Insegnante 48enne, è stata vicesindaca del primo cittadino uscente, prima dello strappo. Adesso si presenta davanti agli elettori netini sostenuta soltanto dal movimento Passione Civile. «Ho rifiutato di stare in una grande coalizione mista in cui non riconoscevo i miei valori»
Elezioni a Noto: la candidatura di rottura di Raudino «Attenti a chi si paga campagna con molto denaro»
È una insegnante di lettere, la 48enne candidata a sindaco di Noto con il movimento Passione Civile Cettina Raudino. È stata vicesindaca nella giunta Bonfanti, ma si è sentita solo assessora alla Cultura. Dopo la presa di distanza dall’attuale sindaco e la rottura con il Partito democratico, ha scelto di correre appoggiata solo dal movimento che ha contribuito a fondare.
Perché ha scelto di candidarsi a sindaca?
Perché amo la mia città e credo sia necessaria una rivoluzione nel rapporto fra i cittadini e le istituzioni basata soprattutto sulla partecipazione popolare.
Quali sono i punti centrali del suo programma? A che cosa la città non può più rinunciare?
Da una parte abbiamo pensato a un metodo di governo che verta sulla democrazia partecipata che porti a un dialogo con l’amministrazione ed emancipi i cittadini dalla politica clientelare; dall’altra le nostre direttrici principali sono la sostenibilità ambientale, sociale ed economica.
Qual è la figura politica o tecnica (nazionale o internazionale) a cui si ispira?
Non sono particolarmente attratta da nessuno ma sono felice degli apprezzamenti e dell’appoggio che Passione Civile ha ricevuto da Possibile di Giuseppe Civati e da Sinistra Italiana.
In caso non riuscisse ad andare a ballottaggio, con chi si alleerebbe al secondo turno?
Passione Civile non ha fatto accordi con nessuno e non li farà. Noi siamo un movimento di rottura e crediamo che un cambiamento radicale sia possibile solo uscendo dai metodi beceri della solita politica, dalle strategie e dagli accordi.
Elenchi le prime tre cose che farebbe appena eletto prima cittadina.
Prenderei in mano l’organizzazione della macchina comunale, implementerei lo sportello Europa, dotandolo di consulenti professionisti per creare un laboratorio di esperti progettisti in grado di studiare bandi della comunità europea, e farei un concorso di idee per la villa comunale invitando designer e progettisti.
Qual è l’avversario che teme di più?
Sinceramente sono preoccupata da chi sta foraggiando con molto denaro questa campagna elettorale. C’è sempre qualcosa di torbido nello spreco di denaro inteso come investimento in campagna elettorale, specie quando porta al coinvolgimento dei cittadini non per adesione politica o per convinzione rispetto a una scelta di voto.
Un pregio e un difetto della precedente amministrazione.
La precedente amministrazione ha messo al centro cultura e turismo e questo è stato un bene. Il sindaco Bonfanti, però, è stato un uomo solo al potere che, con il suo metodo di governo, ha tenuto gli assessori fuori dalle decisioni importanti.
Lei è stata vicesindaca nella giunta Bonfanti, al quale ha dato appoggio firmando praticamente ogni delibera. Quando e perché è arrivata la rottura?
Sono stata assessora alla Cultura, la parola vicesindaca non ha corrisposto alla realtà quindi non mi piace che venga usata. Sono arrivata alla rottura perché non ho condiviso la compagine della coalizione futura di Bonfanti. Ho cercato da dentro il Pd di far valere la linea di una svolta completa e ho chiesto fiducia nella ricerca di nuove alleanze con la società civile. Quando mi sono accorta che non ero ascoltata e che mi si prospettava di stare all’interno di una grande coalizione mista in cui non riconoscevo i miei valori, per coerenza, ho preferito starne fuori.
Come mai ha scelto di correre appoggiata soltanto dal movimento Passione Civile?
Passione Civile è un movimento che nasce da una scissione e dalla volontà di essere autentici e non soggiogati da decisioni prese dai vertici dei partiti che non ascoltano le esigenze dal basso. La mia è stata una scelta scomoda, penalizzante dal punto di vista di un’eventuale carriera politica. Avrei avuto molte più possibilità restando dove ero, ma non interessa il mio potere bensì il cambiamento della città ed è per questo che ho preferito correre questo rischio.
Il fatto di essere donna è una marcia in più?
È venuto il momento che anche le donne arrivino a gestire il potere perché lo fanno in una maniera diversa rispetto agli uomini. Essere donna di per sé non significa avere una marcia in più, ma certamente una donna che arriva a candidarsi a sindaca ha dovuto fare un percorso molto più selettivo rispetto a quello di uomo. C’è un maggiore senso di responsabilità e una maggiore coscienza politica. La politica è ancora un mondo molto maschilista, io sono una donna e ho la mia storia, il mio percorso, la mia esperienza.