Formazione, da Lombardo ai microfoni di Report: parla Giuseppe Raimondi

Il “pianeta” della formazione professionale siciliano scomoda anche la troupe della nota trasmissione televisiva Report. Gli inviati del programma televisivo di Rai 3 sono stati nei giorni scorsi in Sicilia dove hanno raccolto materiale giornalistico per fare una quadro completo della “galassia” formazione.

Al centro dell’inchiesta gli interessi che ruotano attorno alla formazione, le assunzioni clientelari e familiari. Riflettori puntati su diversi politici tra i quali spicca Francantonio Genovese del Pd. Ma anche su altri soggetti come Melino Capone e la recente inchiesta giudiziaria che ha interessato l’Ente di formazione Ancol.

Il programma, che andrà in onda nelle prossime settimane, pare abbia dipinto un settore “magna magna”, pieno di eccessi e difetti. Non è proprio così. Proviamo a dire come stanno veramente le cose. Se errori ci sono probabilmente vanno ricercati anche a Roma, nei ‘Palazzi’ del potere dove passano le nomine.

Certamente le inchieste, le denunce, diversissime, partite anche da questa testata giornalistica, provano la presenza di “bubboni affaristico-clientelari” che vanno estirpati per salvare il sistema formativo siciliano. Ma va detto che tanto altro ha funzionato e continua a funzionare. Molte cose vanno salvaguardate e non tutto va buttato. In tal senso ci siamo fatti una chiacchierata con Giuseppe Raimondi (nella foto a sinistra), responsabile regionale della Uil scuola per la formazione professionale. Uno, pochi, per la verità, che non la mandano a dire e che la materia la masticano bene. Con lui abbiamo provato a tirar fuori punti di forza e di debolezza del sistema e imbastire alcune proposte operative. Concrete idee risolutive per il rilancio del settore. Ma veniamo all’intervista partendo da una premessa necessaria a descrivere in breve il settore. Attualmente il sistema formativo regionale si compone di tre filiere d’intervento:

1) Interventi Formativi offerti a giovani inoccupati e disoccupati compresi tra i 18 e 32 anni, nonché a coloro che abbiano compiuto il 17° anno di età, non più soggetti al diritto-dovere d’istruzione e formazione professionale; a soggetti svantaggi e a lavoratori che hanno interesse a rafforzare le loro competenze. Il costo annuo è di 286 milioni di euro tutti a carico del Fondo sociale europeo (Fse) con un numero addetti di circa 7.200 unita lavorative a tempo pieno.

2) Interventi per giovani soggetti al diritto-dovere d’istruzione e formazione, comunemente definiti interventi in OIF (acronimo di Obbligo di Istruzione e formazione) che non abbiano compiuto 17 anni. Il costo annuo è di 50 milioni di euro ed il numero di addetti e’ circa 2000 unità lavorative.

3) Sportelli Multifunzionali, organismi che svolgono la loro opera a supporto dei Centri per l’impiego (Cpi) assicurando il servizio di orientamento e di aiuto alla scelta al cittadino/utente in cerca di lavoro. Il cui costo annuo è di 96 milioni di euro a carico dell’Fse ed il numero degli addetti circa 1850 unità lavorative.

Complessivamente, nelle tre filiere trovano lavoro circa 10.000 lavoratori.

Ma veniamo alle domande poste al sindacalista.

– Quanto hanno inciso le scelte di Lombardo, ex presidente della Regione siciliana, e di Mario Centorrino, già assessore regionale al ramo, nello sfracelo della formazione professionale in Sicilia?

”La legge regionale n.24 del 6 marzo 1976 è una legge ordinamentale e come tale fissa un sistema di regole che non può essere eluso quando si organizzano e finanziano corsi di formazione professionale. Il Governo Lombardo, dal 2012, sceglie di trasferire l’intero costo del Piano regionale dell’offerta formativa (Prof) a carico del Fondo sociale europeo (Fse). Il governatore della Sicilia decide di porre a carico dei fondi comunitari anche la formazione ordinaria iniziale o di base. La scelta di utilizzare i fondi comunitari in condizioni di bilancio pesanti è senz’altro condivisibile, ma resta temerario il trasferimento del costo dell’attività ordinaria da sempre finanziata dal bilancio regionale ai sensi della legge regionale n. 24/76”.

– Perché?

“Semplice. Questa scelta comporta il rischio che la Commissione Europea, a consuntivo, possa aprire una procedura d’infrazione nei confronti della Regione siciliana per la violazione del ‘principio dell’addizionalità’ illustrato all’art. 15 del Regolamento CE n. 1083/2006 . Conseguentemente, nel 2012, il Prof, che annualmente era approvato dalla Commissione regionale per l’impiego (Cri) è sostituito con l’Avviso pubblico n. 20/2011 – Programma Operativo Obiettivo Convergenza 2007/2013 – Asse II Occupabilità. Si tratta di un bando che non transita dalla Commissione regionale per l’impiego, ma che è adottato dal dirigente generale previo atto d’indirizzo e programmazione dal solo assessore regionale dell’Istruzione e Formazione professionale”.

