Il lavoro, le prospettive future, i lati oscuri della campagna elettorale. Analisi a tutto tondo, da Catania, da parte di Mario Giro, politologo, già viceministro agli Affari Esteri e presidente di Demos. In città per sostenere l’elezione con il Partito Democratico al Parlamento di Emiliano Abramo, noto per l’impegno in favore degli ultimi con la comunità di Sant’Egidio, Giro ha approfondito alcuni aspetti legati alla ricerca del voto nella città etnea e non solo. A colpirlo, intanto, è stato lo stato di abbandono nella quale versano le periferie e per questo ribadisce la necessità di avere un’azione che intervenga «concretamente». E non si tratta della distribuzione dei pacchi di pasta, delle scatolette di tonno o delle bottiglie di olio di semi. Piuttosto di una politica che proponga soluzioni ai problemi di lungo respiro e alle necessità quotidiane. Risponde anche ai mostri costruiti e cavalcati dalla coalizione di destracentro e da certi liberali mascherati.
«Quando hai avuto il fascismo una volta – sottolinea – rimane nel sangue. Alcuni dicono che non potrà tornare ma non è così». Distanze rimarcate da Fratelli d’Italia come dalla Lega e da Forza Italia. «Noi – prosegue – non siamo degli allarmisti sociali, dei pessimisti, non guardiamo al futuro come una minaccia chiedendo agli italiani di chiudersi. Noi di Demos guardiamo al futuro come un’opportunità. Ci troviamo alle urne con una guerra molto vicina e dove siamo coinvolti, uscendo appena da una pandemia. Le divisioni nella destra sono evidenti sulla politica internazionale e sulla collocazione dell’Italia. Questo è un problema che ci ritroveremo se la destra vincerà le elezioni. Anche per questo è meglio che non le vinca. Il centrosinistra deve avere più coraggio. La guerra va terminata perché il pericolo nucleare è alle porte».
Passa ad evidenziare un altro rischio, quello della personalizzazione dei partiti. Un problema perché c’è la necessità di avere un governo e non una persona sola al comando. Tra le responsabilità il «frazionamento delle forze politiche che sfocia nel personalismo». Dalla Sicilia a Roma lancia infine la sfida per il polo progressista: tornare ad essere uniti. «A prescindere – chiosa – da quello che sarà il risultato di queste elezioni, occorrerà ristabilire l’alleanza con i cinquestelle. Con Calenda la questione è differente».
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