Rinnovabili, Sicilia lontana dagli obiettivi europei. Legambiente: «A minacciare turismo e agricoltura è il cambiamento climatico»

In Sicilia, le rinnovabili attendono di compiere la maggiore età. È proprio di 18 anni il tempo che servirebbe, al ritmo attuale, per raggiungere gli obiettivi europei di produzione di energia green la cui scadenza, però, è fissata al 2030: tra soli sei anni. È il quadro che emerge dal nuovo dossier Scacco matto alle Rinnovabili 2024, su dati dello scorso anno, a cura di Legambiente. Insieme alla lista delle storie simbolo di blocco alla diffusione dell’energia pulita, che vedono l’Isola quasi in testa con sette casi sui 63 considerati nel documento: un numero pari al Veneto e secondo solo alla Puglia. Tre i motivi principali: la legittima preoccupazione per il paesaggio, l’agricoltura e il turismo. «Minacciati però dagli eventi climatici estremi e il riscaldamento globale – rispondono dall’associazione guidata in Sicilia da Tommaso Castronovo – E gli impianti a fonti rinnovabili rappresentano uno strumento, tra i pochi che abbiamo, per contrastare proprio la crisi climatica». Puntando anche a sfatare qualche mito. Come quello che vede i terreni agricoli siciliani invasi dagli impianti: specie quelli fotovoltaici – più della metà dei progetti italiani autorizzati è sull’Isola – che però, insieme alle pale eoliche, occupano lo 0,12 per cento della superficie agricola utilizzabile.

Preoccupazione che spesso parte dalle comunità locali e di settore per sfociare, tramite la politica, nei no delle istituzioni: tra aspre polemiche e dati contraddittori. Che però, nel 2023, registrano un timido segnale positivo. Con diverse verifiche preliminari a livello nazionale di progetti per impianti eolici offshore (cioè in mare aperto), che interessano la Sicilia come seconda regione italiana dopo la Puglia. E sempre lo scorso anno la Regione siciliana ha autorizzato impianti per oltre 3 gigawatt. Un entusiasmo da frenare se si guarda non ai progetti sulla carta, ma all’energia verde attualmente prodotta sull’Isola: meno di 5 gigawatt, di cui 571 nuovi megawatt nel 2023. Numeri ancora lontani dagli obiettivi di burden sharing europei, ossia di condivisione degli oneri di produzione di energia rinnovabile, che sembrano fissare per l’Isola 10,38 gigawatt di nuova potenza installata entro il 2030. Sempre più lontano, anche a causa dei sette casi scelti da Legambiente come simbolo di scarsa chiarezza burocratica e assenza di visione politica.

Il ruolo della Soprintendenza ad Agrigento

Tra i Comuni di Montevago e Santa Margherita di Belìce – ma coinvolgendo anche Sambuca di Sicilia e Menfi – si pensava a far sorgere il parco eolico Portella con 7 turbine per un totale di 30 megawatt prodotti. Localizzato in aree prive di vincolo e pensando bastasse prevedere di interrare le opere di connessione che potessero infastidire i beni tutelati, il progetto si è invece scontrato con vari pareri contrari. Compreso quello della Soprintendenza per i beni culturali che, dopo un parere non vincolante, non ha dato seguito alle richieste di collaborazione dell’azienda proponente. Contrari anche i Comuni coinvolti, per la vocazione turistica del territorio e il timore che le turbine da installare, più potenti del totale autorizzato, possano in effetti produrre di più in assenza di controlli.

Il caso dei ciottoli del Paleolitico di Enna

E anche in un altro caso a bloccare il progetto di un grande impianto fotovoltaico da quasi 400 megawatt è stato il no della Soprintendenza. Motivato non tanto dal forte impatto ambientale che impensierisce le comunità locali di Enna – poco allegre all’idea di una distesa di oltre 700mila moduli fotovoltaici – ma dal ritrovamento di «diversi ciottoli attribuibili alle facies clactoniane del Paleolitico Inferiore (circa 300mila anni da oggi) – si legge nei documenti a firma degli architetti incaricati – e non lontano ci sono aree con estesi frammenti ceramici e si sospetta un ricco contesto archeologico». Uno stop comunque dichiarato illegittimo dal Tar di Catania.