– E la legge regionale numero 24?

“Il 2011 è dunque l’ultimo anno in cui l’assessore regionale alla Formazione adotta il Prof ai sensi della l.r. 24/76. Nell’ambito del Piano 2011, il Governo introduce nel sistema, previa sottoscrizione di un accordo sindacale definito ‘della buona formazione’, molto osteggiato dall’Uil e dell’UGL, alcune novità sostanziali che determinano un quadro di emergenza occupazionale senza precedenti. L’accordo prevede, infatti, l’adozione del cosiddetto ‘parametro unico di finanziamento’, l’impossibilità di trasferire ore e personale da un Ente all’altro in caso di chiusura (forzata o volontaria) di un Ente. In aggiunta, dà al Governo il via per presentare un disegno di legge che introduca gli strumenti di sostegno al reddito istituiti da norme nazionali. Di fatto, modificando il Fondo di garanzia istituito con norma regionale nel 2003”.

Quali sono gli effetti di tale accordo?

”Occorrono alcune premesse. Sino al 2010 l’amministrazione regionale accordava nell’ambito del Prof, per ragioni diverse, parametri di finanziamento differenziati per gruppi di Enti. In pratica, la stessa ora di formazione ad alcuni Enti era finanziata con 88 euro, ad altri con 110 euro, ad altri ancora sino a 190 euro. Le ragioni che determinarono tale situazione furono diverse. In molti casi, comunque, i parametri di finanziamento più alti erano riconducibili a un maggiore costo del lavoro. Circostanza ovvia, se si tiene conto che non tutti gli Enti (e con loro i dipendenti) non operano nel settore dallo stesso numero di anni”.

– E allora?

“Ebbene, il Governo decide dunque di introdurre nell’ambito del Prof 2011 un unico parametro di finanziamento e lo fissa in ragione di 135 euro ora /corso di cui 110 euro da destinare al personale e 25 alle spese di funzionamento dell’Ente. La decisione ha comporto che, a parità di ore di formazione assegnate e di personale in servizio rispetto all’anno precedente, gli Enti con un parametro superiore a 135 hanno ricevuto meno risorse e hanno dovuto avviare le procedure di Cassa integrazione prima e di licenziamento dopo. Mentre gli Enti con parametro inferiore a 135 hanno ricevuto più risorse e hanno potuto assumere nuovo personale”.

– Avete fatto presente al Governo quello che stava succedendo?

“Al Governo è stato chiesto di ‘governare’ gli effetti derivanti da tali scelte, introducendo un periodo di transizione di uno/due anni per consentire al tavolo concertativo regionale di ‘trasferire’ il personale risultato in esubero da quegli Enti con parametro maggiore ai 135 euro presso quegli Enti con parametro inferiore ai 135. Il Governo, forte di quell’accordo ‘sulla buona formazione’, è stato irremovibile e gli Enti hanno collocato i lavoratori in Cassa integrazione in deroga con la speranza di ottenere più ore e più finanziamenti ed evitare i licenziamenti”.

– Quali critiche alle scelte del Governo Lombardo?

“Con l’adozione dell’Avviso 20/2011 s’introduce l’unita di costo standard in ragione di 129 euro ora/corso e con esso una nuova modalità di rendicontazione. In pratica, se i costi sostenuti per svolgere l’attività progettuale approvata rientrano nel finanziamento assegnato l’Ente non avrà l’obbligo di svolgere presso gli Uffici del Lavoro la verifica finale attraverso l’esibizione dei conti e delle ‘pezze’ di appoggio giustificative. Gli Enti formativi senza scopo di lucro tendono a trasformarsi in vere e proprie aziende con l’obiettivo di realizzare anche ‘utili’. Questo è uno dei possibili risultati di gestione che emerge dalla presentazione del nuovo ‘vademecum dell’unita di costo standard’ da parte dell’assistenza tecnica del Dipartimento regionale della Formazione professionale”.

– Ci saranno licenziamenti?

“Sì. Il costo orario fissato in ragione di 129 euro ora/corso, che pressappoco riconferma il parametro unico introdotto nel 2011, ancorché nel settore siano state investiti circa 33 milioni di euro l’anno in più, ha determinato, da parte degli Enti che hanno contezza delle ore e del finanziamento assegnato, la dichiarazione di 640 esuberi strutturali. Si tratta di lavoratori che passeranno dalla Cassa integrazione al licenziamento. Si apprezza che le dichiarazioni di esubero subiranno un incremento e che i licenziamenti si attesteranno sulle 1000 unità”.

Com’è possibile che in un settore se investa più risorse e si realizzano più licenziamenti?

