare che, in taluni casi di cessioni aziendale, l‘acquirente abbia acquisito solamente i crediti e non anche i debiti nei riguardi della pubblica amministrazione. Se così fosse, in aperta violazione a precise disposizioni che prevedono invece sia il trasferimento dei debiti che dei crediti.
Se queste indiscrezioni dovessero trovare fondamento, beh, allora sarebbe prezioso comprendere come mai certi Enti formativi interessati abbiano potuto percepire quote di finanziamento. Contravvendo, in tal modo, anche ad una circolare dell’assessorato regionale allEconomia che obbliga la Ragioneria centrale a non emettere mandati di pagamento in favore di Enti formativi con pendenze debitorie nei riguardi dell’assessorato regionale per l’Istruzione e Formazione professionale.
Pur trattandosi di indiscrezioni e voci di corridoio, queste strane storie appaiono come stranezze che implicano punti di domanda. Fatti che certamente incuriosiscono. A maggior ragione e si pensa che altri Enti formativi, per beneficiare delle provvidenze previste dall’Avviso 20/2011, hanno dovuto sborsare centinaia di migliaia di euro per saldare la posizione debitoria in sede di rendicontazione finale di attività ascrivibili ad annualità formative pregresse. Un inghippo di non facile soluzione. Figli e figliastri? Parrebbe proprio di sì. E per avvantaggiare chi e per che cosa?
Detto questo, torniamo ad occuparci di altri due strumenti che qualcuno presume siano stati utilizzati strumentalmente da diversi Enti formativi per produrre “sacche di profitto”. Un fatto grave se fosse vero. In un sistema formativo impiantato sull’attività economica finalizzata alla produzione di utile può accadere, e chiaramente va valutato attentamente se risponde a verità, che il personale venga posto in Cassa integrazione per liberare quote di finanziamento. Importi poi imputati a decremento di precedenti debiti nei riguardi dell’amministrazione attiva o per costituire quote di utili da redistribuire all’azionariato societario.
In poche parole, debiti contratti per finanziamenti ricevuti e sanati con altri finanziamenti pubblici. Un vero sollazzo. Altro aspetto degno di essere, a nostro avviso, verificato per accertarne la veridicità. E poi “dulcis in fundo”, il Documento unico di regolarità contributiva (Durc), strumento disciplinato dall’articolo 1, comma 1175, della legge 27 dicembre 2006, n. 296 . In tanti si chiedono: com’è stato utilizzato nel settore della formazione professionale? Proviamo a fare un ragionamento. (sopra, a sinistra, foto tratta da iononfaccioniente.wordpress.com)
Intanto precisiamo che nasce a tutela del lavoratori, parte debole del rapporto di lavoro. Ma c’è tutela quando un Ente formativo per mesi e mesi regolarizza la posizione contributiva e non quella retributiva del proprio dipendente?
Cerchiamo di essere più chiari. Se un ente mantiene il Durc positivo mese per mese, necessario per ottenere nuovi finanziamenti, ma non riconosce alle stesse scadenze la retribuzione al lavoratore, lo stesso può ritenersi tutelato? E le norme statali e regionali possono ritenersi rispettate? Ma poi, il Contratto collettivo nazionale di lavoro di settore (Ccnl-Formazione professionale) non specifica che l’Ente formativo deve corrispondere mensilmente la retribuzione netta al proprio dipendente? E se questo non accade si possono rinvenire refluenze sull’accreditamento alla Regione siciliana tali da bloccarne i flussi finanziari? E sono stati adempiuti i controlli a tal riguardo?
A maggior chiarimento sull’argomento richiamiamo l’articolo 17, comma II della legge regionale n.27 del 15 maggio 1991 (ancora in vigore) che prevede: “I pagamenti relativi alle spese del personale sono disposti mensilmente dagli Enti”. Ed allora a chi giova la gestione di un sistema di ritardi nell’avvio delle attività formative e nellerogazione dei corrispondenti flussi finanziari?
Il paradosso tutto siculo-piemontese è che taluni Enti sono in possesso di regolare Durc mensile pur dovendo ancora oggi riconoscere diverse mensilità retributive al personale. Di certo, si pone una riflessione etica su questa impasse, ma non solo. Vi sono gli estremi per rilievi di altra natura? In tanti attendono fiduciosi che qualcosa possa accadere.
Non tutti i ricorsi che hanno arricchito un portentoso contenzioso con l’assessorato regionale per l’Istruzione e Formazione professionale potranno essere archiviati. Almeno in questo sperano i tanti che hanno depositato ricorsi amministrativi e non solo.
Auspichiamo, in questo marasma generale, che il presidente della Regione siciliana, Rosario Crocetta, l’assessore regionale al ramo, Nelli Scilabra, e la “lombardiana” Anna Rosa Corsello, dirigente generale del dipartimento Lavoro (per concessione di Raffaele Lombardo) e dirigente ad interim, per scelta di Crocetta, del dipartimento Istruzione e Formazione professionale possano attuare, da subito, una “operazione trasparenza”. Approccio, a nostro avviso necessario, per salvare un settore, i suoi allievi ed i suoi lavoratori, e che non debba guardare solamente al profitto di pochi, ma anche e sopratutto al raggiungimento di fini istituzionali sanciti dalla Carta Costituzionale.