La riconversione bloccata a San Filippo del Mela

Nel caso dell’impianto a biometano a San Filippo del Mela, nel Messinese, non è solo la Sorpintendenza a essere coinvolta nell’intricata vicenda. L’idea di riconvertire la centrale termoelettrica attraverso il trattamento dei rifiuti si è scontrata prima con il parere negativo della commissione regionale Via e Vas per ragioni di procedura: l’impianto, infatti, secondo i tecnici regionali, non sarebbe da fare perché non inserito tra quelli previsti nella pianificazione della Società regolamentazione rifiuti del Messinese. Un diniego che ha portato al no dell’assessorato regionale al Territorio e, infine, a un pronunciamento del Tar di Palermo.

Il biogas di Modica contro cui si batte Pozzallo

E sempre di energia prodotta dal trattamento dei rifiuti si discuteva a Pozzallo, nel Ragusano, per un impianto che, sulla carta, ricadrebbe nei confini della vicina Modica. Comune che aveva autorizzato il progetto, non facendo i conti però con l’opposizione dei cittadini pozzallesi, geograficamente più interessati dalla possibile centrale e preoccupati per eventuali emissioni maleodoranti. Tra petizioni con ottomila firme – online e dal vivo – e azioni legali – con un ricorso al Tar rimasto pendente dal 2020 –, a essere chiamata in causa è stata ancora una volta la Soprintendenza. Che ha rilasciato parere negativo nonostante, si legge negli stessi documenti, «il territorio di riferimento non è inserito nelle aree perimetrate, con diversi livelli di tutela». Questo, però, continua il parere, «non significa che la Soprintendenza non può espletare l’azione di tutela, perché la stessa può essere effettuata anche in aree non soggette a vincoli», come richiesto dalla politica locale. Lasciando le autorizzazioni sulle rinnovabili alla «libera interpretazione e agli umori degli amministratori locali e delle sovrintendenze», secondo Legambiente.

Il ruolo della politica regionale e dell’assessorato all’Energia

Politica che si è spesso occupata del tema delle rinnovabili, più con slogan – come il sempreverde «Sicilia hub energetico del Mediterraneo» di Renato Schifani – che prospettive. È così che a marzo 2023 Nello Dipasquale, deputato regionale e presidente dell’Osservatorio sui cambiamenti climatici dell’Assemblea regionale siciliana, ha chiesto all’assessorato all’Energia di avere garanzie sugli indennizzi alle marinerie locali e sulla dismissione fra trent’anni degli impianti eolici offshore. Un’ottica, secondo l’associazione ambientalista, che dimostrerebbe scarsa collaborazione e lungimiranza da parte della politica che potrebbe invece vedere nei progetti, ancora in fase di valutazione e quindi modificabili, un’occasione per apportare migliorie al territorio tramite le opere compensative delle società che propongono gli impianti. Dall’elettrificazione dei porti alla decarbonizzazione delle flotte, per una pesca più moderna e sostenibile.

Il no del mondo della pesca delle isole Egadi

Una voce comunque non isolata nella politica locale, se si considera che un anno prima – a febbraio 2022 – era stata la commissione Cultura all’Ars a votare per un netto no ai progetti di parchi eolici offshore a largo delle Isole Egadi. A impensierire i deputati sarebbe la quantità di reperti archeologici sommersi nel Canale di Sicilia, ma anche la voce di diversi sindaci di Comuni costieri preoccupati per l’impatto sul turismo e la pesca. Obiezioni a cui Legambiente risponde ricordando come le campagne oceanografiche abbiano rilevato in quel tratto solo pochi reperti di valore inestimabile e, per lo più, relitti di navi neanche troppo antiche.

Lo stop al mega-progetto offshore tra Sicilia e Tunisia

Tutte questioni esplose con ancora maggiore vigore nel caso del mega-progetto, sempre nel Canale di Sicilia, per il più grande parco eolico offshore d’Europa che promette di produrre un totale di 2,8 gigawatt di energia rinnovabile. Un piano che ha suscitato una serie di interrogazioni alla Commissione europea e al governo nazionale, per chiedere una maggiore regolamentazione di questo tipo di impianti e chiare norme di compensazione per le comunità locali. Proponendo un diverso orientamento che vada nella direzione di più impianti diffusi, di minore dimensione.


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