«Se non c’è scappato ancora una volta il morto è stato soltanto per un caso fortuito». Alessio D’Urso, geologo con alle spalle diverse collaborazioni con il Comune di Acireale, ne è sicuro: quanto accaduto ieri a Capomulini poteva trasformarsi nell’ennesima tragedia. Il nubifragio che si è abbattuto sulla costa ionica ha infatti causato ancora una volta l’esondazione del torrente Lavinaio-Platani, un corso d’acqua che già in passato ha mietuto numerose vittime, l’ultima delle quali poco più di un anno fa quando a perdere la vita fu il 53enne Giuseppe Castro. «Non si tratta di semplici coincidenze – spiega D’Urso – Quel torrente è pericolosissimo specialmente in giornate in cui le precipitazioni sono così intense. Purtroppo però c’è ancora chi sottovaluta la situazione». Il riferimento del geologo va al passato, quando da consulente del Comune fu chiamato a far parte di un’equipe che aveva il compito di stimare il livello di pericolosità del torrente: «Mi è stato detto di aver sbagliato i calcoli, di essere esagerato – prosegue l’esperto – Adesso con amarezza posso dire di aver avuto ragione ma bisogna capire che, se non si interverrà in maniera decisa nella messa in sicurezza dell’area, si potrà andare incontro a calamità con conseguenze ben peggiori».
Secondo D’Urso, infatti, il letto Lavinaio-Platani nel tratto finale che attraversa la frazione acese di Capomulini – quella che ieri ha subito i maggiori danni con l’allagamento di diverse abitazioni e il danneggiamento di due auto trascinate dalla corrente – avrebbe una sezione capace di accogliere appena un quarto della quantità d’acqua che potenzialmente potrebbe scorrervi dentro. «Nei decenni, l’urbanizzazione della zona si è sviluppata senza tener conto della natura – sostiene D’Urso – Anzi, la progressiva cementificazione, con la conseguente riduzione dei terreni capaci di assorbire l’acqua, ha aumentato la portata del problema».
Tuttavia una soluzione va trovata e anche presto. In tal senso, il sindaco di Acireale Roberto Barbagallo, che ieri è stato al centro di una piccola polemica per la mancata dichiarazione dello stato di pre-allerta meteo, ha dato mandato agli uffici di produrre in tempi celeri un progetto di messa in sicurezza del torrente. La decisione è stata presa al termine di una riunione a cui ha partecipato lo stesso D’Urso: «Il primo cittadino – commenta il geologo – si è mostrato risoluto nel voler finalmente affrontare di petto una questione che negli ultimi anni, nonostante i tragici episodi accaduti, è finita sempre per essere accantonata. Barbagallo ha detto di voler risolvere il problema a qualunque costo». Spese, che per quanto riguarda l’aspetto economico, potrebbero non essere un problema. È notizia delle ultime ore infatti l’esistenza di un finanziamento di circa un milione di euro, stanziato tra la fine del 2008 e l’inizio del 2009 dal ministero dell’Ambiente, per la messa in sicurezza dell’area. Si tratta di un intervento legato a doppio filo al Piano di assetto idrogeologico (Pai), prodotto dall’assessorato Territorio e ambiente, con cui la Regione punta a pianificare «le azioni, gli interventi e le norme duso riguardanti la difesa dal rischio idrogeologico del territorio siciliano».
Il Pai cataloga il rischio idrogeologico su quattro livelli: dal più basso (R1) al più alto (R4). L’R4, che riguarda i luoghi contraddistinti da seri rischi per l’incolumità delle persone, è il livello verso cui confluiscono i fondi per la messa in sicurezza: «Nel caso del torrente Lavinaio-Platani – spiega D’Urso – la zona di sversamento a Capomulini rientra a pieno titolo nel livello R4, mentre salendo verso via Anzalone (il punto in cui fu travolto Giuseppe Castro, ndr) rientra nell’R3. Tuttavia, anche questa, proprio a causa delle tragedie passate, è oggetto del finanziamento».
Messa in sicurezza, però, che a oggi non è mai stata effettuata in maniera decisa, al punto che in occasione della tragedia dello scorso anno l’allora sindaco Nino Garozzo si era limitato a sottolineare come «gli alvei torrentizi sono di proprietà del demanio regionale». Sul perché i fondi non siano stati utilizzati, l‘assessore alla Protezione Civile, Rory Pietropaolo, avanza un’ipotesi: «Non posso esserne certo – dichiara – ma non escludo che potrebbero essersi create delle complicazioni per ciò che questa messa in sicurezza dovrebbe comportare». Tra gli interventi che dovrebbero essere compiuti vi è infatti anche la demolizione di qualche immobile costruito prorio sul letto del torrente: «Si tratta di una situazione surreale – racconta ancora D’Urso – ma ho appurato come una casa sia stata creata proprio sopra al Lavinaio-Platani al punto che il proprietario ha pensato di utilizzare una rudimentale campanella per segnalare l’innalzamento del livello dell’acqua». Ma l’eventuale tentennamento avuto in passato dall’ex sindaco nell’affrontare la questione non parrebbe riguardare Barbagallo, il quale sarebbe deciso a portare avanti l’operazione di messa in sicurezza senza titubanze: «Nel corso della riunione, il sindaco è stato chiaro: il progetto va redatto e attuato al più presto, senza se e senza ma», conferma un altro partecipante all’incontro.
La risolutezza dell’attuale primo cittadino, però, potrebbe non bastare a rendere innocuo una volta per tutte il torrente: «Le problematiche sono molteplici e nascono ad Aci Catena – spiega il geologo -. Lì, nei pressi del tratto che scorre vicino al cimitero, il torrente accoglie tutta l’acqua proveniente da Aci Sant’Antonio che fa aumentare spropositatamente il flusso che poi, scendendo verso mare, si ingrossa sempre più».
Ma quali interventi fare a Capomulini? «Pensare di ampliare in maniera adeguata la sezione del torrente è ormai impensabile. Ciò che si potrebbe fare – conclude D’Urso – è realizzare una grande vasca di espansione a monte, magari dalle parti del parcheggio, che c’è all’ingresso della frazione. Così facendo si potrebbe creare un’area dove il torrente perderebbe velocità e di conseguenza pericolosità».
Intanto, all’indomani dell’esondazione del Lavinaio-Platani si è diffusa la notizia secondo cui il Comune di Acireale sarebbe intenzionato a chiedere all’Anas lumi sulle modalità di realizzazione della rotonda lungo la strada statale 114, proprio dalle parti del letto del torrente. È stato notato, infatti, che anche in quel punto l’acqua del torrente esce dagli argini riversandosi sulla statale e ciò potrebbe essere stato causato da un’errata esecuzione dei lavori di preparazione della stessa rotatoria.
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