… e se i grillini e la Sinistra stringessero un patto?

Quando un regime diviene purulento, avvelena la società che governa con falsa democrazia e concreto dispotismo, la trascina nella degenerazione del tessuto sociale, nella corruzione dello spirito d’impresa, nel traviamento dell’essenza altruista dei servizi pubblici trasformandoli in mondi autoreferenziali. Quando un sistema diviene predone e padrone delle risorse che il mandato estorto agli elettori gli ha affidato e le usa a fini propri ricoprendo d’oro se stesso e i suoi accoliti, e riducendo in miseria chi governa, accade che la misura si colmi e la rabbia trabocchi.

La caduta delle dittature, non solo quelle arabe, dimostra che ogni dispotismo ha una fine. Quello siciliano, strada facendo, ha eliminato gli anticorpi che avrebbero potuto distruggerlo, cooptandoli nel girone dei privilegi. Ha eliminato le opposizioni, riscritto le leggi legittimando l’arbitrio, creato sterminati eserciti di anime ricattabili per consentire, durante la celebrazione del finto rito di libertà democratica, di abusarne.

A volte l’abitudine all’arbitrio diviene così consolidata che il regime smarrisce persino la percezione che i propri comportamenti siano dannosi. Maria Antonietta alla folla affamata che chiedeva pane replicò con la famosa frase: dategli le brioche. Imelda Marcos mentre il popolo scalzo invadeva il palazzo presidenziale rimirava la sua collezione di migliaia di scarpe. Gheddafi asserragliato nel suo bunker progettava impossibili riscosse ordinando stermini di piazza, e Assad con buona probabilità cadrà con le stesse dinamiche.

Il regime siciliano si muove sicuro, calpesta con i sui stivali la gente comune, ossequia i potenti oltre il mare, si genuflette all’affarismo. A volte agita spettri lontani, gonfia il suo petto ricamando sugli stendardi insegne gloriose in nome delle quali chiede nuove servitù. Promette riscatti impossibili dimentico di essere il carceriere di un intero popolo.

Adesso è pronto di nuovo a officiare il rito finto: elezioni! elezioni! Accreditati della vittoria sono le forze che hanno governato per lunghi anni, altri per un tempo breve ma non meno dannoso e intenso. Cosa possono esibire ai siciliani, quali risultati possono con orgoglio sventolare?

Disoccupazione giovanile al 50%, disoccupazione ordinaria vicina al 30%, caduta vertiginosa del Pil, distruzione del piccolo commercio, depauperamento del debole tessuto industriale, nessuna politica dell’accoglienza turistica: spesa faraonica, risultati risibili.

Eppure rischiano di governare ancora. Come una maledizione. Forse non si racconta con suffiente energia che la rottura è possibile. Che i padroni dell’ingessato bilancio regionale possono essere sbalzati di sella.

Claudio Fava è l’unico candidato che li impaurisce. E’ a capo di una coalizione fuori dai giri che contano, ma sta
captando, sempre più numerosi, i voti del malessere. Non è un caso se sono cominciate le manovre contro di lui.

Non sappiamo come finirà il tentativo di eliminare dalla competizione elettorale Claudio Fava. Ma sappiamo che ci sono momenti, nella vita dei popoli, in cui occorre forzare il destino.

Oggi, in Sicilia, il candidato della Sinistra – che noi ci auguriamo sia Fava, nonostante  è percepito come la rottura, la possibilità per la gente comune di irrompere dentro i santuari inviolati che hanno confiscato il futuro dei siciliani per restituirlo a chi ne è stato privato. Il vecchio potere siciliano ha percepito il pericolo. E sta correndo ai ripari. Con la sonda di Roma.

Se i grillini, oltre alla loro lista, voteranno il candidato della Sinistra – che noi speriamo sia Fava – l’incubo che agita i sogni della compagnia di giro che si è divisa in molti tronconi per ritrovarsi il giorno dopo il voto, può trasformarsi nel sogno di liberazione che pareva impossibile.

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Quando un regime diviene purulento, avvelena la società che governa con falsa democrazia e concreto dispotismo, la trascina nella degenerazione del tessuto sociale, nella corruzione dello spirito d’impresa, nel traviamento dell'essenza altruista dei servizi pubblici trasformandoli in mondi autoreferenziali. Quando un sistema diviene predone e padrone delle risorse che il mandato estorto agli elettori gli ha affidato e le usa a fini propri ricoprendo d’oro se stesso e i suoi accoliti, e riducendo in miseria chi governa, accade che la misura si colmi e la rabbia trabocchi.

Quando un regime diviene purulento, avvelena la società che governa con falsa democrazia e concreto dispotismo, la trascina nella degenerazione del tessuto sociale, nella corruzione dello spirito d’impresa, nel traviamento dell'essenza altruista dei servizi pubblici trasformandoli in mondi autoreferenziali. Quando un sistema diviene predone e padrone delle risorse che il mandato estorto agli elettori gli ha affidato e le usa a fini propri ricoprendo d’oro se stesso e i suoi accoliti, e riducendo in miseria chi governa, accade che la misura si colmi e la rabbia trabocchi.

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