Dirigenti regionali, stipendio aumenta a 240mila euro Sindacati: «Ma si taglia sulla carne viva dei lavoratori»

Sciopero dei dipendenti pubblici regionali il 20 marzo in Sicilia. Il governo Crocetta ha messo d’accordo tutti i sindacati, confederali e autonomi. Nessuno escluso, nella totalità contrari ai provvedimenti sul personale della Regione contenuti nel ddl stabilità 2015. «Il Governo – commentano i segretari generali e di categoria della funzione pubblica di tutti i sindacati – non recepisce alcuna proposta formulata nei giorni scorsi. Abbiamo sperato nella possibilità di un dialogo, ma dobbiamo prendere atto che con questo governo ogni interlocuzione è inutile».

Non ci stanno le sigle sindacali ad accettare un disegno di legge che – calcolano – «procede a tagli lineari, il 30 per cento di dipendenti in tutte le Direzioni della pubblica amministrazione, senza considerare quelle che potrebbero anche reggere un maggiore urto e quelle che invece subiranno un dramma». Ma la cosa che non va giù è soprattutto il mantenimento, secondo i sindacati, di lobby privilegiate, come quella dei dirigenti: circa 1.700 che non verranno minimamente toccati.

Anzi, all’interno del ddl è contenuto un articolo che prevede l’adeguamento dei loro stipendi ai massimi statali. «Passerebbero quindi da 180mila a 240mila euro», spiega il segretario della Funzione pubblica Cgil, Michele Palazzotto. Era stato lo stesso governo Crocetta, circa un anno e mezzo fa, a stabilire il tetto di 180mila euro. Con il disegno di legge stabilità 2015 questo massimo verrebbe ancora una volta aumentato. «Inaccettabile, visto che nel frattempo si taglia sulla carne viva dei dipendenti», attacca Palazzotto.

Altro tema caldissimo è quello delle pensioni. Il ddl prevede una finestra per chi entro il 2019 matura i requisiti per il pensionamento precedenti alla legge Fornero. Questi potrebbero quindi andare in pesione potendo usufruire di una penalizzazione di appena il 10 per cento. «Per tutti gli altri è un dramma, perché ogni dipendente col sistema contributivo perderà 500-600 euro», sottolinea il sindacalista.

Il presidente Rosario Crocetta difende la scelta del governo e sottolinea il carattere volontario e non obbligatorio dei prepensionamenti nel pubblico, negli enti collegati, nelle partecipate e nei forestali. «Perché – afferma – i sindacati dovrebbero opporsi a misure volontarie di fuoriuscita? Sia pure se esse introducono il principio che in modo progressivo, si debba applicare il sistema di pensionamento contributivo? Sinceramente non lo comprendiamo. In tanti sono interessati al prepensionamento, altri non lo sono. Si dia possibilità a quei lavoratori di poter fuoriuscire». 

Il governatore fa i conti dei possibili risparmi immediati. «Solo tra dipendenti diretti risparmieremmo 40 milioni in tre anni senza considerare le decine di milioni di risparmio che avremmo negli altri settori – sottolinea – Non possiamo avere un approccio ideologico per i problemi dei dipendenti».

«Pensano solo ad avere introiti immediati», replica il segretario della funzione pubblica della Cgil, che sottolinea il rischio di possibili contenziosi. «Questa proposta di legge – spiega – si presta a una miriade di ricorsi. Ma il governo tira dritto, anche se le recenti sentenze della giustizia amministrativa gli hanno dato torto su diversi provvedimenti. Durante la riunione di ieri con i sindacati, qualche dirigente avrebbe ammesso il rischio di perdere eventuali ricorsi tra qualche anno, ma non si sarebbe preoccupato più di tanto, sostenendo che sarebbe stato un problema di chi gli sarebbe succeduto. «Non gli importa – sottolinea il segretario della funzione pubblica – se tra qualche anno dovranno fare marcia indietro, tanto a pagare non saranno loro ma i siciliani».

Secondo il segretario regionale della Cgil, Michele Pagliaro, «manca una visione complessiva che qualifichi la spesa pubblica». «La riforma delle province, ad esempio, avrebbe dovuto sburocratizzare la Regione, invece il governo mostra idee confuse e si rischia alla fine di recepire la legge nazionale Delrio che prevede un taglio del 30 per cento dei dipendenti pubblici. Noi siamo disponibili a chiedere ai lavoratori si fare sacrifici – continua – ma se li fanno tutti, invece qui si privilegiano alcuni gruppi». 

I sindacati hanno proposto al governo Crocetta di stracciare i provvedimenti e aprire un tavolo. Ma dall’incontro non è emerso nessun margine di trattativa. Così Cobas-Codir, Sadirs, Siad, Fp Cgil, Cisl Fp, Uil Fpl, Ugl e Dirsi hanno annunciato nuove proteste: il 17 marzo sit-in sotto palazzo d’Orleans e il 20 marzo sciopero della funzione pubblica.

Ma Crocetta non sembra accettare stop. «Il governo – afferma – si è mostrato dall’inizio completamente disponibile ad accettare suggerimenti e proposte. Inspiegabilmente dopo che erano stati aperti alcuni varchi importanti per possibili mediazioni, oggi è prevalsa l’idea di respingere in toto le misure che riguardano i lavoratori, ritenendo che tutto questo vada rinviato a un disegno di legge specifico. Va avanti così da due anni con la conseguenza che la Corte dei Conti ogni anno ci parla di eccesso della spesa corrente e di assenza di interventi». 

Il governatore intende sedere al tavolo di trattativa con il governo nazionale portando con sè la carta di una forte riduzione dei dipendenti pubblici. «Abbiamo in corso una trattativa molto delicata, che per la prima volta pone il rispetto dello Statuto, cioè della Costituzione repubblicana, il riconoscimento delle prerogative della Regione in materia di entrate, che risolverebbe definitivamente i problemi finanziari della Regione. Per aver riconosciuti tali diritti, occorre mostrare il segno e la volontà che i soldi non continueranno a essere sprecati come in passato, che la Sicilia ha cambiato logica. Se non lo facciamo, saremo poco credibili – avverte – Non è in gioco un qualsiasi accordo contrattuale, per gli accordi c’è sempre tempo. Sono in gioco il futuro e la stessa salvezza della Sicilia».


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