“Perché il Governo non è stato capace di governare la trasformazione che non è una riforma ma un’operazione di ragioneria confusa e dannosa! Inoltre l’attuazione dell’Avviso 20/2011 sul piano dei tempi è stata assolutamente fallimentare. Il Governo aveva apprezzato l’inizio delle attività d’aula a febbraio/marzo 2012. Ed invece lo spostamento dello start up a settembre/ottobre, ha fatto saltare anche i conti di previsione sulla Cassa integrazione. Risultato? Sono state sottratte somme destinate alla Cassa integrazione ad altri settori dell’economia”.

Sono stati rispettati i tempi previsti dal Governo regionale per l’avvio dell’Avviso 20/2011?

“Avevamo avvertito che la registrazione dei decreti di finanziamento avrebbe allungato e di molto i tempi di erogazione delle prime anticipazioni del finanziamento. E’ stata conclusa da qualche giorno la procedura da parte della Corte dei Conti e considerato che i tempi che il Governo aveva previsto per l’avvio delle attività si sono considerevolmente allungati, con molta probabilità non ci sarà il tempo di certificare la spesa dell’Avviso 20/2011. Questo comporterà un grave il danno per la Regione, per la quale si profila un disimpegno automatico di centinaia di milioni a valere sui fondi comunitari. Tutto questo è il frutto di una scelta di Governo improvvisata che ha disposto il passaggio da un sistema di regole, applicate per oltre 25 anni, a uno completamente nuovo. Il tutto deciso senza osservare un periodo di transizione, creando confusione, disorientamento, preoccupazione e pesanti ricadute in termini occupazionali”.

Danni enormi, insomma.

“Per dare il senso dei risultati raggiunti dalla gestione Centorrino-Albert con la super visione dell’ex presidente della Regione siciliana, Raffaele Lombardo, basti pensare che, nel 2011, i tempi del procedimento amministrativo si sono notevolmente allungati. E questo è successo nonostante un ricorso massiccio all’assistenza tecnica (sembra che nel solo 2011 la certificazione di spesa per assistenza tecnica ammonta circa 21 milioni di euro). I ritardi nell’erogazione dei finanziamenti non sono più fisiologici, ma patologici. Si registrano, a causa della lentezza del procedimento amministrativo, ritardi nell’erogazione dei finanziamenti che sfiorano oltre 8/10 mesi dalla disponibilità delle risorse in bilancio. Questi ritardi non sono più tollerabili, perché non consentono agli Enti di assolvere le obbligazioni contrattuali e ai lavoratori di condurre una vita libera e dignitosa”.

E allora cosa fare?

“Nel rispetto della legge regionale 24/76 e dei regolamenti comunitari bisogna avviare un processo di riordino del settore che consenta alla regola europea di coesistere armonicamente con quella regionale. Il costo della formazione iniziale e/o di base dovrebbe restare a carico del bilancio regionale ai sensi della legge regionale 24/76 e quella specialistica a carico del Fondo sociale europeo”.

Quali priorità?

”Mettere in campo un’azione di governo che preveda un graduale e progressivo abbattimento dei costi della formazione al fine di renderli compatibili con il bilancio regionale nel sessennio 2014/2020. Rilevare il ‘fabbisogno formativo, ascoltando il mercato del lavoro e quindi sentendo le associazioni imprenditoriali, gli Enti bilaterali, le Camere di commercio, gli Uffici del Lavoro, il mondo della cooperazione e altri soggetti economici. Approntare un’offerta formativa per le famiglie siciliane, per consentire una scelta formativa per i propri figli che preveda varie scelte. Prevedere dunque una rete scolastica sul territorio”.

– Ovvero?

“Penso all’istituzione pubblica statale, il centro formativo ove adempiere sia l’assolvimento dell’obbligo formativo, sia la frequenza di un corso per l’acquisizione di una qualifica professionale. Quindi i centri formativi e il polo ove svolgere la formazione tecnica superiore per la qualifica che si pone tra il diploma e la laurea breve. Va istituito un Osservatorio regionale permanente per un monitoraggio delle iniziative formative svolte al fine si valutarne efficacia. E va rilanciata una vera e concreta concertazione con le forze sociali in un settore strategico per l’economia dell’Isola”.

– C’è anche il grande tema delle procedure troppo lente.

“Il procedimento amministrativo dovrà essere snello, accorciando i tempi di erogazione dei finanziamenti. E bisogna ordinare sotto un unico assessorato il dipartimento Lavoro, il dipartimento Agenzia regionale per l’impiego e il dipartimento Istruzione e Formazione professionale. Adesso la parola passa al nuovo presidente della Regione, Rosario Crocetta. I cambiamenti servono. Auspichiamo che Crocetta non si lasci condizionare ed intimidire nelle scelte politiche che interesseranno il settore”.

 


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